A Roma c’è un museo sulla “sticker art” aperto in una cabina telefonica
La storia della Sticker Art in Italia è legata al mondo della Mail-Art (Arte Postale). La ripercorriamo qui, tra lo Stivale e gli Stati Uniti, fino alla nascita del SAMRO
Il SAMRO (Sticker Art Museum Rome), nasce nel luglio 2022 in una cabina telefonica dismessa vicino al museo MACRO. È infatti qui, che viene messa in atto, per la prima volta, come forma di riqualificazione di questi abitacoli ormai obsoleti, che a Roma ancora si trovano ovunque, una sorta di micro-museo, dove trovarono casa centinaia di adesivi di artisti provenienti da tutte le parti. L’idea dei due navigati sticker artisti Mirko Vignozzi alias Stelleconfuse e Pino Volpino è ottima. È così che i nostrani ex telephone box sarebbero potuti diventare famosi come quelli britannici? Purtroppo, non lo sapremo mai, in quanto, questa prima esperienza pilota è terminata appena due mesi dopo a causa di un episodio vandalico che ha danneggiato gli interni della cabina che erano stati interamente rivestiti con una serie di combo dei più importanti sticker artist mondiali. “Ma che storia!”, dirà qualcuno: “Vandali vandalizzati”.
Ma i nostri due eroi non si danno per vinti, e trovando ospitalità all’interno del MAAM danno nuova vita e vitalità al loro sogno. Questa volta è un successo su tutta la linea.
All’inaugurazione del SAMRO, piccolo museo nel museo, sono in molti coloro che accorreranno alla sua apertura ufficiale nella quale, in veste di Presidente Onorario (carica da loro conferitemi), ho avuto l’onore di tagliare il nastro.
La sticker art, anche una storia italiana
Ecco cosa scrive Stelleconfuse, alias Mirko Vignozzi, sul primo catalogo del SAMRO:
Lo sticker (adesivo) è a tutti gli effetti un mezzo di comunicazione e come tale può essere utilizzato in molti modi diversi tra loro. Nel caso della Sticker Art, l’adesivo diventa strumento di propaganda, che permette di diffondere un proprio messaggio e/o progetto artistico. La storia della Sticker Art in Italia è legata al mondo della Mail-Art (Arte Postale), infatti negli Anni Settanta due artisti utilizzavano gli sticker nelle loro opere.
A Brescia il geniale G.A.C. (Guglielmo Achille Cavellini) tra le altre cose s’inventava la corrente dell’autostoricizzazione, cioè l’artista pur essendo in vita si autocelebrava e s’inventava esposizioni e riconoscimenti sul futuro centenario dalla sua nascita. Per queste celebrazioni nel futuro creava anche uno sticker, in cui erano riportate le date e il luogo (Palazzo Ducale a Venezia) dove si sarebbe svolta la sua personale postuma del centenario nel 2014. G.A.C. però che faceva parte del mondo della mail-art, gli sticker li spediva per posta oppure creava con questi dei bizzarri vestiti.
Piermario Ciani, personaggio essenziale della controcultura italiana, creava un suo alter ego: Stickerman. Un progetto artistico con sticker che facevano riferimento a Stickerman o ne riproduceva il suo logo, di solito riportavano anche frasi dissacranti e ironiche scritte in inglese. Piermario Ciani regalava i suoi sticker ai suoi amici o li spediva per posta, ma solo raramente finivano in strada perché ritenuti delle piccole opere d’arte da chi li riceveva.
I primi sticker in Italia
Per vedere i primi sticker in strada in Italia, con un intento artistico, bisogno però aspettare gli Anni Novanta con il progetto C.U.S. – Cerca e Usa la Smorfia di Pino Boresta. L’artista fotocopia delle sue fotografie in cui fa delle smorfie e vi applica del nastro biadesivo sul retro, inoltre su questo sticker artigianale viene riportata la frase: “Contribuite a contaminare la città con una vostra opinione sul fenomeno ‘Pubblicità’ oppure scrivete ciò che volete” mentre al di sotto ci sono alcune righe vuote su cui poter scrivere un proprio pensiero. Pino Boresta, inoltre, ripercorrendo i propri passi recupera gli sticker in cui sono presenti delle scritte per farne un catalogo.
Negli Stati Uniti, dove la sticker art, nel senso moderno del termine si è sviluppata per prima, ha avuto una genesi ben diversa: A partire dagli Anni Settanta si inizia a decorare i propri skateboard con degli sticker, alcuni creati in prima persona altri recuperati chissà dove. Questa moda viene interpretata al meglio dall’azienda “Santa Cruz” produttrice di skate che assolda vari grafici per produrre una propria linea di adesivi. Tra questi c’è Jim Phillips che crea degli sticker iconici come la famosa “Screaming Hand” (1985), quest’ultima ben presto diviene una immagine della cultura pop americana superando il confine del mondo dello skateboard per il quale era nata.
Il writing in America
Negli Anni Ottanta ha cominciato a dilagare il movimento del writing nelle città americane. Alcuni di questi protagonisti per diffondere velocemente la propria tag (firma), correndo meno rischi possibili con le forze dell’ordine, cominciano a usare gli sticker adesivi della US Postal (modello Label 228). Questi adesivi dei servizi postali americani, utilizzati per scrivere gli indirizzi sui pacchi da inviare, sono gratuiti e presentano un enorme spazio bianco in cui è possibile disegnare o riprodurre la propria tag. Rimanendo negli Stati Uniti, l’artista fondamentale che non solo ha fatto conoscere la sticker art al grande pubblico, ma che è stata determinante per farla definire come vera e propria forma d’arte è stato Shepard Fairey. Dal 1989 comincia a diffondere i propri sticker con al centro il ritratto del lottatore wrestler Andrè The Giant spesso accompagnato dalla parola Obey (obbedisci). L’intento di Shepard Fairey è quello che chiunque veda i suoi sticker e si interroghi sul loro significato, successivamente applichi lo stesso spirito critico a qualsiasi altro tipo di informazione senza recepirle quindi passivamente. La presenza dello sticker nelle strade diviene quindi un atto politico che mette il sistema in discussione.
Dagli Anni Novanta la sticker art ha cominciato a diffondersi in tutti gli angoli del mondo. A partire dagli Anni 2000, grazie ai social come Myspace e Flickr, gli sticker artist cominciano a comunicare tra loro creando una rete mondiale di diffusione dei lori progetti. Tramite la posta cominciano a scambiarsi materialmente gli sticker tra loro, con l’intento di portare le loro piccole opere in città lontane senza aver bisogno di andarci di persone. Lo scambio, infatti, non è a puro livello collezionistico, ma è l’invito ad attaccare nella propria città gli sticker provenienti da altre realtà. Nascono così le prime combo sticker, un insieme di adesivi, di vari artisti provenienti da tutto il mondo, attaccati in strada da un unico artista. La sticker art diviene così una vera e propria corrente in cui l’aspetto comunitario è messo al centro dell’azione artistica.
La sticker art negli Anni Duemila
A metà degli Anni Duemila cominciano a nascere veri e propri eventi, in cui attraverso delle call (chiamate) sui social network viene richiesto alla comunità mondiale degli sticker artist un loro contributo di adesivi per creare delle grandi opere costituite dal collage dei loro sticker. In Italia i primi eventi di Sticker Art sono ideati a Roma da Omino71 con il suo progetto “Stick My World” nato nel 2006, la maggior parte sono stati realizzati al Circolo degli Artisti in cui tutti i presenti potevano attaccare gli sticker su cose sempre più grandi come una Fiat Panda, un camper ed un’enorme scultura. La mia prima partecipazione ad un evento di Omino 71 è stata nel 2008, rimasi così affascinato da quel mondo che decisi di portare questo genere di eventi a Firenze.
La sticker art di Boresta
Nel 2010 ho ideato “Stick On Haring!”, un omaggio all’artista americano Keith Haring nel XX anniversario della sua scomparsa; per il quale ho realizzato delle sagome, di legno e di materie plastiche, che ho poi ricoperto di sticker provenienti da tutto il mondo in una performance live. Il concept iniziale si è poi sviluppato nel corso degli anni ispirandosi al mondo della Pop Art in generale ed ha cambiato nome in “Melting Pot Melting Pop”. Questa nuova denominazione mette in evidenza, inoltre, il senso di unione e comunità alla base della Sticker Art. Nel 2022 nasce il progetto SAMRO, da un’idea di Pino Volpino che vuole intervenire riqualificando una cabina telefonica riempiendola di sticker e dalla mia voglia di musealizzare la Sticker Art.
Come nasce il SAMRO?
Questo quello che racconta Pino Volpino:
Da un po’ di tempo avevo il desiderio di riusare una delle tante cabine telefoniche abbandonate che si incontrano andando in giro per Roma. Solitamente visto che faccio poster, la prima idea era di rivestire una cabina telefonica interamente con le mie opere su carta. Con l’arte di strada non desidero esprimere dei sentimenti né comunicare slogan o messaggi, mi sembra molto più interessante proporre delle pratiche come, ad esempio, l’affissione sui tabelloni pubblicitari del comune spesso inutilizzati, gli SPQR, senza chiedere permessi o partecipare a bandi. Il lavoro sulla cabina l’ho concepito in quest’ottica. Dopo qualche chiacchierata con Stelleconfuse, i poster sono diventati una combo di sticker e quella che doveva essere un’installazione è divenuta un museo. Come un oggetto che diventa un’opera d’arte, un ready-made, nel momento in cui è collocato in una galleria o in un museo, allo stesso modo una combo di sticker dentro una cabina telefonica sarebbe potuta diventare un museo assegnandogli un nome e un logo. E sopratutto presentandola al pubblico come museo, il primo SAMRO è nato così nel luglio del 2022. Inizialmente per come la vedevo io, si trattava soltanto di una parodia del MACRO (il museo comunale di arte contemporanea) visto che oltretutto si trovava a pochi passi sullo stesso marciapiede e di cui abbiamo ricalcato il logo. Opere piccole in un piccolo museo, dopo poco però ho scoperto, sempre in seguito ad un dialogo con Stelleconfuse, che un museo dedicato alla sticker art in Italia non c’era. Mi sono reso conto che, a più di 30 anni dalla sua nascita, questo movimento aveva bisogno di uno spazio museale dedicato e non solo di eventi estemporanei o organizzati che comunque erano provvisori. La prima versione del SAMRO era un’installazione in strada dove gli sticker erano premontati in sei pannelli, che componevano un’unica opera come un mosaico. Per questo motivo quando dopo qualche mese due di questi pannelli sono stati rubati, l’installazione aveva perso motivo di essere e abbiamo deciso di smontarla e ripensare nuovamente il progetto. Il SAMRO è soprattutto un’idea che puntiamo a esprimere in più luoghi e in versioni diverse. Il MAAM ci ha dato la possibilità di proseguire nel nostro percorso, abbiamo creato un museo nel museo, un museo Matrioska.
In uno spazio di 9 metri quadrati abbiamo portato avanti l’idea del museo “autoproclamato” con un lavoro sul contenitore: oltre al nome abbiamo inserito una descrizione in inglese e in italiano del progetto, la lista degli artisti presenti, delle frecce e cartelli con indicazioni e un totem che ripercorreva la storia del primo SAMRO. Inoltre, abbiamo nominato due direttori (Stelleconfuse e Pinovolpino) e conferito la presidenza onoraria a Pino Boresta il 25 marzo 2023 giorno dell’inaugurazione.
L’esperienza del SAMRO
Con oltre 200 artisti da 4 continenti, 300 se si considerano anche gli sticker in collaborazione, e con opere realizzate con le più svariate tecniche (uncinetto compreso) è il primo museo in Italia dedicato alla sticker art e il secondo in Europa dopo lo storico Hatch Sticker Museum di Berlino. Allo stesso modo, la versione attuale è una delle centinaia di opere presenti al MAAM ed è tra quelle che sono indissolubilmente legate al museo abitato perché non vi è stata trasportata ma è stata costruita all’interno in totale relazione con lo spazio che lo ospita. Anche il nuovo SAMRO, come quello nella cabina è stato allestito realizzando delle combo. Tanti sticker affiancati in maniera apparentemente causale che vanno a formare un’unica opera. Per lo spirito di collaborazione di solidarietà e di scambio che caratterizza il movimento della sticker art, la combo è la forma più naturale. Non era l’unica opzione, l’Hatch Sticker Museum di Berlino, espone gli sticker in delle cornici, ma per come la vediamo noi gli sticker smettono di essere oggetti da collezione e diventano arte solo quando vengono attaccati. Infatti, nella stragrande maggioranza questi sticker sono realizzati in tipografia, replicabili quindi all’infinito, ma nel momento in cui vengono applicati nelle combo interviene la scelta dell’artista: riguardo al luogo e alla relazione con l’ambiente circostante e agli altri sticker vicini. Ecco che solo in quel momento lo sticker diventa un pezzo unico, ma a quel punto non è più commerciabile né collezionabile.
Sticker art: vandali o eroi?
Naturalmente anche io ho detto la mia, ma questo ve lo racconterò un’altra volta, anche perché non finisce qui e presto tornerò a parlarvi della sticker art che sempre più interesse sta riscontrando da parte di molti giovani artisti. Del resto, “Quello che bisogna fare, è capire quanto le cose siano complicate, per poi dirle con semplicità”. Non ricordo chi lo disse, ma questo è quello che io tento di fare ogni volta che scrivo, ed è esattamente quello che molti giovani cercano di fare anche con un semplice adesivo. Lo tieni in tasca ed al momento giusto lo tiri fuori, lo spelli e lo attacchi proprio lì dove tutti lo possono vedere. Questa sì! che è libertà. Qualcuno penserà che tu sia un vandalo, qualcun’altro che sei un eroe, alla maggiore parte non importerà nulla, ma ricordatevi che esistono paesi dove questa libertà è negata. Ed allora vi dico: è di quelli che governano questi paesi che bisogna aver paura, non della Sticker Art.
Pino Boresta
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