Nel 2025 in Friuli una grande mostra per ripensare l’idea di confine. Da Turner a Hopper
Sarà la cinquecentesca Villa Manin a riunire oltre cento opere di artisti europei e americani per l’ambizioso progetto che si protrarrà dall’autunno 2025 fino alla primavera 2026, in concomitanza con l’anno da Capitale Europea della Cultura di Gorizia
Suggerimenti pittorici e suggestioni letterarie fondano il progetto espositivo di Marco Goldin che indaga l’idea di confine allargandone l’ambito semantico, non come barriera discriminante ma come possibilità di intraprendere un viaggio che conduce dentro e fuori di sé.
Con questo spirito, la mostra che la cinquecentesca Villa Manin ospiterà a partire dall’autunno 2025 – in programma dall’11 ottobre al 12 aprile 2026 – riunirà infatti più di cento opere per raccontare artisti europei e americani dell’Ottocento e del Novecento, da Turner a Cézanne, Van Gogh, Munch, Mondrian. Rothko, Kiefer.
Cos’è il confine? La mostra da Turner a Hopper a Villa Manin
Confini. Da Turner a Monet a Hopper. Canto con variazioni “non è una mostra-pacchetto com’è ora consuetudine”, tiene a precisare Goldin, che per concepire il progetto curatoriale ha fatto propri stimoli diversi, la poesia in particolare – quella di Walt Whitman, Fernando Pessoa, Thomas Eliot – insieme alle lettere di Van Gogh al fratello Leo, delle quali Goldin può essere considerato il massimo esperto. Scritti che forniscono gli antefatti per ridefinire il concetto di confine, inteso come opportunità di scambio e di contaminazioni creative.
Gli artisti in mostra a Villa Manin
Il percorso espositivo ritmato in quattro sezioni prevede uno spazio introduttivo, quasi un sommario e tre macroaree tra pitture e storie di confini. La mostra inizia con la solitaria grande tela di Anselm Kiefer, Märkische Heide del 1974, che rimanda a una cittadina tedesca del Brandeburghese. Noto per incorporare nei suoi quadri materiali diversi, con i quali instaura una “connessione spirituale”, Kiefer mostra qui una brughiera poco attraente, vuota e bruciata, fatta eccezione per tre betulle nella parte destra, con una strada al centro proiettata verso il cielo per esprimere il rifiuto per il limite. A seguire il dipinto di Gustave Courbet con il mare a contatto dell’orizzonte, e quello di Ferdinand Hodler con la montagna che s’incunea nel cielo; poi l’atmosfera sospesa di Edward Hopper in Pieno mezzogiorno – con la figura femminile sulla soglia che guarda allo spazio immenso e non conosce recinti – scelto come logo della mostra. E ancora la cupa solitudine che emana dallo sguardo di Vincent Van Gogh nell’Autoritratto del 1887.
I paesaggi dell’anima in mostra a Villa Manin
Ampio spazio sarà dedicato al paesaggio con i quadri di Caspar David Friedrich, William Turner e John Constable che fanno del cielo una categoria dello spirito. Sicuramente attirerà l’attenzione Fila con undici pioppi in rosso, giallo, blu e verde (1908) di Piet Mondrian: la luce straniante che invade il paesaggio e gli alberi che vorrebbero toccare la parte azzurra del cielo comunicano il messaggio di elevazione spirituale che il dipinto porta con sé.
Dall’America arrivano invece le prove dei pittori dell’Hudson River School, quali Church, Durand, e Kensett. Ma ci sono anche Le Ragazze sul ponte (1901) di Edvard Munch. E poi trenta lavori che indagano il confine come tendenza ad andare oltre. Verso un sogno o un paradiso perduto. E quindi la Normandia e Tahiti di Paul Gauguin, le Ninfee di Claude Monet, le stampe giapponesi di Hiroshige e Hokusai.
Fausto Politino
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