Givenchy ha una nuova direttrice creativa. Ma non è l’unica nomina inaspettata nella moda

È stata allieva di McQueen e storica stilista del brand omonimo. Sarah Burton è conosciuta per il suo amore per la tecnica, e adesso lavorerà per un’importante maison

La stilista Sarah Burton è stata nominata direttrice creativa della maison francese Givenchy. Il suo nome era tra i papabili vista l’implicita connessione tra lei e il marchio. Burton, infatti, ha lavorato per tutta la sua carriera al fianco di Lee Alexander McQueen, ex creative director di Givenchy, che ha fatto la storia del costume sin dal momento in cui, nel 1996, fu scelto per sostituire il collega John Galliano, che lavorò per circa un anno presso la maison per poi dirigere creativamente Dior. E questo è un altro racconto, altrettanto commovente e straziante, come il suicidio di McQueen nel 2010.

Storia di Sarah Burton, direttrice creativa di Givenchy

Ma la storia di Sarah Burton è diversa. Fedelissima di McQueen, ha sempre affiancato lo stilista, per poi diventare ereditiera sia del suo ruolo sia della sua visione. Rimane, però, un’altra persona che ha una sua precisa visione dell’arte del vestire, e che quindi non è Lee ma è Sarah. Più volte, nel corso del suo lungo mandato presso il marchio, terminato un anno fa, si sono fatti paragoni tra il prima e il dopo, ma ciò che sfuggiva era la differenza sostanziale tra i due fashion designer. Il primo, McQueen, era un rivoluzionario che ha ampliato i confini degli abiti unendoli a quelli di arte, politica e società; la seconda, Burton, sembra essere una stilista razionale che si affida al lavoro in atelier per comunicare col proprio pubblico affezionato, attraverso tagli, silhouette, materiali, ricami, applicazioni. E questi elementi appartenevano anche al suo mentore, ma con una dose di ribellione e voglia, quasi necessità, di cambiamento non indifferenti.

Alexander McQueen e Givenchy

Oggi la storia della moda sembra ripetere se stessa. Sarah Burton, che conosce meglio di tutti McQueen, perlomeno in termini di creazione dei vestiti, è stata scelta dalla maison con cui Lee ha creato momenti indimenticabili. E non per essere emotivi, ma il finale della collezione Primavera Estate 1999 di Givenchy è forse uno dei tanti minimi comuni denominatori degli amanti della moda. Parliamo di una giovane Shalom Harlow, modella già nota, che mentre indossava un vestito bianco ampio e senza spalline divenne tela umana, posta al centro di una piattaforma rotante e circondata da due robot che spruzzavano getti di colore su di lei. Drammatica quanto un’attrice, incisiva grazie al connubio con la moda.

Haider Ackermann nominato direttore creativo di Tom Ford

Burton non è l’unica nomina nel fashion system. Il brand Tom Ford, orfano di direttore creativo dopo circa un anno di operato di Peter Hawkings, allievo di Ford già dal periodo dello stilista in Gucci, ha selezionato Haider Ackermann. Nato a Bogotà, in Colombia, e adottato da una famiglia francese, Ackermann rimarrà a Parigi anche se il marchio è americano. Diventa così responsabile dell’intera produzione moda di Tom Ford, inclusi accessori e occhiali. Di lui non parlava nessuno come papabile successore, ma la notizia inaspettata è stata accolta con gioia perché Ackermann ha dimostrato nel corso della sua carriera la sua conoscenza della sensualità del vestire, sia maschile sia femminile. Tom Ford è sinonimo di sexiness, spesso lo è stato proprio di sesso, e la storia del brand non può separarsi da questo, altrimenti verrebbe snaturata.

Le nuove nomine nella moda

Giorni dinamici per il settore moda, che ha anche accolto la nomina di Clare Waight Keller come direttrice creativa di Uniqlo e Zac Posen per Gap, catene d’abbigliamento che rappresentano il fast fashion e non il lusso, tantomeno l’alta moda, ma che hanno scelto di affidarsi a figure che possano dirigerne la produzione. Ci sono, però, altri grandi marchi che aspettano di riempire caselle ancora vuote, e altri giochi di poltrone da osservare con attenzione per comprendere i cambiamenti del sistema internazionale.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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