Con i suoi articoli ha fatto conoscere paesi lontani e poco noti, ma il suo contributo più significativo era ambientato tra i grattacieli di Manhattan. Alla sua morte, Indro Montanelli lo omaggiò con questo memorabile epitaffio, legato alla sua ritrosia a criticare il regime comunista: “Qui giace / Enrico Emanuelli. / Visse / e non visse. / Scrisse / e non scrisse. / Disse / e non disse. / Ma a nulla gli servì / perché morì”. Un riconoscimento alla penna di Enrico Emanuelli (Novara, 1909 – Milano,1967), uno dei più talentuosi giornalisti italiani.
Chi era Enrico Emanuelli
Nato a Novara dal commercialista Giovanni e da Adele Viarana, Enrico trascorre l’infanzia in collegio a Stresa, dove frequenta le scuole elementari, per poi proseguire il proprio percorso di studi da autodidatta, coltivando però la passione per la scrittura, che lo porta a soli 15 anni a proporre al Corriere della Sera il racconto Il motoscafo della vittoria. Dopo il rifiuto da parte della redazione, Emanuelli riesce comunque a pubblicarlo nel 1927 sulla rivista Varietas, mentre l’anno seguente figura tra i fondatori, con Mario Soldati e Mario Bonfantini, della casa editrice La Libra, che pubblica un periodico letterario e il suo primo romanzo, Memolo, ovvero vita, morte e miracoli di un uomo. Esordio fortunato per Enrico, che suscita l’attenzione di Giuseppe Antonio Borgese sul Corriere della Sera e del critico francese Marcel Brion su Les Nouvelles littéraires. Nel 1929 viene assunto dal quotidiano Il Lavoro, che lo impiega come inviato speciale in Spagna.
I reportage di Emanuelli dall’Africa
Puntuali e accurati i suoi reportage dall’Africa, dall’Unione Sovietica, dalla Cina e da tanti altri paesi, che lo qualificano come uno dei più capaci inviati dell’epoca.
In parallelo al giornalismo Emanuelli continua la scrittura di opere letterarie, come Radiografia di una notte (1932), Uomo del ‘700 (1933) e Racconti sovietici (1935) oltre che alla pubblicazione di saggi su riviste come Cronache latine, Cronache, L’Orto, Nuova Antologia, Meridiano di Roma e Omnibus. Nel 1942, dopo anni di meritata carriera, Emanuelli decide di abbandonare il giornalismo per questioni legate alla libertà di informazione, anche a causa di una seria malattia ai reni.
Gli ultimi anni di Emanuelli, la rivista il Costume
Tre anni dopo partecipa insieme a Edgardo Sogno e Angelo Magliano, alla fondazione della rivista quindicinale Costume, dedicata al rapporto tra l’arte, la scienza e la politica, che dirige dal 1946 al ’47. Nel 1949 torna alla sua professione di inviato per La Stampa, dove pubblica reportage poi trasformati in libri, come Il pianeta Russia (1952), Giornale indiano (1955) e La Cina è vicina (1957), seguiti dal romanzo Uno di New York (1959), che racconta il viaggio a ritroso di un famoso pittore alla ricerca delle sue origini e del senso della sua esistenza. Stroncato nel 1967 da un infarto, stava lavorando al libro Curriculum mortis, uscito l’anno successivo e considerato il capolavoro di Emanuelli, che amava definirsi “viaggiatore per conto terzi”.
Ludovico Pratesi
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