La scena artistica della laguna firma una lettera aperta per il Padiglione Venezia
Personalità quali Alberta Pane, Michela Rizzo, Angela Vettese e Tiziano Scarpa hanno chiesto al Comune di aprire un dialogo, con l’obiettivo di dotare il Padiglione Venezia di statuto, comitato scientifico e bandi curatoriali annuali (proprio come gli altri padiglioni della Biennale). Senza risposta
È dal 1895 che la Biennale di Venezia si offre come un porto aperto alle sperimentazioni contemporanee provenienti da ogni angolo del globo. Nessuna nazionalità è esclusa e, negli ultimi decenni, il tema dell’inclusività sembra essere sempre più centrale, culminando con l’edizione 2024, che allo “straniero”, nelle sue molteplici declinazioni, dedica l’intera manifestazione. Nell’aprire le porte alle sperimentazioni di tutto il mondo, però, la kermesse lascia indietro qualcuno: da un lato l’arte del vetro, che pur essendo un’antichissima (ma anche moderna) tradizione lagunare, scompare dalla Biennale nel 1930 – come fa notare la mostra 1912-1930 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia, a cura di Marino Barovier e allestita a Le Stanze del Vetro sull’Isola di San Giorgio fino al 24 novembre -, dall’altro, l’intero ecosistema culturale e artistico veneziano.
Il Padiglione Venezia alla Biennale
Inaugurato per la prima volta in occasione della XVII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte del 1930, il Padiglione Venezia viene concepito come un ampio contenitore per l’esposizione delle Arti Applicate, vedendo nel corso degli anni la collaborazione di molteplici nomi di spicco (tra cui Gio Ponti, Marcello Piacentini e Duilio Torres). Tutt’oggi carente di un proprio statuto, di un comitato scientifico e di bandi curatoriali annuali, il Padiglione cerca un dialogo con l’amministrazione che, per il momento, sembra essere ostacolato. Per questo motivo, dopo aver cercato invano di intavolare un rapporto costruttivo e di confronto con l’attuale amministrazione, l’associazione Venezia c’è ha firmato una lettera aperta rivolta al Comune, con la richiesta di ottenere finalmente la conformazione che si addice a un padiglione della Biennale di Venezia. Purtroppo la lettera, recapitata lo scorso marzo, non ha mai avuto risposta.
La lettera aperta del Padiglione Venezia al Comune
Firmata da alcuni dei nomi più di spicco della scena veneziana – tra cui le galleriste Alberta Pane e Michela Rizzo, la direttrice della GAM di Torino e responsabile del programma di arte contemporanea Conservare il futuro alla Fondazione Querini Stampalia Chiara Bertola, il direttore creativo di Spazio Punch Augusto Maurandi, la storica dell’arte Angela Vettese, lo scrittore Tiziano Scarpa e gli artisti Maria Morganti, Thomas Braida, Lucia Veronesi e Mariateresa Sartori – la lettera si rivolge al sindaco Luigi Brugnaro, Michele Casarin e Maurizio Carlin sottolineando in primo luogo come il fermento culturale che ha investito Venezia negli ultimi 10 anni abbia portato alla nascita di “nuove realtà come spazi espositivi, fondazioni, programmi formativi, centri di ricerca interdisciplinari, gallerie private, studi d’artista, e associazioni aperte tutto l’anno e gestite da persone che risiedono in città svolgono un prezioso lavoro — spesso poco visibile — contribuendo significativamente alla creazione e al mantenimento di un sistema vitale tramite lo scambio tra artisti, operatori e pubblico”. Ed è proprio per assecondare questa tendenza virtuosa che i firmatari ritengono “urgente innescare una riflessione corale che arricchisca l’impegno dimostrato dal Comune con il progetto Artefici del nostro tempo, per sviluppare una serie di misure volte a rafforzare il ruolo del Padiglione Venezia come spazio espositivo di primo piano nella rappresentazione del contesto culturale cittadino sensibile ai linguaggi del contemporaneo e aperto al mondo”.
I tre punti della lettera aperta sul Padiglione Venezia
Sono tre i punti principali in cui i firmatari articolano la richiesta: innanzitutto la redazione di “uno statuto ufficiale, che chiarifichi i criteri della propria missione culturale, adeguando il proprio funzionamento a quello degli altri padiglioni nazionali — in particolare il padiglione Italia”. Con questo scopo viene richiesta “la creazione di un comitato scientifico che restituisca l’eterogeneità del sistema culturale cittadino nell’ottica di dialogo plurale“. Infine, proprio grazie all’istituzione di questo organo, si potrebbe finalmente procedere con “la selezione di un progetto curatoriale all’anno — secondo l’alternanza Arte/Architettura — il cui scopo principale sarebbe rivolto all’interpretazione innovativa e alla valorizzazione della produzione culturale emergente della città. In questo modo, chiunque — senza limiti di età o nazionalità — sarebbe messo nelle condizioni di approfondire e sviluppare sistemi narrativi capaci di restituire la vitalità propria dell’ecosistema culturale cittadino nella sua eterogeneità”.
Laura Cocciolillo
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