Realtà e finzione nella mostra di Bertozzi & Casoni nel labirinto più famoso d’Italia
Mondi immaginari e fiabeschi, visioni sul presente, etica ambientalista e oracoli. Al Labirinto della Masone si celebra la coppia di artisti che con la ceramica illude, svela e seduce. A un anno di distanza dalla morte di Stefano Dal Monte Casoni
Il sottotitolo della mostra “Non è quel che sembra” evoca l’inganno scenico nel teatro, dove “tutto è finto ma niente è falso”. Così nella mostra di Bertozzi & Casoni al Labirinto della Masone della Fondazione Franco Maria Ricci, in provincia di Parma, le creazioni iperrealiste dei due artisti suscitano sorpresa grazie a quella verità apparente dell’oggetto tridimensionale. La borsetta vintage, il camaleonte sospeso tra i fiori, le lumache che aderiscono mollemente a un sacchetto di plastica traboccante di spesa: tutto di ceramica naturalmente. E il colore raramente è dipinto, si lavora sempre a lungo perché sia piuttosto esito dell’impasto. Parla preferibilmente al plurale Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, 1957) anche se il compagno di lavoro di una vita, Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, 1961 – Imola, 2023) da un anno circa non c’è più.
L’etica ambientalista nell’opera di Bertozzi & Casoni
Una quinta stagione. Perché quando tutto si disconnette e l’ordine del tempo non è più quello cinquecentesco dell’Arcimboldo, c’è l’antropocene, con l’uomo che tutto ha sconvolto. Allora emerge una nuova figura, artificiale, spigolosa, composta da tubi, lattine accartocciate, fili elettrici, rimanenze, avanzi di vite disattente che per il piacere del nuovo gettano via senza cura quanto non serve più. Anche la ceramica di Bertozzi & Casoni è per un’etica ambientalista? Sì, certo, ma di antica data. E in molte delle sculture in mostra si avverte l’ironia, il gusto del gioco che regala leggerezza: la creazione artistica mescola qui anche speranza e sorriso. Così, davanti alla grande tartaruga Oracolo, dal carapace incrostato tra reti di pescatori, Bertozzi racconta come ormai sia molto cresciuta la sensibilità verso questi animali che, raccolti, vengono curati prima di essere riportati al mare.
La mostra di Bertozzi & Casoni a Parma
Il percorso espositivo impegna diverse sale, ma alcune opere sono poste anche lungo il tragitto, in modo da permettere una sorta di dialogo per affinità con la preziosa collezione del museo, gruppi di libri e altri oggetti (un vecchio giradischi per esempio). Le pubblicazioni di FMR, le colte, raffinate collane editoriali di Franco Maria Ricci si interfacciano ad esempio con la sedia elettrica avvolta da farfalle tra i tanti teschi del “memento mori”. Tutto è sempre e solo vanità. Le farfalle sono frequenti nell’opera di Bertozzi & Casoni: simbolo scelto come evocazione di un’indefinita spiritualità o anche solo di trasformazione. Ma non manca una scimmia dall’aria quieta, composta, lo sguardo intelligente, i capelli lisci tirati indietro, un abitino scollato, “Studio per ritratto”, una creatura civilizzata per la natura del presente.
Realtà e finzione nell’opera di Bertozzi&Casoni
Lo sguardo si esercita a dubitare: sarà dunque di ceramica anche la tovaglia di quella grande tavolata piena dei resti di una cena? Tutto, tutto “finto”? Anche le posate dal bel colore argenteo? Si gira intorno, si osserva: l’elenco di “cose” sarebbe lunghissimo, dolci mangiati a metà, mozziconi di sigarette, tazzine semi rovesciate, fette di pane, occhiali dimenticati…al centro di “Resistenza2” una zuppiera, come coperchio una testa di scimmia dall’aria quietamente rassegnata. Intorno altre creazioni: oltre ai sacchetti della spesa con lumache ci sono vassoi con accostamenti più arditi, decisamente surreali. Ceramica onirica? Perché no? Attraversa tutta la mostra – al di là dei bei fiori, vasi, borsette, del pensiero ambientalista – un profondo bisogno di metafora, ridare senso alle cose nell’imitazione perfetta che però si nutre di pensiero che crea scarti, differenze, metamorfosi. Forse non è un caso la presenza di qualche camaleonte, che tende però, si sa, a non farsi vedere.
Il catalogo con i testi di Tiziano Scarpa
Si torna alla meraviglia con il grande Pinocchio, “Ricordo”, invecchiato nel volto e nel legno di un corpo che non è riuscito a diventare umano: sul naso ancora lungo è posato il grillo, vana la sua saggezza, inutili i consigli. Tutto intorno, a grandezza naturale, imitazione perfetta per nuovi e usati, le molte edizioni, anche straniere, del libro di Collodi, forse lui il Geppetto che aveva raccontato la storia di un figlio che infine non aveva voluto integrarsi.
In copertina per il bel catalogo, che comprende anche sette racconti di Tiziano Scarpa ispirati alle opere di Bertozzi & Casoni, è stata scelta la scultura intitolata “Tempo”: un varano, di origine antichissima, si trova su spoglie disordinate, residui confusi della nostra contemporaneità. In mezzo, però, tra quelle cianfrusaglie, desiderio forse di speranza, ci sono anche delle piantine e qualche fiore…
Valeria Ottolenghi
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