Truly Rural / Tin Ayala

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO RE REBAUDENGO
Piazza Del Municipio , Guarene, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Aperto sabato e domenica dalle 12 alle 19. Ingresso gratuito

Servizio di navetta gratuito da Torino verso Guarene. Partenza da via Modane 16 a Torino alle ore 16. Ritorno alle 20.30. Per prenotare la navetta, inviare una mail a [email protected]

Vernissage
21/09/2024

ore 17

Artisti
Tin Ayala
Generi
arte contemporanea, personale, collettiva

Due nuove mostre a Palazzo Re Rebaudengo e una nuova opera al Parco d’arte.

Comunicato stampa

Tin Ayala
There Is No Conquest Without Celebration
A cura di Bernardo Follini
Palazzo Re Rebaudengo, Piazza Roma 1, Guarene
21 settembre – 10 novembre 2024
Inaugurazione: 21 settembre 2024, 17.30
In occasione del dodicesimo anno di collaborazione con ENSBA Lyon – École Nationale
Supérieure des Beaux-Arts, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta “There is No
Conquest Without Celebration” (Non c'è conquista senza celebrazione), prima mostra personale
in Italia di Tin Ayala (1998). Ayala è artista partecipante all’edizione 2023 del Post-diplôme,
programma di ricerca post-laurea per le arti organizzato dalla scuola francese, coordinato dalla
curatrice Oulimata Gueye e aperto ogni anno a cinque artistə.
Nato nelle Ande, nel territorio oggi designato come Ecuador, Tin Ayala prende come punto di
partenza del suo lavoro l’identità Cholo. Il termine, di origine indigena, designava nel periodo della
colonizzazione andina i discendenti di indigeni e spagnoli. Per Ayala questa identità postcoloniale
è in grado di risignificare le nozioni di razza attraverso un potenziale generativo transculturale. Il
suo lavoro è concepito come un collage scenografico che integra immagini precoloniali,
rappresentazioni contemporanee, simboli indigeni e personaggi della cultura pop. Allo stesso
tempo, Ayala realizza azioni dirette in collaborazione con i collettivi locali nelle Ande intorno
all'identità Cholo.
“There is No Conquest Without Celebration” rappresenta una nuova tappa del progetto di ricerca
"Cholonizacion", che l’artista porta avanti da due anni. Il progetto mira a definire il potenziale delle
produzioni cholo andine, riconoscendo la sua capacità di riconfigurare la cultura. L’intento è di
creare uno spazio ibrido che adotta contemporaneamente elementi di una cultura egemonica,
spesso internazionale, e allo stesso tempo permette la sopravvivenza di dinamiche culturali locali
legate a gruppi sociali storicamente oppressi.
All’interno di questa ricerca, “There Is No Conquest Without Celebration” esplora la celebrazione
come contropotere della colonizzazione, consentendo alle comunità di reclamare e affermare la
propria cultura e spostando la narrazione dal dolore coloniale all’autodeterminazione celebrativa.
La mostra si concentra sullo sfruttamento storico e sulla spoliazione delle risorse andine durante
la colonizzazione spagnola, che ha alimentato la crescita economica europea. All’interno di una
sala di Palazzo Re Rebaudengo sono presentate una serie di pignatte che raffigurano figure della
colonizzazione spagnola delle Ande. Le sculture, sospese a soffitto, contengono banconote che
rappresentano il budget della mostra. A partire dall’opening, il 21 settembre, le pignatte saranno
progressivamente rotte, una alla volta, seguendo una specifica cadenza temporale per il mese di
settembre e ottobre. Al termine della mostra, il corrispettivo delle banconote contenute nelle
pignatte sarà trasferito a El Alto Aesthetics, collettivo multidisciplinare con sede a El Alto, in
Bolivia. L’operazione è intesa nell’ottica di invertire il flusso di ricchezza, ma anche come atto
simbolico di giustizia riparatrice, sostenendo la resistenza culturale e intellettuale nelle Ande.
Tin Ayala (1998) ha studiato all'Ecole Supérieure d'Art de Saint-Etienne, in Francia, alla Escola
Massana di Barcellona, in Spagna, e al dipartimento di Geo-Design della Design Academy
Eindhoven, nei Paesi Bassi. Partecipa attivamente al collettivo El Alto Aesthetics con sede a La
Paz, in Bolivia.
Evento realizzato con il contributo del Progetto PNRR SNODI – Colline co-creative di Langhe
Monferrato e Roero.

Truly Rural
Artistə: Noor Abed, Massimo Bartolini, Sarah Ciracì, Mario Giacomelli, Helena
Hladilová, Mauro Ledru, Marko Lehanka, Jumana Manna, Carol Rama, Athi-Patra
Ruga, Eoghan Ryan, Wilhelm von Gloeden
A cura di Bernardo Follini
Palazzo Re Rebaudengo, Piazza Roma 1, Guarene
21 settembre – 10 novembre 2024
Inaugurazione: 21 settembre 2024, 17.30
Il 21 settembre la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta “Truly Rural”
(Veramente rurale), una mostra collettiva che interroga gli immaginari connessi al
mondo rurale, da una prospettiva storica e contemporanea. Concepita a partire
dall’ambientazione di Palazzo Re Rebaudengo, sulle colline del Roero, la mostra
propone un dialogo tra opere della Collezione Sandretto Re Rebaudengo e alcuni
contributi di artistə di differenti generazioni.
Il progetto espositivo parte dall’idea romantica di paesaggio e dal concetto di
“autenticità” per riflettere sull'idea di “rurale” nel senso comune e sulle sue origini. Dodici
artistə esplorano i diversi fattori che costituiscono l'ecosistema agricolo, l'agricoltura,
l'allevamento, la vita comunitaria e il turismo, per far luce sulle infrastrutture visibili e
invisibili, sulle attività sociali e sui sistemi di produzione organizzati intorno a determinati
valori ed economie. Attraverso le loro opere, la mostra offre un'analisi dei fenomeni
socio-politici che influenzano la campagna e il comportamento collettivo dellə suə
abitanti; Indaga la relazione tra comunità, discendenza e appartenenza, facendo
emergere inquietudini private e collettive che investono il corpo sociale. Esamina come
le immagini di usi, costumi e paesaggi siano state costruite e veicolate attraverso codici
romantici, attraverso l’intreccio di questioni di classe, genere, razza e sessualità. Infine,
esplora le storie popolari e il folklore per costruire nuovi immaginari e narrazioni.
Il titolo della mostra è tratto da Truly Rural (2019), video installazione dell'artista
Eoghan Ryan (Dublino, IE, 1987). L’opera, posta a inizio del percorso espositivo, è
costituita da sedute in fieno e da un video che descrive la tradizione trasgressiva del
carnevale di una piccola cittadina rurale tedesca. Nella cornice di festa del comune
agricolo, il tessuto sociale è corrotto dall’emergere di ambigue tendenze di estrema
destra e dalle reminiscenze del morbo della mucca pazza, metafora di un nuovo
contagio politico. Il tema della malattia ritorna attraverso una selezione di lavori di Carol
Rama (Torino, IT, 1918 – Torino, IT, 2015) provenienti dal ciclo intitolato La mucca
pazza, realizzato tra il 1996 e il 2002. In queste tele Rama riassembla pochi elementi,
connessi ai ricordi familiari: i seni, in richiamo alle figure femminili, ma anche al ricovero
della madre in ospedale psichiatrico; la camera d’aria, ricordo del padre, morto suicida
dopo il fallimento della sua azienda di biciclette; una dentiera, protesi della nonna vista
da bambina. La serie Mucca pazza è quasi un racconto della vita dell’artista, un suo
alter ego, frutto di una sorta di “impazzimento” volontario e inguaribile derivato dai dolori
del passato e del presente.
Dalle inquietudini sociali, la mostra si sposta sul panorama agricolo e le sue
infrastrutture. Le serie Paesaggi e Storie di terre di Mario Giacomelli (Senigallia, IT,
1925 – Senigallia, IT, 2000), sviluppate tra gli anni Settanta e i primi Novanta, sono
composte da fotografie che catturano le campagne intorno alla sua città natale,
Senigallia, attraverso vedute aeree. Gli scatti sembrano vedute estetiche del paesaggio
rurale, ma sono in realtà composizioni minuziosamente orchestrate dall’artista, prodotte
grazie al coinvolgimento di agricoltori locali nell’aratura del terreno. In dialettica con lo
sguardo dall’alto, le due sculture in ceramica Tail (2021) e Muse (2021) di Jumana
Manna (Princeton, USA, 1987) ci conducono nel sottosuolo. Partendo dall’interesse
dell’artista palestinese verso i paradossi dell’archeologia, dell’agricoltura e del diritto, in
relazione alle eredità coloniali, queste sculture sono ispirate alle tubazioni drenanti, in
uso nelle infrastrutture agricole dall’antichità fino a oggi. Nascosti dentro muri o sotto i
pavimenti, i tubi hanno la funzione di isolare e nascondere alla vista della società
materia e odori abietti e, potenzialmente, contaminanti.
Il tema dell’identità collettiva e dei processi di soggettivazione nel contesto rurale è
l’oggetto d’indagine delle opere di Massimo Bartolini (Cecina, IT, 1962), Marko
Lehanka (Herborn, DE, 1961) e Athi-Patra Ruga (Umtata, ZA, 1984). Senza titolo
(1995) di Bartolini è composta da quattro fotografie che ritraggono l’artista stesso
mentre assume differenti posizioni con il proprio corpo, sprofondando all’interno di un
campo coltivato. Il rurale entra nel lavoro di Bartolini con un ruolo differente da quello di
semplice sfondo: le sue opere vivono infatti un legame di interdipendenza con il luogo
che le ospita. Peasant's Monument (1999) di Lehanka è una scultura ispirata al
disegno di Albrecht Dürer per un monumento alla Guerra dei contadini tedeschi, rivolta
popolare avvenuta all’interno del Sacro Romano Impero tra il 1524 e il 1526. La
versione di Lehanka, come quella di Dürer, impiega prodotti agricoli e attrezzi dei
contadini come trofei impilati, ma in questo caso, il contadino rappresentato all’apice
della struttura è privo di valenza eroica, come rassegnato della propria posizione
subalterna nel mondo contemporaneo. La fotografia Even I Exist In Embo: Jaundiced
Tales Of Counter penetration #8 (2007) di Ruga è parte dell’omonima serie realizzata
dopo aver incontrato nel 2007 alcuni manifesti razzisti della campagna del
Schweizerische Volkspartei, partito popolare Svizzero di estrema destra: un gregge di
pecore bianche calcia una pecora nera oltre il confine. Nel ciclo di lavori, Ruga si
traveste da pecora nera, utilizzando il proprio corpo, l’estetica camp e la parodia per
costruire delle utopie reali.
Fanno da contraltare ai paesaggi idealizzati della Svizzera di Ruga e ai campi arati di
Giacomelli una selezione di immagini, parte del fondo di fotografia storica della
Collezione Sandretto Re Rebaudengo. Le fotografie in mostra di Mauro Ledru (Enna,
IT, 1852 – Messina, IT, 1901) e Wilhelm von Gloeden (Wismar, DE, 1856 – Taormina,
IT, 1931), realizzate nel corso degli ultimi vent’anni dell’Ottocento, nel caso del primo, e
dei primi dieci del Novecento, nel caso del secondo, documentano la popolazione e i
paesaggi siciliani. Lungi dall’esprimere neutralità, queste immagini raccontano la
modalità con cui la fotografia è stata impiegata per costruire e fissare identità. La
rappresentazione delle comunità rurali, della cultura e dei costumi locali della Sicilia
prodotta da Ledru è vista sotto una luce nuova, se considerata la parallela attività del
fotografo in Eritrea, a partire dal 1885, nella documentazione delle imprese militari e
coloniali italiane. Rispetto allo sguardo etnografico di Ledru, Von Gloeden costruisce un
immaginario romantico del Sud, una visione idealizzata dell’Italia pastorale cosparsa di
antiche rovine e abitata da contadini, pastori e pescatori. I protagonisti di questa
Arcadia sono giovani siciliani, quasi sempre sessualizzati in una traduzione dell’estetica
classica greco-romana in chiave omoerotica. La vicenda di Von Gloeden riguarda un
processo di colonizzazione dell’immaginario, ma anche dei corpi di adolescenti, della
Sicilia, responsabile inoltre dell’alimentazione dell’industria turistica a Taormina.
La patina storica delle fotografie di Ledru e Von Gloeden è richiamata dalla
videoinstallazione A Night We Held Between (2024) di Noor Abed (Gerusalemme,
PS, 1988). Il film è girato in pellicola Super8 e la sua dimensione analogica evoca la
sensazione di una storia perduta, a metà tra l’idea di archivio e di memoria. L’opera fa
parte di una trilogia dedicata alle fiabe e al territorio palestinese, in cui l’artista propone
di leggere il folklore come strategia di emancipazione dal colonialismo. Nel film in
mostra, il mito del labirinto è impiegato come immagine per seguire comunità di donne
palestinesi in coreografie rituali all’interno di grotte e dei passaggi sotterranei, nel
tentativo di cancellare l’immagine romantica cucita su quei paesaggi dall’Occidente e di
costruire una nuova memoria perduta. L’interesse per il folklore riguarda anche la
pratica Helena Hladilová (Kroměříž, CZ, 1983), le cui sculture Toklo (2022) Osuitok
(2022) e Qopuk (2022) sono realizzate con differenti tipologie di marmo, quello “rosa
Portogallo”, “verde Guatemala”, “viola Calcutta”. Simili a bastoni o a totem di culture
ancestrali, sembrano condensare nelle loro forme e colori racconti popolari e
l’immaginazione dellə bambinə. La fantasia dell’infanzia diventa fantascienza nell’opera
Questione di tempo (1996) di Sarah Ciracì (Grottaglie, IT, 1972), installazione
composta da due trivelle che escono dal pavimento. In linea con gli scenari apocalittici
evocati dall'artista, l'opera sembra suggerire l’emersione violenta di una macchina dal
sottosuolo. Quasi come una presa di controllo dello spazio espositivo, l’installazione
capovolge l’idea di estrazione di risorse dalla terra per immaginare un’aggressione dal
basso verso l’alto.
Evento realizzato con il contributo del Progetto PNRR SNODI – Colline co-creative di
Langhe Monferrato e Roero.

TAUBA AUERBACH
FOAM
Parco d’Arte Sandretto Re Rebaudengo, Collina di San Licerio, Guarene
Inaugurazione 21 settembre 2024, ore 19
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta FOAM di Tauba Auberbach nel Parco d’Arte Sandretto Re
Rebaudengo a Guarene. Il mosaico murale è nuova commissione della Fondazione e si aggiunge alle altre sculture
presenti nel Parco.
La pratica espansa di Tauba Auerbach abbraccia una vasta gamma di discipline—pittura, fotografia, ceramica, video,
tessitura, calligrafia, scultura in vetro e persino progettazione di strumenti musicali—nel tentativo di trovare il tessuto
connettivo tra i diversi sistemi di linguaggio. Investigando sia il microscopico che il macroscopico, Auerbach identifica
schemi ricorrenti: eliche, frattali, meandri. Incorporati in ogni forma non vi è solo un'armonia estetica, ma anche una
struttura logica. Come descrive l'artista, “Mi interessa il confine tra dove un sistema coesiste e dove inizia a disfarsi e
disintegrarsi.” Il suo lavoro spesso si sofferma su questi momenti di disgiunzione, in cui uno schema si dissolve nelle
sue parti, ed è riconoscibile come una componente individuale solo per un istante prima di essere assorbita
nuovamente in una costituente.
FOAM, commissionato per il Parco d’Arte Sandretto Re Rebaudengo, nasce da una serie di dipinti dell'artista con lo
stesso titolo. Il corpo di lavoro si basa su fotografie microscopiche della schiuma, rappresentate con migliaia di
puntini dipinti a mano. La schiuma, ingrandita nei punti di incontro tra le bolle, si rivela come una rete o un intreccio
che emerge da un campo di particelle. Collaborando con un team di artigiani del mosaico con sede in Italia e un
programmatore per creare un software e determinare il posizionamento delle tessere, Auerbach ha adattato le
immagini della serie dipinta in un mosaico murale all'aperto. La nuova opera sostituisce il pixel con la tessera rotonda
del mosaico, congelando la leggerezza e l'evanescenza del materiale di origine in una forma solida. Lunga undici
metri, FOAM presenta momenti di messa a fuoco ambigua da un punto di vista ottico, mentre il visitatore avanza e si
allontana dall'opera. Trasformando un'immagine digitale in un mosaico a muro, l'artista traccia un parallelismo tra la
composizione delle immagini in entrambi i linguaggi visivi, fondendo i media digitali e l’artigianato, comunemente visti
in termini antagonisti, in forme complementari. Tauba Auerbach evidenzia continuamente l'interconnessione e
l’ordine attraverso la costante ricostituzione del suo lavoro in diverse scale e nuovi media. Così facendo, l'artista
incoraggia il pubblico a riflettere anche sull'interconnessione dei propri ruoli, sia come spettatore, come membro del
corpo sociale, o come parte dell'ambiente, e stimola una profonda riconsiderazione delle relazioni tra tutti.
Il lavoro di Tauba Auerbach (n. 1981 a San Francisco, CA) esplora la struttura e la connettività su scala microscopica
e universale. Basandosi sulle differenti discipline dell’artigianato, Auerbach inventa spesso strumenti e tecniche per
indurre strani comportamenti materiali. La mano dell'artista è riconoscibile in una vasta varietà di media tra cui pittura,
tessitura, scultura in vetro, fotografia, video, calligrafia e progettazione di strumenti musicali. Nel 2013, Auerbach ha
fondato Diagonal Press per formalizzare la sua pratica di tipografia e design di libri. Le opere di Auerbach sono
incluse nelle collezioni del Museum of Modern Art, del Whitney Museum of American Art, dell'Astrup Fearnley
Museum of Modern Art e del Centre Pompidou, tra gli altri. L’artista è rappresentata da Paula Cooper Gallery, New
York, e STANDARD (Oslo), Norway. Nel 2021, il San Francisco Museum of Modern Art ha presentato S v Z — una
retrospettiva dei 17 anni di lavoro di Auerbach.
Evento realizzato con il contributo del Progetto PNRR SNODI – Colline co-creative di Langhe Monferrato e Roero.