Andro Eradze / Helena Hladilová
Due mostre personali
Comunicato stampa
ANDRO ERADZE
Heavy Centers
OPENING: SABATO 21 SETTEMBRE, 2024 - dalle 15 alle 20
MAR. - SAB. 11 - 14 / 15 - 19 solo su appuntamento
SpazioA è lieta di presentare, sabato 21 settembre 2024, Heavy Centers, la seconda mostra personale di Andro Eradze in galleria. L’artista presenterà a SpazioA (studio) - Via Attilio Frosini 21, Pistoia - l’installazione realizzata durante la sua residenza a WIELS, Bruxelles.
OGNISSANTI
di Paul Celan, 1971
Che ho fatto?
Ho seminato la notte, come se potessero essercene altre, più notturne di questa.
Volo d’uccello, volo di pietra, un migliaio di rotte descritte. Spiragli
rubati, sottratti. Il mare,
assaggiato, bevuto, sognato. Un’ora
di eclisse dell’anima. La seguente, una luce autunnale, offerta a una sensazione
cieca, giunta da quella strada. Altre, tante,
senza luogo che non sia il loro centro pesante; intraviste e aggirate.
Orfani, stelle,
nere, gravide di linguaggio; che prendono il nome da un giuramento infranto.
E una volta (quando? Anche questo è scordato): ho sfiorato il barbiglio
dove il mio polso ha osato battere al contrario.
ALL SOULS
by Paul Celan, 1971
What did I do?
Seminated the night, as though
there could be others, more nocturnal than this one.
Bird flight, stone flight, a thousand described routes. Glances purloined and plucked. The sea,
tasted, drunk away, dreamed away. An hour soul-eclipsed. The next, an autumn light, offered up to a blind
feeling which came that way. Others, many,
with no place but their own heavet centres; glimpsed and avoided.
Foundlings, stars,
black, full of language; named
after an oath which silence annulled.
And once (when? that too is forgotten): felt the barb
where my pulse dared the counter-beat.
“Andro Eradze torna alla fotografia e all’installazione, il medium con cui ha esordito e il linguaggio che ha sviluppato nel corso della sua carriera. Per questa volta, l’artista abbandona film, luce e si concentra sull’immobilità dei corpi e un’immagine altrettanto immobile, invece che in movimento.
Le cancellate metalliche che suddividono lo spazio in molteplicità fanno da sostegni per fotografie in cornici di ferro, che ci ricordano giardini abbandonati, cimiteri e altri luoghi proibiti.
Le agili e distanti strutture sono decorate con dettagli astratti di quelli che potrebbero essere particolari della carne di un essere umano o di un altro mammifero. Questi dettagli sono di una materia simile a quella dei cancelli, tanto che è difficile distinguerli da essi. Corpo senza organi, mi dico. O piuttosto organi senza un corpo, o forse la cancellata qui fa da corpo per gli organi? Qualsiasi lettura si scelga, l’installazione suscita domande sul corpo deterritorializzato, il socius e altri sistemi. Il vuoto che i cancelli custodiscono è a prima vista improduttivo, ma l’intensità del colore azzurro che emana dalle fotografie “prodotte” dai cancelli, e sembra prodotto da lightbox, incrina il silenzio e trasgredisce una certa legge delle idee che reggono il celebre pensiero di Gilles Deleuze e Félix Guattari.
La mostra è parte della ricerca in corso di Eradze sui soggetti di cui negli ultimi anni ha fatto un motivo ricorrente della sua pratica. Le domande attorno alla solitudine, all’alterità e all’alterizzazione formano la questione principale da dissotterrare, mentre ci caliamo con tutto il nostro peso nelle invasive strutture di difesa. “Altri, molti, senza alcun luogo se non i loro centri pesanti: intravisti ed evitati” dice la poesia di Paul Celan da cui la mostra prende il titolo, e questo lascia aperte domande sui centri e tutto ciò che viene lasciato da parte.”
(Elene Abashidze)
Andro Eradze (nato nel 1993, a Tbilisi, Georgia) vive e lavora a Tbilisi. Tra le mostre personali segnaliamo: Heavy Centers, WIELS Project Room, Brussels, BE (2023); Long Live the Night, SpazioA project space, Pistoia, IT (2022); Screens Series: Andro Eradze, New Museum, New York, USA (2021); Mouth of darkness, Public space, Tbilisi, GE (2020); Ocean, Patara Gallery, Tbilisi, GE (2018); My silent response is your blind guide, Artarea Project Space, Tbilisi, GE (2017); Translated Without Title, Popiashvili Gvaberidze Window Project, Tbilisi, GE (2017). Tra le mostre collettive segnaliamo: 9th Biennial Gherdeina, The parliaments of Marmots, curated by Lorenzo Giusti with Marta Papini, Val Gardena, Dolomites, IT (2024); 22nd Sesc_Videobrasil Biennial, Memory is an editing station, a cura di Raphael Fonseca and Renée Akitelek Mboya, São Paulo, BR (2023); Long-Distance Friendships, 4th Kaunas Biennial, a cura di Inga Lace and Alicia Knock, Kaunas, LT (2023); Poetry Festival Long Song For Summer II, organizzato da the87press and Camden Art Centre, with Short film Programme of F(r)ictions, Camden Art Centre, London, UK (2023); 59° Biennale di Venezia, Il latte dei sogni, Venice Biennale, a cura di Cecilia Alemani, Venice, IT (2022); New Museum, New York, USA (2021); LC-Queisser, Tbilisi, GE, (2020); Film Festival Oberhausen, Oberhausen, DE (2020); 68 Project, Berlino, DE (2019); Frankfurt Fotografie Forum, Frankfurt, DE (2018); Frankfurter Atelier, Francoforte, DE (2018); Tbilisi Architectural Biennial, Tbilisi, GE (2018).
HELENA HLADILOVÁ
White shed
OPENING: SABATO 21 SETTEMBRE, 2024 - dalle 15 alle 20
MAR. - SAB. 11 - 14 / 15 - 19 o su appuntamento
SpazioA è lieta di presentare, sabato 21 settembre 2024, White shed, la seconda mostra personale di
Helena Hladilová in galleria.
In un piccolo paesino disabitato ai margini del bosco, circondato da colline verdeggianti, sorgeva un capannone bianco. Questo edificio, avvolto nel mistero della sua origine e del suo scopo, era diventato un luogo affascinante per i giovani del villaggio, desiderosi di avventure senza tempo.
Un caldo giorno d’estate, quattro amici curiosi si ritrovarono di fronte al capannone. Erano noti per la loro audacia e il desiderio di esplorare il mondo intorno a loro. Man mano che si avvicinavano al capannone, i loro occhi si posarono su creature straordinarie che danzavano tra le pareti bianche. Erano esseri dalle forme e dalle caratteristiche misteriose, ibridi di animali, piante e minerali.
Attratti dalla meraviglia e dalla curiosità, i quattro amici varcarono la soglia del capannone bianco, sentendo un brivido di eccitazione correre lungo la schiena. Appena entrati, si ritrovarono in un vasto spazio avvolto da un’atmosfera irreale e misteriosa. Le pareti erano coperte da un sottile strato di polvere, segno del lungo tempo passato da quando qualcuno aveva messo piede lì dentro per l’ultima volta. Tuttavia, non era il capannone in sé a catturare la loro attenzione, ma ciò che vi trovarono al suo interno.
Di fronte ai loro occhi, in un silenzio quasi sacrale, apparvero una serie di creature ibride, congelate nel tempo in pose dinamiche e sorprendentemente realistiche. Questi animali, mai visti prima, sembravano usciti da un sogno o da una leggenda dimenticata. Ogni essere era un’enigmatica fusione di caratteristiche animali, vegetali e forse anche minerali, rendendo difficile discernere dove finisse una forma e ne iniziasse un’altra.
I quattro amici si muovevano tra queste figure con riverenza, toccando di tanto in tanto la superficie liscia e fredda delle sculture viventi. Ogni contatto sembrava suscitare una strana sensazione, come se sotto la pelle ibernata ci fosse ancora vita, pronta a risvegliarsi. Era come se il tempo fosse sospeso, trattenuto in un istante eterno di meraviglia.
Uno degli amici, affascinato dalla visione, si avvicinò a una delle creature ibride. Sembrava un coniglio, ma qualcosa di più misterioso e magico albergava in esso. La creatura aveva occhi profondi e luminosi, che sembravano contenere l’intero universo. Con un gesto delicato, uno degli amici si chinò e sussurrò: “Tu devi essere davvero speciale.” La creatura, come se comprendesse le parole, batté le palpebre lentamente, e qualcosa di straordinario accadde. Dal suo corpo emanò una luce soffusa che si diffuse nell’aria, creando un’atmosfera ancora più incantata.
Affascinati, gli amici si avvicinarono di più, cercando di cogliere ogni dettaglio di quella meravigliosa creatura. Notarono che le zampe del coniglio erano ricoperte di muschio e che, ad ogni passo, lasciava una scia di minuscoli fiori luminescenti. Sembrava quasi che camminasse sulla luce stessa.
“Questo posto è davvero magico,” disse uno degli amici con un sorriso sognante. La creatura, in risposta, fece un piccolo balzo e si posò sulle spalle dell’amico, avvolgendolo in un abbraccio luminoso. Gli altri osservavano, incantati, l’incredibile interazione.
Ogni passo all’interno di quel capannone rivelava nuove meraviglie, e la loro sete di esplorazione cresceva ad ogni scoperta. In questo luogo sospeso tra sogno e realtà, i quattro amici capirono che il capannone bianco custodiva segreti che andavano oltre la loro immaginazione. Ogni creatura, ogni pianta e ogni oggetto sembrava raccontare una storia antica, una leggenda che aspettava solo di essere svelata.
E così, con il cuore colmo di meraviglia e la mente aperta a infinite possibilità, continuarono la loro esplorazione, pronti a svelare i misteri nascosti di quel luogo incantato. Attraverso le loro avventure, scoprirono che il capannone era molto più di un semplice edificio abbandonato. Era un luogo dove la magia e la realtà si intrecciavano, dove ogni creatura, vegetale e oggetto raccontava una storia di trasformazione e meraviglia. E mentre il sole tramontava, colorando il cielo di toni caldi, gli amici sapevano che quella giornata era solo l’inizio di un viaggio straordinario che avrebbero vissuto insieme.
Testo generato da ChatGPT (2024) su istruzioni dell’artista.
Helena Hladilová (nata nel 1983, a Kroměříž, Repubblica Ceca) vive e lavora in Toscana. Tra le mostre personali segnaliamo: La montagna che vide l’elefante, a cura di ARTECO e CRIPTA747, Pinacoteca G.A. Levis, Chiomonte, Torino, IT (2023); iuna, Ex Chiesa di Ognisanti, a cura di Matilde Galletti e organizzato da Karussel, Fermo, IT (2022); Hafgufa, flip project space, Napoli, IT (2022); Zouwu, SpazioA, Pistoia, IT (2022); Perdix, ALMANAC, Torino, IT (2021); Le Ferseodi, Via XX Settembre 13, Verona, IT (2017); Extramoenia, con Namsel Siedlecki, Galleria FuoriCampo, Siena, IT (2017); Mazzarino, L’Ascensore, Palermo, IT (2017); Já tam nejdu, a cura di Christina Gigliotti, Polansky Gallery, Prague, CZ (2017); Introduced, a cura di Adam Budak, National Gallery, Prague, CZ (2016); 6Artista, a cura di Marcello Smarrelli, MACRO, Roma, IT (2014); Vitrine. 270°, a cura di Stefano Collicelli Cagol, GAM, Torino, IT (2013). Tra le mostre collettive segnaliamo: Colorescenze. Artiste, Toscana, Futuro, a cura di Stefano Collicelli Cagol e Elena Magini, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, IT (2024); Votiva, a cura di Flaminia Bonino e Laura Perrone, Parabita per il contemporaneo, Parabita, Lecce, IT (2024), IMAGINA, XXVII edition of Biennale di Gubbio, a cura di Spazio Taverna, Gubbio, IT (2023); On the meaning of “Gossip”, a cura di Marta Pellerini, British School at Rome, Roma, IT (2023); Manta ray, Matéria, Roma, IT (2021); Tutto comincia da una interruzione, Gitti e Partners, Milan, IT (2021); Produttori di silenzio, Galerie Monitor, Straperetena, Roma, IT (2020); Pocta suknu, 0smička, Humpolec, CZ (2018); Insert title, Kleine Humboldt galerie, Berlin, DE (2018); Absolute beginners, SVIT, Prague, CZ (2017); TU35 Expanded, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, IT (2017); VIVA ARTE VIVA, a cura di Treti Galaxie, Outer Space, Milan, IT (2017); NERO. La scrittura degli echi, un progetto di Hou Hanru, a cura di Giulia Ferracci e Elena Motisi MAXXI, Roma, IT (2015); To continue. Notes towards a Sculpture Cycle, a cura di Cecilia Canziani, Ilaria Gianni, Nomas foundation, Roma, IT (2014); 6th Prague Biennale, Czech Republic (2013); Corso aperto, Fondazione Antonio Ratti, Como, IT (2012); Sotto la Strada, La Spiaggia, a cura di Benoit Antlle, Michele Fiedler, Andrey Parshikov, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Turin, IT (2012); Go West! – III Moscow Internatonal Biennale for Young Art, a cura di Andrey Parshikov, Muzeon Art Park, Moscow, RU (2012).