La ruggine non dorme mai. I nuovi lavori di Beatrice Gelmetti in mostra a Mestre
Il lavoro di Gelmetti esplora temi importanti come identità e memoria, personale e collettiva, attraverso una forte componente concettuale che invita a una comprensione ad un livello profondo
Nel 1979 Neil Young pubblicò Rust Never Sleep, la ruggine non dorme mai. Un titolo che sa di leggenda, un gioco di parole che esplora temi di cambiamento e trasformazione e affronta l’inevitabilità del deterioramento ricordandoci di rimanere rilevanti e vitali anche in presenza di sfide e incertezze. Beatrice Gelmetti (Verona, 1991) prende in prestito questo iconico titolo per raccontarci la sua personale riflessione sulla natura inesorabile del tempo e sulla resilienza dell’essere umano di fronte al decadimento. Ma se la connessione ai temi che Young esplora nella sua musica è certamente esplicita, questo non è che il punto di partenza per descrivere le scelte creative della giovane artista.
Beatrice Gelmetti è nota per essere un’artista visiva specializzata nella pittura: dopo il diploma all‘Accademia di Belle Arti di Venezia, l’artista ha proseguito la sua ricerca con lo studio Kadabra e il collettivo “Fondazione Mulatta”, partecipando a mostre personali e collettive, e vincendo nel 2022 la quinta edizione di “We Art Open” a GAD Giudecca Art District. Il suo lavoro esplora temi importanti come identità e memoria, personale e collettiva, attraverso una forte componente concettuale che invita a una comprensione ad un livello profondo.
La mostra di Beatrice Gelmetti a Mestre
La mostra è frutto di un anno di intenso lavoro segnato in particolare dall’esperienza personale dell’artista in dolce attesa: la sua pittura ci restituisce la sua volontà di esplorare nuovi territori visivi e di superare le proprie zone di comfort. Inquesto momento di trasformazione più che mai, domande sul futuro, sulla natura impermanente delle cose e sul continuo cambiamento, affiorano dalla sua interiorità per trovare spazio sulla tela. Il risultato è una serie di dipinti di diverse dimensioni in cui Gelmetti ci mostra come questi temi e queste domande siano in realtà parte del presente di ciascun individuo, parte di un’interiorità che accomuna tutti.
Come ci rapportiamo con l’inesorabile trascorre del tempo? L’incontro con l’artista e con le sue tele è potente e delicato allo stesso tempo proprio perché ci invita a rispondere a questa domanda. La sensazione è quella di essere messi di fronte ad un test Rorschach, però al contrario. Il senso canonico è invertito: non è la risposta dell’individuo rispetto alle ipotetiche forme delle macchie di inchiostro ad essere al centro dell’interpretazione, ma sono le immagini metamorfiche presenti sulla tela a svelarsi gradualmente per raccontare il pensiero dell’artista. Le sue composizioni visive tendono infatti a sfumare i confini tra il concreto e l’astratto, invitando lo spettatore a un’interazione più attiva con l’opera. Questo scambio proattivo è da considerarsi un valido antidoto al decadimento di cui la mostra si pone come approfondimento. Attraverso l’uso di materiali che si accumulano su strati di pigmenti precedenti e tecniche di ossidazione del colore, Gelmetti, non solo enfatizza la materialità delle sue opere, ma trasforma il deterioramento fisico in una potente ed evocativa metafora visiva del passare del tempo. Questo approccio riflette su ciò che svanisce, così come su ciò che si rigenera e si rinnova: colori vibranti e forme ardite contribuiscono a realizzare una bellezza imperfetta e corrosiva, proprio come quella della ruggine.
Le opere in mostra da Marina Bastianello
Anche la dualità della creatività umana e un tema esplorato in mostra. Proprio come nell’album di Young ci sono due sezioni distintive: “Acustica” ed “Elettrica.” Queste sezioni non solo riflettono stati emotivi e motivi diversi, ma offrono anche uno spaccato della continua evoluzione dell’artista e della sua incessante ricerca creativa. Nella prima sezione, quella acustica, Gelmetti presenta una serie di opere caratterizzate da delicatezza e contemplazione. Sono i lavori più intimi, scaturiti da immagini-ricordo, dove tonalità morbide e texture leggere sono sapientemente utilizzate per invitare lo spettatore a un’esperienza di riflessione personale e introspezione profonda. Se le opere della Sezione Acustica sembrano suggerire un dialogo silenzioso e meditativo, creando uno spazio di pausa e riflessione, quelle della sezione elettrica, al contrario, simboleggiano la continua lotta per l’innovazione e la rilevanza nel contesto artistico e culturale contemporaneo. In questa sezione, le opere emanano una potente energia dinamica e una chiara resistenza alla stagnazione, invitando lo spettatore a un coinvolgimento attivo. Questi lavori sfidano il pubblico a prendere parte alla conversazione artistica e culturale, offrendo un grido di resistenza e una celebrazione della creatività in movimento. La dicotomia è resa tangibile dalla brillante scelta allestitiva di distanziare dalla parete le opere “elettriche” come se venissero incontro all’osservatore, mentre quelle “acustiche” rimangono aderenti a essa.
Attraverso questa esposizione, Beatrice Gelmetti non solo ci presenta una visione artistica rinnovata, ma ci offre anche una riflessione profonda sui temi universali di decadenza e trasformazione. Ogni opera è una sorpresa, un punto di incontro tra passato e futuro, così come tra di noi e il prossimo.
Caterina Rachele Rossi
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