Il Novecento fu davvero il “Secolo breve”? Una mostra a Milano suggerisce qualche dubbio
Con una ricca mostra collettiva che unisce artisti giovani e storicizzati, la Galleria Bonelli prova a dimostrare quanto il Novecento continui ancora oggi nelle questioni aperte e nell’eredità lasciata. E per noi ci riesce
Un titolo che dichiara subito la volontà di rimettere in discussione il noto attributo di brevità dei cento anni che precedono il nuovo Millennio. NOVECENTO – Il Secolo lungo. È così che comincia la narrazione espositiva proposta dalla Galleria Giovanni Bonelli di Milano. Un coro di artisti italiani di ieri e di oggi, che si uniscono in una rilettura collettiva del XX Secolo improntata a evidenziarne la continuità con il contemporaneo.
I risvolti contemporanei del Novecento nella mostra a Milano
Come introduce il curatore della mostra Stefano Castelli, “il Novecento non ha mai smesso di finire e perdura indefinitamente”. Lo si dava per concluso già nel 1989 – ai tempi del Crollo che fu più ideologico che materiale – immaginandosi chissà quale futuro. Se, da un lato, i vaticini dei romanzi di fantascienza possono essersi avverati nella (quasi) scomparsa delle Enciclopedie e nel diffondersi di quell’oracolo che tutto sa, quale è Internet, lo stesso non vale per altri ambiti. Certi paradigmi perdurano anche oggi, a partire dagli aspetti estetici e artistici, che continuano a stimolare le nuove generazioni. E certe domande, certi vuoti creati decenni fa, rimangono ancora da colmare. Chi l’ha vissuto, il Novecento, se ne porta un pezzo con sé nella vita del Duemila. Chi neppure l’ha toccato con un istante di esistenza ne vive – suo malgrado – l’eredità, immaginandoselo dai libri e dai materiali che ha reperito. Un’eredità che, dopo decenni di totalitarismi e fortissime ideologie, è popolata da una società individualista, in cui molti – soprattutto giovani – si isolano, incapaci di riconoscersi nelle istituzioni e in coloro che con vana presunzione vogliono fare da “guida”.
L’arte “altra” ispirata al Novecento alla Galleria Bonelli di Milano
Tra gli eventi che più segnarono il Secolo in questione ci furono gli stravolgimenti culturali ed estetici. Le Avanguardie, seminate a fine Ottocento, emersero sempre più potenti, portando forti cambiamenti uno in seguito all’altro, senza lasciare il tempo di respiro. Espressionismo, Surrealismo, Astrattismo… per poi arrivare a ciò che ancora oggi consideriamo – un altro retaggio che continua – “arte contemporanea”. Tutta materia prima che è stata, ed è ancora, oggetto di grande interesse per gli artisti successivi. Sono in molti i giovani a ispirarsene, facendola propria per produrre nuovi lavori e nuovi significati. Ne sono un esempio tangibile le opere in mostra – si veda ad esempio il piacentino Davide Volpi, con la sua rilettura delle “divise” – che fanno da alternativa alle troppo diffuse immagini figurative odierne. Immagini “da social media”, come le commenta il curatore, ripetitive e progettate già per essere pubblicate, dimenticandosi di dar loro anche un senso.
La mostra “Novecento” alla Galleria Giovanni Bonelli di Milano
Preso coscienza della ricchezza e della vita prolungata al presente del Novecento, ci si può addentrare nella mostra che si sviluppa nell’ampio spazio della Galleria Bonelli, in cui giovani nomi si intrecciano ad artisti già storicizzati.
I giovani artisti che rielaborano il Novecento
Tra il gruppo di giovani, spicca fin dall’inizio l’enorme piedistallo del duo bn+BRINANOVARA, che occupa quasi tutta l’altezza della parete. È una sorta di evocazione simbolica del Secolo scorso: esso non fa da base ad alcuna statua, ma “sostiene” (e nello stesso tempo nasconde) un loro dipinto vandalizzato dalla vernice spray. Si crea così un antimonumento inteso a richiamare –contraddicendola – la storia passata.
Molto acuta e sottile è anche l’opera site-specific realizzata da Umberto Chiodi. Quella che era la finestra della Galleria è diventata una vetrata, il cui stile oscilla tra il Liberty, il Surrealismo e una rievocazione contemporanea delle divinità arcaiche auspicio di fertilità. Riferimenti volutamente deviati, che concordano con l’intento sovversivo della parola “NO” che si può vedere emergere in controluce sulla superficie.
La “storia” del Novecento in mostra
Accanto alle nuove voci, non manca un folto gruppo di personalità già affermate e ormai parte integrante del panorama storico di un Novecento irriverente e sperimentale. Rappresentanti del femminismo radicale scoppiato nella seconda metà del Secolo, Milli Gandini e Mariuccia Secol emergono tra i colleghi artisti. Ricerche in parte tangenti, le loro, avvicinate dal periodo di esperienza comune, ma ciascuna con una particolare originalità. La chiave di successo è per entrambe l’ironia. L’una la esprime coi suoi slogan sul salario minimo, l’altra attraverso i due esemplari esposti della serie Casa di bambola. Ciclo dal nome evocativo che si rifà all’omonima opera teatrale di Ibsen, emblema della ribellione della donna al ruolo di moglie e madre servizievole cui gli stereotipi l’hanno sempre relegata.
La mostra alla Galleria Bonelli è anche un’occasione per ammirare, riunite, altre voci interessanti del recente passato. Claudio Costa, Tancredi e la pittura-scrittura di Gastone Novelli sono validi esempi.
Emma Sedini
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