Nel corso della sua attività di fotografo, Robert Capa ha raccontato alcuni dei più grandi conflitti bellici, dalla guerra civile spagnola alla Seconda Guerra Mondiale, affermandosi come uno dei fotoreporter più influenti del Novecento. “Se le tue fotografie non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino”, amava sostenere l’artista, che con il suo obiettivo ha vividamente catturato gli eventi cruciali di un’Europa nella morsa dei totalitarismi, documentando gli stravolgimenti politici e sociali tra gli Anni Trenta e Cinquanta.
Considerato “il più grande fotoreporter di guerra al mondo”, l’artista ungherese (al secolo Endre Ernő Friedmann) si appresta a incontrare i giovani lettori italiani, grazie a un nuovo romanzo per ragazzi ispirato alla sua avventurosa biografia.
La vita di Robert Capa
Nato a Budapest nel 1913 in una famiglia ebrea, e costretto ad abbandonare il suo Paese per via delle simpatie socialiste, Robert Capa giunge nel 1931 a Berlino; da lì, nel 1932, viene mandato in Danimarca come inviato a seguire una conferenza di Lev Trotsky: nonostante fosse proibito l’ingresso ai fotografi, Endre riesce a introdurre nel congresso una piccola macchina fotografica Leica, realizzando una serie di ritratti del politico di rara potenza. Nel 1933, dopo l’ascesa del Nazismo in Germania, il fotografo si trasferisce in Francia, dove conosce la grande fotografa di guerra tedesca Gerda Taro: Endre se ne innamora, iniziando con lei una collaborazione straordinaria, e una delle storie d’amore più iconiche dell’arte. Nel 1936 scoppia la Guerra Civile in Spagna, e i due si recano sul fronte per documentare il conflitto: per vendere meglio le proprie opere ai giornali, Friedmann adotta lo pseudonimo di Robert Capa. È durante quel periodo che viene scattata la celeberrima Morte del miliziano lealista, indubbiamente la fotografia di guerra più famosa di ogni tempo.
Il romanzo “Una giusta distanza”
Questi e altri eventi storici sono narrati all’interno del volume, dal titolo Una giusta distanza. Autori della pubblicazione (in uscita il 1° ottobre per Einaudi Ragazzi) sono Luca Cognolato e Silvia del Francia, coppia autrice di numerosi e premiati testi per i più giovani. A cavallo tra biografia e romanzo, il libro esplora le molteplici sfumature dei conflitti bellici e della sofferenza umana, prendendo il fotografo come testimone eccellente del dramma della guerra.
Nel corso della storia, Capa corre – con la sua macchina fotografica al collo – gli stessi rischi di quei soldati che forse non torneranno mai a casa: segue gli Alleati in Nord Africa, si fa paracadutare in Sicilia e risale l’Italia a ridosso della linea del fronte; è con le prime ondate di sbarco in Normandia, nella Parigi appena liberata, e nei campi di sterminio nazisti – dove l’orrore sarà tale che il reporter non riuscirà a scattare nemmeno una foto. Conducendo i più giovani nella storia del protagonista, Una giusta distanza è, anche e soprattutto, una profonda riflessione sulla guerra e sul male, sulla necessità e sulla possibilità di raccontare l’orrore senza banalizzarlo e senza tradire la verità.
L’intervista a Luca Cognolato e Silvia Francia, autori del romanzo “Una giusta distanza”
Da dove nasce l’idea di un libro per ragazzi ispirato alla vita di Robert Capa?
‘Una giusta distanza’ nasce da una mostra di fotografia di molti anni fa. Silvia del Francia e io siamo riemersi da quei corridoi coperti di grandi foto in bianco e nero molto emozionati. Entrambi conoscevamo già la storia di Robert Capa, ma mentre io ero da sempre affascinato dall’episodio dello sbarco in Normandia e dalle foto rovinate durante lo sviluppo, Silvia aveva colto i punti di contatto con un altro personaggio, Giorgio Perlasca, di cui avevamo raccontato l’incredibile avventura in ‘L’eroe invisibile’: la patria Ungheria, il sentirsi un outsider, il tentativo di capire il mondo.
Quanto c’è di vero e quanto di fittizio all’interno della narrazione? In generale, su quali episodi vi siete soffermati in maniera maggiore?
Questo è un romanzo, quindi una storia che deve far voltare una pagina dopo l’altra a chi legge. Anche noi, come ha scritto Capa, ci siamo permessi, nell’interesse della verità, di andare leggermente di lato e leggermente oltre, privilegiando quegli avvenimenti che possono rivelare chi è stato veramente Endre Friedmann, esule cacciato dalla sua terra con il sogno di diventare uno scrittore, che s’intestardisce nel cercare la foto perfetta. Lo abbiamo seguito mentre dal Nord Africa risale con gli Alleati l’Italia e arriva a Lipsia negli ultimi giorni di guerra, fissando un’umanità che soffre.
Quali sono le ambizioni del volume? Per quali ragioni può essere utile, per i ragazzi di oggi, conoscere l’avventura biografica di Capa, in un mondo evidentemente diverso rispetto a quello vissuto dal fotoreporter?
Non avevamo ambizioni particolari nello scrivere questo libro: volevamo solo raccontare a tutti, non solo ai ragazzi, una storia che ci ha affascinato. Capa ha iniziato la sua carriera credendo che un fotoreporter dovesse andare il più vicino possibile all’azione. Oggi, che la fotografia permea quasi ogni momento della nostra vita e grazie al progresso tecnologico scattiamo migliaia di foto, manipolate o meno, ci facciamo ancora le stesse domande: come si può creare lo scatto perfetto, cosa mi comunica una foto… e soprattutto, quanta verità c’è in quella immagine?
Alex Urso
Libri consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati