Petrichor

Victoria Kosheleva, Matěj Macháček, Kateřina Ondrušková, Andrea Polichetti e Giacomo Serpani sono i protagonisti della mostra collettiva ospitata negli spazi di Galleria Nicola Pedana

Comunicato stampa

Sabato 28 settembre dalle ore 18.00 la Galleria Nicola Pedana è lieta di ospitare la mostra collettiva “Petrichor” con lavori di Victoria Kosheleva, Matěj Macháček, Kateřina Ondrušková, Andrea Polichetti e Giacomo Serpani, a cura di Domenico de Chirico.

Di salmastro e di terra hai le vene, il fiato (1), così, forte della sua capacità di catturare le sfumature dell'esperienza umana, Cesare Pavese poetava in uno dei suoi suggestivi componimenti. Ab origine, il realismo simbolico che caratterizzava il suo narrare era volto a rappresentare la realtà attraverso i simboli e tutto ciò che si cela al di qua della parvenza, dando per assodato che «il simbolo […] è un legame fantastico che tende una trama sotto il discorso (2)».

E allora, allegoricamente parlando, qual è quella trama misteriosa che consente alle vene di pulsare, al sangue di confluire e al fiato di soffiare imperituramente? La risposta risiede probabilmente in quell’odore della pioggia che inebria la terra asciutta subito dopo una pioggia inattesa di fine estate, ovvero il petricore: dal greco πέτρᾱ pétrā "macigno, pietra" e ἰχώρ ichṓr, "icore, linfa intesa come sangue degli dei".

Grazie alla forza pervasiva del vento, le sue particelle odorose si diffondono ovunque in modo lepido, eclissando ogni forma di brulla desidia. Ed è così che la mostra collettiva in questione si erge a labaro di un desiderio di riavvicinamento alla natura grazie alla quale si possono svilire i tormenti e gli sconvolgimenti della modernità ove, come diceva Henry David Thoreau, filosofo statunitense precursore dell'ambientalismo e della nonviolenza, tutto si è ridotto a mercificazione, profitto e spettacolarizzazione, qui dove persino il confluire disinvolto dell’acqua non ci appartiene più.

E dunque, sulla base di tali precetti, 'Petrichor', proponendosi come un terreno fertile particolarmente incline alla riflessione, intende affrescare, profumandolo, quell'avveduto assioma thoreauniano secondo cui «il viaggiatore più veloce è quello che va a piedi». Così, per mano di Victoria Kosheleva, Matěj Macháček, Kateřina Ondrušková, Andrea Polichetti e Giacomo Serpani viene originato un inedito locus amoenus dai valori allentati e semplici, la cui aria arcadica sa di originalità, di fecondità e dei più svariati modi d'essere.