A Palermo una settimana tutta dedicata al design diffuso. Le cose da non perdere

La dodicesima edizione del festival iDesign, il più longevo tra quelli dedicati alla cultura del progetto nel sud Italia, celebra il viaggio: da fermi o in movimento, nel tempo o nello spazio, tenendo come minimo comune denominatore la sicilianità

Diciamolo subito: iDesign non è una design week, o per lo meno non lo è nell’accezione più comune di vetrina di tendenze e novità di prodotto. Si tratta piuttosto di un festival culturale che considera il progetto in maniera ampia, abbracciando tutto ciò che, dall’artigianato all’etnologia, ha a che fare con la cultura materiale della Sicilia. Spostandosi tra le diverse sedi che ospitano le 13 mostre organizzate per la dodicesima edizione della rassegna fondata e curata dalla storica dell’arte Daniela Brignone, in corso fino al sei ottobre, ci si può chiedere, per esempio, che cosa c’entrino col design la forchetta rudimentale creata dai contadini intagliando un segmento di canna o le pagnotte votive impastate e decorate in occasione di alcune feste sacre. La risposta è: tutto, perché quelle forme arcaiche sono anche funzionali e possono nutrire l’immaginario del progettista di oggi, giovane o già affermato, ma anche perché, come dimostrano alcune esperienze recenti, negli ultimi anni conoscere e frequentare il passato si sta rivelando la via migliore per approcciare il futuro, in particolare nelle terre che si affacciano sul Mediterraneo.

Il design prima del design a Palermo


Andar per mondi: design moving through time and space è il tema scelto per questa edizione di iDesign e declinato in vari modi tra i palazzi al tempo stesso raffinati e delabré del centro storico, le tante chiesette e chiostri e altri luoghi atipici non meno sorprendenti, dal convitto fondato dai gesuiti e frequentato, tra gli altri, da Giovanni Falcone all’ex officina convertita in galleria d’arte e residenza per artisti. Una delle stazioni più sorprendenti di questo percorso è Kaos e Kosmos, che racconta le origini della cultura materiale dell’isola attraverso oggetti dalla straordinaria collezione raccolta dall’antropologo Filippo Grillo. Il contesto è quello del Museo Etnografico Giuseppe Pitré, allestito nella palazzina che ospitava – e le ospita tuttora, incredibilmente ben conservate – le cucine della Palazzina Cinese, la residenza di Ferdinando IV di Borbone e della moglie Maria Carolina d’Austria durante il loro esilio palermitano alla fine del Settecento. Qui, i curatori Gabriele D’Angelo e Paolo Casicci hanno sistemato una serie di pezzi (arredi, strumenti di lavoro, paramenti sacri, stoffe e molto altro) interessanti su più livelli, materiale ma anche spirituale e apotropaico. Un lavoro che in qualche modo ricorda la ricerca di Jasper Morrison sugli oggetti dal design anonimo usati nel Portogallo preindustriale all’origine del libro The Hard Life.

L’artigianato proiettato nel futuro di iDesign


Nella Cavallerizza di Palazzo Costantino, un’antica e sontuosa dimora nobiliare oggi abbandonata e pericolante, otto studenti dell’Accademia di Design e Comunicazione visiva Abadir espongono i loro progetti elaborati sotto la guida del designer Giuseppe Arezzi. Il focus di Domestico, Mediterraneo è sull’artigianato e sulla tradizione: ai ragazzi è stato chiesto di lavorare con aziende del centro-sud Italia depositarie di particolari saperi e tecniche di lavorazione (per esempio l’intreccio di materie prime naturali, di cui è specialista la marchigiana Intreccio Vivo, o ancora la realizzazione di cementine) generando un output lontano dai soliti cliché. Parte da un elemento artigianale per poi prendere una direzione spirituale e poetica anche l’installazione Kekkai dell’artista giapponese Nobushige Akiyama, curata da Daniela Brignone e Mario Finazzi e concepita appositamente per l’ambiente della Chiesa dei S.S. Euno e Giuliano, all’ingresso del quartiere Kalsa. Il materiale su cui si fonda il tutto è la carta Washi, prodotta a mano a partire dalla corteccia interna del gelso e riconosciuta patrimonio immateriale UNESCO.

Lì vicino, nell’ex Convento della Magione, un gioiello dell’architettura arabo-normanna, alcune piccole mostre presentano progetti di design siciliano e rendono omaggio a diversi aspetti della tradizione popolare, per esempio la musica delle zampogne suonate dai pastori (attualizzate dagli studenti di fashion design dell’Accademia di Belle Arti di Catania). Due sale sono dedicate al maestro ciabattino Francesco “Ciccio” Liberto, partito da Cefalù per conquistare il mondo della Formula 1 calzando i piedi di grandi campioni come Niki Lauda e Clay Regazzoni. Anche Vito Nesta, che ha portato in trasferta la sua installazione Nella pancia del Guerriero e la collezione sviluppata con Alessandro Guerriero, entrambe già apprezzate dal pubblico della design week milanese ad aprile, nel contesto dell’Oratorio di San Mercurio, lavora di frequente con le eccellenze artigianali sparse per l’Italia.

Palermo, una città-mondo


Oltre che una gettonata città d’arte, Palermo è anche culla di un grande fermento creativo al quale contribuiscono sia gli emigranti di ritorno sia i tanti expat attirati dalla “dolce vita” in salsa siciliana. L’artista francese Josephine Flasseur, per esempio, ha appena inaugurato la sua Officina Allegra, uno spazio multidisciplinare, metà galleria e metà casa per creativi internazionali, realizzato all’interno di un’ex vetreria dismessa da tempo, e ammette di essere innamorata del capoluogo siciliano, una città che “ti impone di andare al suo ritmo“. La prima esposizione è una raccolta di sinopie, o studi preparatori, del palermitano Michele Canzoneri, autore anche delle 64 vetrate del Duomo di Cefalù, ma ad affiancarla c’è anche una selezione di proposte di giovani designer francesi attivi in diversi ambiti dalla ceramica ai tessuti. La designer Raffaella Guidobono si è stabilita a Palermo 15 anni fa, e qui ha fondato il brand Leftover che attinge all’artigianato e al folklore siciliano. A iDesign presenta una collezione di souvenir contemporanei per viaggiatori “lenti” e consapevoli, ispirati ad aspetti della cultura locale, anche per contrasto: una saliera a forma di dissalatore, per esempio, ci ricorda di quanto la siccità sia un problema sentito sull’isola.

Giulia Marani

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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