Musei e mostre: pregi e difetti di una convivenza forzata, ma inevitabile
Se da un lato le mostre portano al museo persone interessate alla novità, qual è il loro impatto sulla gestione delle collezioni permanenti?
Oggi è quasi impossibile pensare a musei in cui non si allestiscono mostre. Tutti i maggiori musei si sono nel corso del tempo dotati, ampliando i propri spazi o a spese delle sale riservate all’esposizione delle raccolte permanenti, di settori specificatamente dedicati alle rassegne temporanee; oppure si sono impegnati nell’allestimento di mostre negli ambienti stessi in cui la collezione permanente è esposta al pubblico, generando una commistione tra stabile ed effimero che si è rivelata spesso rischiosa (per la difficoltà del pubblico nel districarsi tra i due percorsi che così si intrecciano), se non disastrosa (quando i musei sono edifici storici, con sale già di per sé molto ricche e caratterizzate, che mal sopportano l’intrusione di opere, pannelli, impianti luci spettanti alle rassegne effimere).
Le mostre sono un vantaggio o uno svantaggio per il museo che le ospita?
In campo espositivo il confine tra permanente e temporaneo si fa, dunque, sempre più labile. La cosa in sé non sarebbe un male: i musei devono ‘imparare’ dal successo delle mostre, strutturando i loro allestimenti come mostre a lungo termine, in cui si offre di volta in volta una prospettiva diversa sulle raccolte del museo. Quasi sempre, tuttavia, lo stretto rapporto tra musei e mostre non si risolve in una salutare ibridazione, ma in una convivenza forzata, a tutto svantaggio del museo. Come notava nel 2000 Francis Haskell in The Ephemeral Museum, “molti curatori di musei sono oggi impegnati nell’organizzazione di esposizioni basate su prestiti più che in ogni altro compito. I direttori vengono giudicati meno per i loro acquisti o per le donazioni che sono stati capaci di attrarre, o per l’abilità con cui allestiscono le opere della collezione ‘permanente’, che per il loro successo nell’organizzare questo genere di esposizioni” (cito dall’edizione italiana del 2008). Convivenza forzata, e inevitabile: anche musei che non avrebbero assolutamente bisogno di organizzare mostre per proporre sempre qualcosa di nuovo e risultare così più attraenti agli occhi del pubblico (perché molto importanti e famosi, e già a cose normali presi d’assalto dai visitatori) sono continuamente indaffarati nel farlo, prestando opere e allestendo mostre entro le proprie mura.
L’horror vacui della programmazione museale
Una convivenza, quella tra musei e mostre, che si merita l’aggettivo di “inevitabile” anche per un altro motivo: perché sempre di più si cerca di ridurre, e magari annullare, l’intervallo tra una rassegna e l’altra, quando il museo verrebbe a trovarsi scandalosamente ‘nudo’. Strumento principe per diminuire l’interregno è la proroga: ieri insperata notizia, oggi sovrana abitudine, che ha portato a un consistente aumento della durata media delle mostre. La volontà di non lasciare il museo sguarnito di mostre sembra essere alla base della decisione di prorogare la mostra Divina Simulacra, agli Uffizi: una rassegna intelligente sulle sculture antiche della galleria che, aperta il 12 dicembre 2023, avrebbe dovuto chiudere i battenti il 30 giugno 2024 (dopo un periodo di apertura già considerevole, dunque) e che invece è stata prorogata al 30 settembre. Solo che, nel contempo, si è deciso di riportare nelle sale del museo alcuni dei più significativi pezzi esposti, sostituendoli nei mesi estivi con calchi in gesso oppure lasciando direttamente vuoti i piedistalli. Venuti meno quegli accostamenti e quelle ricreazioni di contesti che costituivano la ragione prima della rassegna, ha davvero poco senso proporla al pubblico in una versione impoverita (per non parlare della vista sconfortante delle basi vuote…). Visto che era senz’altro opportuno riportare i pezzi al loro posto dopo così tanto tempo, non sarebbe stato meglio chiudere la mostra alla data inizialmente stabilita, anziché prorogarla in una versione insoddisfacente, solo per non lasciare la galleria priva di mostre?
Mostre e musei: biglietti separati oppure no?
Altre volte i motivi alla base delle proroghe sembrano essere decisamente meno nobili. Il riferimento è a quei casi in cui non è possibile acquistare biglietti separati per il museo e per la mostra, e la presenza della mostra comporta un netto aumento del prezzo dei biglietti. Succede ad esempio ai Musei Capitolini, le cui mostre vengono generosamente prorogate, come è accaduto, da ultimo, anche alla rassegna su Filippo e Filippino Lippi (invero trascurabile, al di là della bellezza di alcuni dei pezzi esposti). Il biglietto intero per non residenti, comprensivo di mostra, costa 18,5 euro; l’“ingresso ordinario in assenza di mostre”, sempre per non residenti, viene 13 euro. Un aumento di oltre il 40%: che dici, sarà meglio prorogarla anche questa volta, la mostra?
Fabrizio Federici
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