Quanto sono realmente accessibili i musei italiani? Inchiesta con 9 esperti
Abbiamo chiesto a professionisti, museologi e direttori di spiegarci in cosa consiste l’accessibilità museale e qual è la situazione italiana, tra buone pratiche e nodi su cui lavorare
I Musei italiani sono accessibili? Quali sono le buone pratiche esistenti? Su cosa si dovrebbe lavorare maggiormente? Ci sono sostegni adeguati alle strutture museali che vogliono intraprendere la strada dell’accessibilità? Quali sono le esigenze più stringenti degli utenti che hanno bisogno di maggiori risposte? Queste le domande che abbiamo posto a professionisti, esperti e direttori di musei. Ecco le risposte.
Valeria Bottalico – accessibility project manager freelance
Ogni individuo ha diritto di accedere e partecipare alla vita socioculturale. Un diritto fondamentale e non un atto solidaristico. L’etimologia parla chiaro: accessibilità deriva dal verbo latino accĕdere, composto di ad «verso» e cĕdere«andare». In questo “andare verso” non dobbiamo incontrare ostacoli fisici, sensoriali, culturali, economici, linguistici. L’inclusione e la partecipazione delle diverse cittadinanze hanno assunto grande interesse negli ultimi anni. I nostri musei hanno incrementato le attività educative, non più relegate ai soli laboratori per bambini ma rivolti sempre più a tutti e attivato nuovi modelli di comunicazione. Le risorse stanziate per il PNRR stanno poi dando un’accelerazione al processo di miglioramento della fruizione, promuovendo la co-progettazione delle attività con la partecipazione diretta dei destinatari. La formazione del personale e la nuova presenza di mediatori con disabilità e non, sono il primo passo verso il superamento stesso del concetto di accessibilità. L’accessibilità quando è presente non ha più bisogno di essere nominata.
Maria Chiara Ciaccheri – museologa, esperta di accessibilità
Tutto dipende dall’accezione che assegniamo all’accessibilità dei musei. Ad esempio: si occupa di barriere socioculturali? Guarda solo ai bisogni o anche alle motivazioni? Le sue scelte indirizzano anche l’interpretazione? Dalla mia prospettiva, i musei italiani sono mediamente poco accessibili: fatto salvo una serie di eccezioni, anche significative, la maggior parte delle istituzioni ne promuove un’idea rigida, persino arida, senza porsi domande sul piano dei contenuti e delle ricadute indirette che genera.
Un altro orizzonte è percorribile, passo passo, da qualunque istituzione, qualora tutte le figure del museo contribuiscano al suo sviluppo – dalla direzione alla curatela, dall’educazione alla conservazione. Serve però una consapevolezza nuova, strategie a lungo termine, nonché uno sguardo complesso anche sui destinatari: associare l’accessibilità solo a gruppi circoscritti, come più spesso capita, rischia di alimentare un modo stereotipato di approcciare anche il mondo reale.
Cristina Gazzola – Fondazione Musei Civici di Venezia
Il museo accessibile è uno spazio di comunità che pone al centro della propria mission la partecipazione e il diritto alla cultura. La formazione continua consente di acquisire competenze specifiche per accogliere i visitatori, applicando strategie attente a diversi linguaggi e modalità di apprendimento, nell’ottica di una vera e propria museologia partecipata. Le comunità di pratiche e i partenariati, con le realtà del territorio, attivano processi di dialogo e significative coprogettazioni, trasformando i musei in luoghi inclusivi ed equi. La nuova museografia pone al centro le persone e le loro esigenze: allestimenti multisensoriali, servizi e sussidi specifici alla visita favoriscono inedite scoperte e relazioni con il patrimonio che oggi può essere fruito autonomamente da un pubblico sempre più ampio. Questi sono gli aspetti più importanti su cui la Fondazione Musei Civici di Venezia sta lavorando, in sinergia con i vari Servizi, per rendere i musei sempre più accessibili.
Babet Trevisan – Fondazione Querini Stampalia, Venezia
L’accessibilità ai musei è una questione cruciale per rendere le esperienze culturali aperte a tutte le persone, senza barriere: fisiche, sensoriali o cognitive. Negli ultimi anni anche i musei italiani hanno compiuto significativi progressi. Nonostante siano spesso ospitati in edifici storici, sono riusciti a superare ostacoli architettonici e sensoriali con l’introduzione di rampe, ascensori, porte automatiche, percorsi tattili e segnaletica chiara e leggibile. Tuttavia, il cammino verso l’accessibilità universale richiede un impegno continuo. Diviene sempre più urgente lavorare con personale formato per promuovere l’accessibilità cognitiva e digitale attraverso contenuti semplificati e facilmente fruibili senza dimenticare l’accessibilità economica offrendo agevolazioni sui biglietti d’ingresso e gratuità. La sfida per il futuro è fare di ogni museo italiano uno spazio veramente inclusivo, collaborando con le associazioni locali e curando attività ed esposizioni che riflettano culture, prospettive ed esperienze diverse, affinché ogni visitatore possa sentirsi rappresentato.
Irene Balzani – Fondazione Palazzo Strozzi, Firenze; ICOM Italia
“Accessibilità” è una parola ormai consolidata nel lessico dei musei e questo è un segnale positivo. In Italia, negli ultimi dieci anni, c’è stata una svolta significativa, con molte istituzioni culturali che hanno promosso progetti rilevanti, collaborando con comunità, associazioni, persone con disabilità o che vivono condizioni come la demenza. Come Fondazione Palazzo Strozzi, siamo orgogliosi di aver avviato le nostre attività già nel 2011. Per molti musei i fondi del PNRR hanno offerto l’opportunità di avviare o accelerare i processi di accessibilità. Tuttavia, è fondamentale sviluppare una visione d’insieme piuttosto che concentrarsi solo su singoli interventi. È infatti cruciale un approccio che metta al centro un cambiamento di prospettiva, considerando l’accessibilità come un principio che riflette le differenze e che riguarda tutte e tutti noi. La vera trasformazione avverrà quando nella progettazione verranno considerati menti e corpi non conformi, scardinando l’idea di una “norma” con la quale sono organizzati ambienti ed eventi. Musei, spazi espositivi e istituzioni culturali possono essere promotori essenziali di questo cambiamento.
Nicole Moolhuijsen – ICOM Italia
Il concetto di accessibilità culturale si è diffuso nelle istituzioni culturali italiane grazie a diverse spinte. Tuttavia, permangono alcuni stereotipi, come l’idea che la progettazione accessibile benefici solo poche persone, che sia costosa e che debba essere gestita esclusivamente da poche figure specializzate. Di conseguenza, i progetti di accessibilità nei musei risultano spesso discontinui o focalizzati sul coinvolgimento di specifiche fasce di utenza. Il museo contemporaneo, che si basa sull’idea di rilevanza sociale e partecipazione anche in ottica digitale, deve attuare un cambiamento di paradigma, adottando approcci più trasversali e continuativi. In molti contesti, è necessario ripensare i processi interni e le dinamiche organizzative, a partire dal riconoscimento delle professionalità coinvolte. Sicuramente, la scarsa autonomia che caratterizza strutturalmente il management dei musei italiani rappresenta un limite. Credo che l’ingresso di giovani professionisti e un dialogo sempre più stretto con le istituzioni del territorio siano percorsi imprescindibili da seguire.
Paola Rampoldi – Museo Popoli e Culture, Milano
Premetto che per me l’accessibilità museale è la disciplina che indaga le molteplici possibilità̀ e soluzioni per garantire a quante più̀ persone possibile esperienze di visita soddisfacenti e stimolanti. In quest’ottica, le disabilità rientrano tra le diverse esigenze da considerare nella progettazione. La situazione italiana mi sembra molto frammentata e diversificata. Esistono corsi e linee guida, ma manca una formazione strutturata che contempli la complessità e la transdisciplinarietà delle competenze necessarie. Inoltre, collaborazioni e reti sono fondamentali, come il sistema Musei Toscani per l’Alzheimer.
In estrema sintesi, le persone al Museo vogliono stare bene, dunque è necessaria una pluralità di soluzioni, come testi leggibili, comprensibili e che stimolano il pensiero, informazioni e segnaletica accurate, multisensorialità, personale accogliente e attento, sedute, bagni puliti e adatti alle diverse esigenze, che nell’insieme rendono il Museo un luogo per tutti.
Lucia Cecio – Accademia Carrara di Bergamo
Ci sono alcuni aspetti che ritengo punti fermi nell’analisi di un tema dai contorni discontinui.
Dotarsi di competenze, formarsi è il primo passo per abbattere le barriere, ma soprattutto per allenare una sensibilità trasformativa. Lavorando in un’ottica accessibile si sperimentano approcci e soluzioni che si rivelano inclusive per tutte e tutti, non solo per le persone fragili e con disabilità. Penso quindi l’accessibilità come un processo, che evita la logica dell’occasionale e ha ricadute sui vari ambiti del museo, curatoriale, educativo, comunicativo.
L’onda lunga di questa evoluzione può essere potente, aumentare l’attrattività dell’istituzione e accompagnarla lì dove deve essere: nella vita delle persone, parte attiva nella costruzione di comunità più eque e accoglienti.
In Accademia Carrara, a Bergamo, stiamo sperimentando questo approccio trasversale, progettando percorsi e strumenti secondo i principi del Design for All, aperti alla pluralità di sguardi ed esigenze.
Giuseppe Teofilo – direttore Fondazione Pascali
L’accessibilità totale ai contenuti scientifici, e non solo, di un’Istituzione, dovrebbe ormai essere una pratica imprescindibile, soprattutto in ambito culturale; in tal senso, molte istituzioni culturali in Italia sono sempre più attente a fornire accessibilità e inclusività, sia in termini architettonici che di contenuto.
La digitalizzazione degli archivi e i tour virtuali sono stati i primi e decisivi passi mossi verso una più ampia fruizione, galvanizzata anche dalle recenti interruzioni durante i vari “lockdown”, trasformando il problema in opportunità attraverso una progettazione più attenta e rivolta a tutte le cittadinanze.
Un museo, in genere, pensa in termini di sistema biometrico ma è chiaro, oggi più che mai, che l’accesso cognitivo e sensoriale sia un tema ancora sul tavolo e su cui ci si interroga in termini di innovazione e sviluppo. D’altro canto, l’applicazione di nuove tecnologie e la ricerca su questi strumenti rappresentano una sfida accattivante che bisogna saper cogliere affinché trovino conforto tutte le istanze di accessibilità che, talune volte, sono state ignorate, spesso anche per penuria economica.
Santa Nastro
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