Prosegue l’indagine sulle case editrici indipendenti più interessanti in Italia e questa volta è il turno di Johan & Levi editore. Abbiamo parlato con la direttrice, Margherita Alverà, per farci raccontare la storia ormai ventennale di questa casa editrice.
Intervista a Margherita Alerà di Johan & Levi editore
Raccontateci Johan & Levi editore: come e quando è nata, che linea editoriale ha, a chi si rivolge
Johan & Levi nasce nel 2005 come casa editrice indipendente specializzata in arte. Pubblichiamo dai 10 ai 15 titoli all’anno, spaziando in diverse collane in prevalenza di saggistica. Ciò che ci distingue da altri editori d’arte è la volontà di fare libri che rimangano sugli scaffali a lungo, per questo tendiamo a escludere cataloghi o pubblicazioni troppo legate a mostre temporanee. Il ritorno non è immediato, ma è editoria libera, senza paletti, se non quelli che ci poniamo noi per esigenze di identità e spazi di mercato.
La nostra saggistica vuole avere solide basi scientifiche, ma un approccio tendenzialmente accessibile anche a lettori generalisti. Rifuggiamo il più possibile il gergo specialistico e autoreferenziale. La militanza non ci appartiene, tanto è vero che le nostre collane ospitano una pluralità di opinioni e punti di vista, molte voci fuori dal coro. Rendiamo disponibili in lingua italiana autori stranieri che ci sembrano meritevoli per le riflessioni singolari che offrono sulla contemporaneità. Il nostro è un pubblico qualificato, di studiosi o di appassionati, che vogliono tenersi aggiornati anche sulle idee che circolano all’estero. Lettori desiderosi di comprendere meglio la vita e l’opera di artisti, per lo più storicizzati, ma anche di mercanti e collezionisti; di approfondire teorie e dibattiti, affrontati talvolta con una vena polemica; di esplorare la cultura collezionistica e museale così come i trend del mercato dell’arte. Non mancano poi incursioni anche nell’architettura e nel design e in altri territori limitrofi.
In un contesto come quello italiano dove molte persone non leggono libri, come sopravvivono gli editori indipendenti?
La strada è sempre in salita e l’esito incerto. In Italia pochi leggono e tutti vogliono pubblicare, a giudicare dalla quantità di proposte che arrivano spontaneamente ogni settimana. Valutarle tutte – sperando prima o poi di trovare la pepita d’oro – è un lavoro totalizzante.
Per restare a galla è fondamentale amare ciò che si fa: sembra banale dirlo ma solo armandosi di passione si può sperare di trasmetterla agli altri e conquistarsi un pubblico, per quanto piccolo. Il nostro, come dicevo sopra, è estremamente ristretto ed esigente, speriamo di non deluderlo… Si sopravvive, poi, grazie al catalogo, ovvero a quei titoli che vengono ristampati perché diventati longsellers o adottati anno dopo anno dai docenti universitari.
Serietà e qualità ripagano quasi sempre. È bene però non prendersi troppo sul serio e provare a diversificare proponendo qualche volta anche titoli più facili, che vanno incontro se non a quel grande pubblico che fatica a prendere in mano un libro, almeno a un pubblico più vario, curioso e non monomaniacale.
Per esempio?
Una lettura che sta piacendo a tutti è Qualche collezionista di Pierre Le-Tan: un piccolo libro di memorie interamente illustrato dall’autore il quale racconta, con scrittura lieve fra l’ironico e il nostalgico, una manciata di collezionisti a dir poco anticonformisti, lontani anni luce dagli speculatori megalomani che frequentano il mondo dell’arte mainstream.
Da un anno, inoltre, abbiamo lanciato una nuova collana, La biblioteca dell’amatore, in coedizione con l’editore francese Les arènes. È dedicata ai grandi protagonisti del design e dell’architettura, da Charlotte Perriand a Isamu Noguchi. Piccoli libri riccamente illustrati, da collezionare. Si rivolgono a un pubblico di non specialisti a cui offrono una panoramica sull’attività di queste importanti figure internazionali e sulle loro opere più iconiche.
Qual è il libro o autore che più vi rappresenta o al quale siete più legati e perché?
Farei prima a dire quelli a cui non siamo particolarmente affezionati, ma è meglio non fare nomi! Uno scrittore che sono contenta di aver fatto tradurre di recente è lo storico dell’arte e critico Jean-Yves Jouannais che ha dedicato anni di ricerca al tema della guerra realizzando un ciclo di performance-videoconferenze presso il Centre Pompidou dal titolo L’Encyclopédie des guerres, con l’obiettivo di catalogare tutte le guerre esistite nella storia dell’umanità. Il suo saggio L’uso delle rovine è un libro di una bellezza inquietante che riflette sulle vicende di ventidue personaggi di tutte le epoche storiche e aree geografiche coinvolti a vario titolo in altrettanti assedi di città. Gli appassionati di storia e di vicende belliche troveranno pane per i loro denti ma, al tempo stesso, la formazione artistica dell’autore e i forti legami che i personaggi del libro hanno con il mondo dell’arte e dell’estetica giustificano la presenza di questo titolo nel nostro catalogo.
Vi andrebbe di indicarci un editore indipendente di cui vi piace particolarmente il lavoro?
C’è l’imbarazzo della scelta perché sono tanti quelli che seguo, ammiro e spesso invidio. Uno fra tutti, Nottetempo. Fa un lavoro importante, che trasuda vera passione.
Qualche anticipazione sui libri in uscita nei prossimi mesi?
Stiamo mandando in stampa la biografia di Aby Warburg, il più visionario degli storici dell’arte e della cultura, il cui metodo – tutt’oggi attuale – ha anticipato di settant’anni gli studi di cultura visuale. È un libro abbordabile anche dai lettori digiuni, pur possedendo tutti i crismi scientifici per soddisfare gli studiosi esperti.
Un paio di titoli, con taglio diverso, sull’intelligenza artificiale e sul modo in cui questa tecnologia sta impattando anche sul mercato dell’arte e sulla produzione artistica.
Un breve saggio-pamphlet sul tema della valorizzazione del patrimonio artistico. Nel nostro paese siamo molto bravi nella salvaguardia dell’eredità culturale ma c’è ancora molto da imparare in termini di interpretazione e creazione di valore. L’interpretazione, insiste l’autore del libro, è “l’ultimo miglio” per far incontrare davvero patrimonio e cittadini.
È in preparazione anche la prima biografia di Lucio Fontana che ha avuto una lunghissima gestazione. Ma siamo in dirittura di arrivo.
Ultima domanda: il libro assolutamente da leggere almeno una volta nella vita.
In assoluto: La vita contemplativa o elogio dell’inattività di Byung-Chul Han (Nottetempo). Per provare a cambiare paradigma – anche nel mondo ipertrofico dell’editoria.
Dario Moalli
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