Burri e Mannucci – Una storia anni Cinquanta

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA SPAZIA
Via Dell'inferno 5, Bologna, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Dal martedì al sabato dalle 15.30 alle 19.30
La mattina su appuntamento.

Vernissage
19/10/2024

ore 18

Artisti
Edgardo Mannucci, Alberto Burri
Generi
arte contemporanea, doppia personale

L’esposizione si snoda tra confronti che rendono visivamente evidenti le “reciproche influenze” tra l’opera di Burri e quella di Mannucci.

Comunicato stampa

L’amicizia e la collaborazione artistica tra Burri e Mannucci nascono da un preciso
dato biografico: nel 1946 Burri rientra in Italia a seguito di un periodo di prigionia in
America e verrà ospitato da Mannucci a Roma sia a casa in via Mario de Fiori che
nello studio in via Margutta. I due costruiranno un sodalizio sia amicale che
lavorativo che confluirà in molte collaborazioni e nella comune vicinanza al gruppo
romano Origine, insieme a Ballocco, Capogrossi e Colla, tra il 1951 e il 1955.
I due artisti condividono alcune affinità umane e talune intellettuali, come per il
similare intenso amore per la propria terra e campagna: la terra umbra per Burri e
la campagna di Città di Castello; la terra marchigiana per Mannucci e la
campagna di Fabriano e Macerata. Ciò che, però, lega i due artisti a livello
lavorativo sono le fondamentali convinzioni formali comuni.
Il confronto tra i Rilievi di Mannucci e i Cellotex di Burri esposti in mostra rende
evidenti le “reciproche influenze” che hanno caratterizzato il rapporto tra i due
artisti, nonostante sussistano anche importanti differenze. Come scrisse Giancarlo
Politi, Appunti su Mannucci (da La Fiera Letteraria, Roma, 7 luglio 1963): “Mannucci
non urla come Burri. Né è come l’umbro violento e dolce, crudele e deluso, ironico
e sadico, nichilista e spietato. […] In Mannucci insomma c’è rassegnazione pure
nella disperazione. […] Burri celebra la civiltà della plastica irridendola e
sprezzandola con compiacenza; Mannucci invece celebra la civiltà dell’oro e della
pietra filosofale con convinzione e serenità”. Entrambi, Burri e Mannucci, vogliono
proporci due mondi senza speranza e senza illusione, ma se da un lato Burri impone
perentoriamente un tema unico, dall’altro Mannucci propone una molteplicità di
temi.
Un punto di contatto fondamentale tra i due artisti è il fuoco, piegato, però, ad
esigenze diverse. Per Mannucci il fuoco, nello specifico quello della fiamma
ossidrica, rappresenta il mezzo attraverso il quale si realizza l’atto creativo e gli
permette di stabilire un rapporto spontaneo e diretto con la materia; per Burri,
invece, il fuoco agisce per sottrazione, con l’annullamento della materia. Da un
lato, quindi, il fuoco come mezzo per trasformare e plasmare la materia, dall’altro il
fuoco che distrugge e devasta.

L’esposizione si snoda tra confronti che rendono visivamente evidenti le “reciproche
influenze” tra l’opera di Burri e quella di Mannucci: un Rilievo di Mannucci che
riecheggia un Cellotex di Burri, che a sua volta ricorda una Piastra dello scultore
marchigiano.
In conclusione, il legame che ha unito Burri e Mannucci si è declinato sia in affinità
caratteriali e comuni passioni, sia in stimolanti confronti sui loro lavori, sulle finalità
stesse dell’arte e dell’impiego della materia