Spinti dalla ricerca delle reti che determinano i sistemi viventi della nostra società, gli artisti Marguerite Kahrl, Alessandro Manfrin, Marjetica Potrč ed Eugenio Tibaldi, si incontrano in mostra a Torino. Abitare è relazione, identità culturale, un impianto di cordoni che legano l’uomo all’ambiente. Spesso questa appartenenza antica resta una teoria per l’essere umano, che con il passar del tempo tende ad annullare ogni connessione con l’ambito, spingendosi oltre la sua natura, distruggendo se stesso e il mondo.
Habitat: Antichi legami futuri dialoghi
La mostra si rivela un concreto passaggio dall’idea di identità fino alla sua messa in opera, non utopica ma fattibile, nuovo modo di appartenere alla terra. Primitivi equilibri si esplicano come monito, un mantra che si snoda attraverso segni e parole, una definizione di uomo e di ambiente, un equilibrio pensato per una perfetta convivenza, nell’appartenersi inevitabilmente. Il percorso esprime la sintesi tra la bellezza insita nei tesori della natura, l’abbondanza e un nuovo, possibile rapporto con essa in situ e locale.
La mostra Habitat a Torino
Lo spazio relazionale dell’essere è la seconda edizione di Post Scriptum, il format attraverso il quale la Galleria Simóndiogni settembre apre la sua stagione espositiva. Questa collettiva propone diverse letture, eleva il concetto di area ecologica, conducendola oltre i suoi stessi confini. Quattro artisti, quattro voci che all’unisono narrano l’esistenza umana attraverso dinamiche quali più remote, quali più moderne.
Le opere in mostra da Habitat
Due istallazioni aprono il percorso come portale tra il reale e l’ideale, Solo (2023) di Alessandro Manfrin catapulta l’osservatore in un richiamo urbano, proveniente da un tubo metallico posto di fronte a una bandiera Untitle with flag(2018) di Eugenio Tibaldi, volto di una identità nuova, sorretta da una canna da pesca, sinonimo di flessibilità, e mossa da un ventilatore, il tutto a rappresentare la vana idea umana di generare eventi naturali in maniera meccanica. Attraversando gli ambienti si passa ad una narrazione più antica, dove la pelle umana sta nella pelle di madre terra, Marguerite Kahrl e Marjetica Potrč offrono nuovi scorci concreti per fronteggiare il contemporaneo disequilibrio planetario.
L’opera di Alessandro Manfrin da Habitat
Come simposio finale, nella terza sala, un sunto delle realtà presentate: qui il binomio realtà/ utopia, architettura urbana/ecosistema si fondono in un concetto ampio e di nuova ispirazione, che pone il suo accento sul termine “sogno”, derivante dalla serie Hard Work Soft Dreams (2023) di Alessandro Manfrin, materassi urbani che irrompono nel quadro reale, e come uno slogan capitalistico invitano al lavoro duro facendo sogni tranquilli.
Grazia Nuzzi
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