Stefano Avalis – I see the celling from my bed
La mostra di Stefano Avalis, “I See the Calling from My Bed”, nasce dall’esperienza personale dell’artista durante un viaggio a New York. Immerso nella vastità della metropoli, Avalis riflette sul senso di isolamento che si avverte anche in mezzo a milioni di persone.
Comunicato stampa
Inaugurerà sabato 26 ottobre 2024 dalle ore 17.00 “I see the celling from my bed” la prima mostra personale, negli spazi della DINO MORRA_GALLERY di Stefano Avalis.
La mostra di Stefano Avalis, "I See the Calling from My Bed", nasce dall’esperienza personale dell'artista durante un viaggio a New York. Immerso nella vastità della metropoli, Avalis riflette sul senso di isolamento che si avverte anche in mezzo a milioni di persone. Osservando dall’albergo nel quale pernottava, Avalis si confronta con l'architettura monumentale e claustrofobica della città, dove l’assenza di orizzonti e il ripetersi ossessivo di palazzi e finestre sembrano rappresentare un vuoto opprimente.
Attraverso le sue opere, l’artista cattura il contrasto tra la rigidità della vita urbana e la libertà della natura, esplorando il conflitto tra spazi chiusi e aperti, cemento e paesaggio. Questo progetto è il primo passo di un viaggio artistico che porterà Avalis a esplorare altre grandi città, cercando di rappresentare il respiro spezzato e il dualismo emozionale di queste "gabbie di umanità".
Un percorso visivo che invita a riflettere sull'alienazione urbana e sulla ricerca di spazi di libertà.
In allegato il testo completo dell'artista, che approfondisce la genesi e il significato di questo lavoro.
L’evento si inserisce nell’ambito degli Art_Days – Napoli_Campania
Si ringrazia: l’ Artista, Ernesto Esposito, Andrea Morra, Ad Maiora (per il supporto informatico)
DINO MORRA_GALLERY
v. Alabardieri 1_ 80121 Napoli [email protected]
STEFANO AVALIS
Tutto comincia con un viaggio a New York, metropoli di un altro mondo, distante e lontano. Ero da solo in una stanza d' albergo, fuori il freddo, quell' aria gelida che nelle città moderne non lascia spazio alla natura, perché è domata dai termosifoni, dall' aria condizionata, quella arida perfezione tecnologica che è ovunque negli Stati Uniti. Avevo il desiderio, quasi primitivo, di aprire l'aria vera, quella che non passa attraverso filtri artificiali. Le apro e nel momento in cui i miei occhi si abituavano alla vista, mi accorgevo di essere circondato da palazzi immensi, distese verticali di cemento che si ergevano come monumenti al vuoto, un vuoto che non è assenza, ma sovrabbondanza. I palazzi che non terminano, non lasciando scappare lo sguardo oltre. Tutto è serrato, intrappolato in una infinita ripetizione di finestre, vite sigillate dentro altre vite. E in quel preciso istante un forte senso solitudine mi attraversa, non è mancanza, sentimento che si prova in assenza degli altri, ma ciò che si sente anche quando si è in mezzo alla folla, tra quei giganti di pietra e vetro che sembrano divorare il cielo. Così mi sono chiesto: coloro che vivono in questo universo di geometrie perfette e spietate hanno mai visto il mare, camminato su una spiaggia al tramonto, sentendo il vento portare il profumo della terra e dell'acqua o sentito il profondo respiro di una valle verdeggiante? E allora ho capito la ragione per cui le persone nelle metropoli sembrano chiuse, introverse, lontane. Ciò deriva dal loro vivere in uno spazio privo di aperture, di ampio respiro, del tutto alieno all'orizzonte. Ed io, che vengo dal Piemonte, terra in cui il cielo sembra aprirsi su distese che non conoscono limiti, in cui il verde si distende come un mantello sotto il cielo, ho percepito in modo bruciante il peso di quel confine invisibile che New York impone ai suoi abitanti. Da questa nuova consapevolezza scaturisce la mia esigenza di disegnare su tela quel claustrofobico senso di chiusura, quella sensazione di essere inghiottito da una città che non lascia spazio, rappresentando ciò che vedevo dalla finestra: porzioni di mondo che sembrano ritagliate con precisione chirurgica, frammenti di una realtà serrata. Questo è solo l' inizio, la prima tappa di un lungo viaggio attraverso le grandi città del mondo per immortalare con il pennello il loro respiro spezzato, svelando il contrasto esistente tra il dentro e il fuori, il chiuso e l' aperto, il cemento e la terra, evidenziando un affascinante dualismo, deriva emozionale all' insegna dell' uno e molteplice che diviene paradigma di vita ed esperienza di questi giganteschi contenitori di umanità.