A Roma la mostra sacrale di Gregorio Botta ispirata a un mistico del Cinquecento
Sono i versi di San Giovanni della Croce, mistico spagnolo del XVI Secolo a guidare Gregorio Botta nella sua mostra alla Fondazione VOLUME! di Roma. Tre ambienti che passano dall’oscurità alla luce per indagare il sacro attraverso l’arte
Ombra, nella quale muoversi cauti. Penombra, ove comincia la messa a fuoco dell’occhio. E infine luce di caratura sacrale. Sono questi gli ambienti con i quali la Fondazione VOLUME! di Roma invita gli artisti a confrontarsi in un ciclo cominciato tre anni fa. Ambienti che ora accolgono e custodiscono il percorso intimista di Gregorio Botta (Napoli, 1953) allestito per la mostra “Essendo la mia casa addormentata”. L’artista, già nel titolo, poi nelle opere, si ispira ai sibillini versi della Notte oscura concepiti da San Giovanni della Croce (Fontiveros, 1542-1591), mistico e sommo poeta spagnolo.
La mostra di Gregorio Botta a Roma
Estando ya mi casa sosegada è un invito a porsi nella condizione di un raccoglimento, tra sonno e veglia. O almeno un tenue avviso rivolto alla fruizione. Si sta entrando in quella dimensione che il filosofo Gaston Bachelard (Bar-sur-Aube, 1884 – Parigi, 1962), nel suo Le dormeur éveillé, definiva rêverie. Una deriva che scinde l’essere dal mondo delle ideee lo fa scivolare dolcemente in quello più affine delle immagini. Lungo l’iter espositivo, Botta sembra aver fatto sua la dottrina del Santo spagnolo: l’uomo deve attraversare tre fasi – una limbale, una illuminativa e una unitiva – purificandosi per giungere alla confluenza con il Divino.
Il primo ambiente della mostra di Gregorio Botta alla Fondazione VOLUME!
Il passaggio limbale dell’incipit contempla tre angeli: L’angelo della lanterna, quello dell’ombra e quello della fonte. Sculture architettoniche in cera, concepite con la stessa “logica dello spioncino”: vi si accede con lo sguardo in uno stato di ingenua meraviglia, per fruirne scorci ineffabili. Fiammelle rotanti, piccoli oggetti vitrei, riflessi, bianchi simulacri dalle parvenze di fonti battesimali in miniatura. Questi reliquiari angelici rappresentano dei vademecum per proseguire il viaggio.
Le opere di Gregorio Botta in mostra a Roma
Seguono opere in carta cerata. Dapprima scure, poi gradualmente più chiare, entro le quali si palesano elementi simbolici: l’arco che riecheggia la pala d’altare, sagome a gruppi di tre, numero trinitario, linee nere su fondo opalescente, il pellegrinaggio dell’esistenza. E non ultime alcune coppe, forme arcaiche ed arcane, che dalla stilizzazione delle mani giunte, rimandano all’enigma del femminino. Intanto, da un vano, la voce registrata di Sergio Rubini (Bari, 1959) recita in sottotono i versi cinquecenteschi del mistico.
Il percorso si chiude con l’unità: nel chiarore più indistinto, si richiede la contemplazione a distanza di un’ultima opera-tassello. Forse è il locus di compenetrazione con il sacro, forse solamente un sogno.
Francesca de Paolis
Libri consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati