Age-friendly museum. Verso un museo a misura (anche) di anziani
Quanto sono accessibili i musei italiani per le persone anziane? Una domanda che tocca una delle frontiere della museologia del futuro in una società dalle aspettative di vita sempre più lunghe
“Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità e di godere delle arti”. La Dichiarazione dei Diritti Umani parla chiaro: chiunque deve poter accedere alla cultura, e dunque ai luoghi in cui questa si sviluppa ed è fruibile. I dati raccolti sul territorio italiano, però, comunicano una situazione contraddittoria a questo diritto.
Per quel che riguarda la fascia più anziana della popolazione (65 anni e più), solo il 24,6% anziani ha visitato un museonel 2018, a dispetto di ciò che si potrebbe pensare. Non basta il tanto tempo libero della pensione. Ad allontanare dai luoghi della cultura ci possono essere diversi ostacoli e difficoltà, che rendono i musei scomodi, fonte di disagio o del tutto inaccessibili. E molti dei motivi principali si riconducono al corpo segnato dall’età. Un corpo certo diverso da quello degli adulti in forze, dai giovani, e persino dalle persone con disabilità, in cui spesso gli anziani sono genericamente inclusi. E ciò che rende tutto più difficile è lo stigma diffuso attorno alle persone anziane, viste come ipersensibili, poco produttive, scomode da gestire, e persino un fardello sociale.
L’importanza dell’accessibilità per gli anziani
Se però si considerano le stime per il futuro – nel 2050 gli over 65 saranno circa il 35% della popolazione mondiale (ilSole24Ore, 2024) con picchi nei Paesi dell’Occidente – ignorare e nascondere il problema è un palliativo dai minuti contati. E questo vale anche nel mondo della cultura e dei musei che – al contrario – potrebbero rivelarsi risorse straordinarie, fino ad ora quasi mai sfruttate. Sostenere che l’arte faccia bene a corpo e mente è ormai più che un detto comune: è un fatto scientifico. Le esperienze artistiche e culturali possono avere un impatto concreto sul benessere fisico, psicologico, mentale, e sociale, contrastando l’invecchiamento e le malattie annesse (demenza, Alzheimer, depressione…). Sono dunque occasioni di grande valore, tanto per la persona anziana, quanto per chi sta attorno e per l’intera società.
Parola d’ordine: accessibilità
Perché questo ideale si realizzi – perché i musei e gli altri luoghi della cultura diventino fucine di esperienze benefiche per gli anziani – c’è una precondizione: la piena accessibilità e la creazione di contesti e attività che rispondano ai bisogni specifici degli anziani, allontanando gli stigmi e promuovendo piuttosto un’attenzione e un’accoglienza inclusiva, che sappia valorizzare il patrimonio di storia, esperienze e vissuti, di chi ha alle spalle sessantacinque e più primavere. Corpo, mente, sensibilità: un profilo particolare da approcciare, quello delle persone anziane. Complesso, e che ancora trova poche risposte da parte dei musei. Si pensa ai bambini, alle persone con disabilità, e si semplifica includendoli in quest’ultima – generica – categoria, spesso demoralizzando il potenziale (mancato) visitatore. Ci sono numerosi studi e progetti che affrontano patologie particolari (Alzheimer, Parkinson e demenza) ma quasi niente rivolto a chi – semplicemente – non è più giovane, ma neppure soffre di simili disturbi. La scarsità di modelli su come comportarsi per accogliere questo pubblico finisce per allontanare, anziché stimolare a prendere l’iniziativa.
È ora di superare i pregiudizi, dando voce a questo target potenzialmente di grande valore – i dati ci dicono che i (pochi) visitatori anziani sono anche i più affezionati, con un 12% (risultato migliore) di visite ripetute nel 2018 (fonte: ISTAT) – e del tutto inesplorato.
Comfort senza divisioni. Il profilo del museo accessibile
Date le necessità e le caratteristiche delle persone più anziane, un museo age-friendly deve fornire adeguate risposte. Risposte utili ad assecondare le fragilità corporee, mentali e sensoriali, che mirino a unire i pubblici e non a dividerli. Non c’è nulla di più desolante – per chi è consapevole di avere qualche difficoltà – del sentirsi stigmatizzato e separato dagli altri nelle esperienze. Come esplicita il principio dello universal design – suggerito tra le linee guida museali del MIC – ciascuna soluzione deve puntare alla fruizione universale, e non a creare strade separate.
Finora, i pochi studi specifici sull’argomento hanno identificato nove dimensioni di accessibilità museale – formulate a partire dai bisogni prima discussi – che potrebbero impattare l’esperienza di visita delle persone anziane. Ciascuna merita attenzione, con l’intento di mettere a punto azioni a supporto che consentano a ciascuno di vivere esperienze di qualità secondo i propri bisogni.
Il primo aspetto – quello più evidente – riguarda l’accessibilità fisica, migliorabile con la realizzazione di ascensori, rampe e servizi igienici adatti a tutti indifferentemente. Molto importante è poi assicurare il comfort di visita, che richiede silenzio, tranquillità, e spazi in cui ci possa riposare durante la visita. Mentre panche e sedie distribuite su tutto il percorso alleviano la fatica fisica, uno sviluppo strategico del calendario di visite e attività per il target più anziano possono garantire esperienze prive del disagio causato dal sovraffollamento degli spazi. Scegliere fasce orarie “protette” – come il primo pomeriggio dei giorni feriali – è una buona regola non scritta da adattare al contesto museale.
Come rendere un museo age-friendly?
Si passa poi a riflettere sulle complicazioni sensoriali, dovute a problemi di udito o di vista, frequenti con l’età. In merito a ciò, si consigliano approcci easy-to-read (uno stile di scrittura facilitato in font, dimensioni e contenuto) ad alcuni supporti scritti – mobili e fissi – accanto a guide e personale formato, che sappia tenere un tono di voce forte, chiaro, e dalla velocità moderata. La formazione dello staff è utile anche per risolvere le difficoltà di interazione sociale che gli anziani posso incontrare al museo. Avere qualcuno consapevole su come gestire al meglio le attività di gruppo è infatti determinante per il successo delle attività, che dipendono molto dal clima e dalla fiducia che si costruisce tra i partecipanti.
Un altro aspetto chiave riguarda l’accessibilità dei contenuti culturali. La scelta dei temi, delle opere e degli artisti, è molto delicata e deve valutare diversi aspetti. Da un lato, il livello di difficoltà va moderato, soprattutto se il target è dichiaratamente soggetto a disturbi cognitivi (come Alzheimer o demenza). Semplicità e connessione con aspetti familiari o quotidiani sono le strategie guida più consigliate. In merito ai soggetti artistici su cui incentrare le attività, molti dei musei intervistati cercano storie legate al vissuto degli anziani, o che possano essere fonte di ricordi positivi. Da evitare – come racconta l’esperienza del MA*GA – sono i temi esplicitamente connessi al corpo, o alla riflessione sulla propria persona. Molte persone hanno infatti timore di guardarsi allo specchio, incapaci di riconoscersi. La delicatezza di questa questione è un rischio che – senza un progetto specifico alle spalle – è meglio non affrontare in contesto museale.
Gli ultimi aspetti chiave da considerare sono la raggiungibilità del museo – che deve tenere conto dei mezzi di spostamento usati e dell’importanza di prevedere parcheggi e fermate taxi/bus nei dintorni – e la comunicazione. Quest’ultima e forse uno dei più rilevanti e che più può influenzare la partecipazione del pubblico anziano. Considerando le preferenze di canali e le fonti informative più utilizzate dagli anziani, diventa importante sviluppare campagne promozionali ad hoc. Gli studi e l’esperienza suggeriscono di investire sui media tradizionali, ma ancor più su quelle persone o associazioni capaci di fare da “tramite” tra il museo e il target finale. Si parla di centri per anziani e case di cura o riposo, ma anche sui loro familiari più giovani e sui coetanei “già visitatori”. In questi casi, il passaparola di amici e parenti è il miglior canale di comunicazione che si possa pensare.
I musei age-friendly in numeri
Secondo quanto riportato dall’ISTAT nella più recente Indagine sui musei e le istituzioni similari (2018), c’è ancora un po’ di lavoro da fare prima di poter raggiungere un buon livello di accessibilità. Considerando un totale di 3.501 musei attivi, e un complesso di visitatori (record rispetto agli anni precedenti) di oltre 63 milioni, gli anziani non superano il 20%. Le percentuali maggiori si registrano al Sud, ma il dato è poco indicativo, considerando il grande numero di turisti giovani che frequentano le grandi città del Centro e del Nord. A livello di popolazione italiana, gli over 65 che hanno visitato almeno un museo nel periodo di riferimento sono il 24,6%. Vale però il detto “pochi ma buoni”. Si tratta infatti del target di età più fedele in termini di assiduità di presenza – una potenziale miniera d’oro per i musei che riescono a conquistarne la fiducia – con il 12% di individui che hanno visitato più volte un museo nell’anno. In paragone, i giovani tra gli 11 e i 17 si attestano al 6% scarso.
Le strutture e i servizi museali per l’accessibilità
Analizzando lo scenario in termini di strutture e servizi adeguati a soddisfare molti comuni bisogni dei visitatori più fragili, si notano luci e ombre. L’Italia è storicamente tra i Paesi più all’avanguardia in termini di misure per l’eliminazione delle barriere architettoniche (le prime regole risalgono al 1971). I musei riflettono almeno in parte questa realtà, con il 63% di strutture adeguate. Ma si cade altrove.
Solo il 34% ha personale di assistenza disponibile, e pochissimi (15%) offrono materiali e percorsi a supporto di coloro che hanno esigenze di udito e vista, o ridotte capacità cognitive. Nonostante sia chiara l’importanza di disporre di sedute e aree di sosta lungo il percorso, solo un museo su tre sembra essere attrezzato. Un ultimo dato da citare riguarda le campagne di comunicazione dell’offerta e delle attività culturali. Un quarto i musei che nel 2018 hanno organizzato una campagna specifica per il target di persone anziane. I riconosciuti effetti molto positivi di queste azioni promozionali (fonte: Giammanco et al., 2022) suggeriscono che sia uno dei primi aspetti su cui i musei che vogliono essere age-friendly devono lavorare.
L’opportunità di investire in accessibilità museale si è presentata proprio di recente, con i fondi messi a disposizione dal P.N.R.R. per il triennio 2022-2025. Una parte di essi è infatti destinata agli interventi in archivi, biblioteche e musei. I progetti sono in itinere, il tempo ne rivelerà gli effetti.
Emma Sedini
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