Il tempo del presente è virtualizzato. Anche nel pensiero culturale
La nostalgia azzera tutto e così anche la successione dei decenni subisce una distorsione. E così dagli Anni Novanta in poi il tempo diventa una linea orizzontale
Niente del mio passato mi rattrista.
È un sogno ogni istante che ho vissuto,
un abbandono mai incontrato, e al contempo
una completa sovrapposizione con l’adesso,
presente e passato accavallati come abiti
poggiati sopra un letto, in attesa di essere
indossati uno sull’altro.
ISABELLA SANTACROCE,
MAGNIFICAT AMOUR (2024)
Il tempo – questo tempo – è virtuale. Virtualizzato: “(…) gli anni in cui tutto è diventato virtuale, pure la successione degli equinozi, nel silenzio delle sparatorie. Un anno non definito, quell’anno, quest’anno, ma che continua a pulsare nelle nostre tempie e non finisce di compiersi del tutto. Prossimo all’adesso con reverenza e brutale pietà” (Aldo Nove, Pulsar, Il Saggiatore, Milano 2024, p. 235).
Questo tempo (diciamo gli ultimi dieci-quindici anni) si è virtualizzato sempre di più: si è distaccato dalla matrice originaria. Si è dunque separato da una possibile sequenza lineare.
La metà degli Anni Novanta rappresenta il momento storico a partire dal quale si diffonde internet come modalità di pensiero: non è un caso che da lì in poi scarseggino movimenti artistici e sottoculture degni di nota. Svanisce e si estingue cioè il mondo culturale, che è fatto di opere e autori, ma anche di un contesto fisico e comunitario, di stili che riguardano più territori in parallelo e che influenzano a loro volta scelte e comportamenti.
Il pensiero culturale negli Anni Novanta
Il mondo culturale sparisce (“I wonder what happened to that boy / and the world he called his own”: The Cure, Endsong). Per essere sostituito da qualcosa di molto più impalpabile, impersonale, freddo, immateriale – e al tempo stesso confortevole.
Il pensiero culturale e l’esperienza culturale che seguono, che vengono dopo, sono come l’esperienza del mondo corrispondente: sempre più smaterializzati, disconnessi. Ascolto i brani e gli album da un file, che è puro suono digitalizzato, sganciato sia dal supporto che dal packaging (copertina, libretto, grafica, ecc.) che dalla possibilità di andare a un concerto e sentiere/vedere il gruppo dal vivo, o di parlarne al limite in un negozietto di dischi con altri fissati come avviene in Alta fedeltà (1995) di Nick Hornby. Così, la mia e la nostra esperienza del tempo artistico e culturale, mentre conquista mete e orizzonti, si sgancia sempre più dagli appigli concreti che sostanziavano, prima, questa esperienza. Oggetti, souvenir, gadget, tracce, foto sviluppate… Il tempo perde materia, acquista vaghezza.
Il tempo e la cronologia dopo gli Anni Novanta
Fino agli Anni Novanta, infatti, possiamo visualizzare mentalmente i decenni, la loro identità stilistica (per quanto semplificata) e la loro sequenza. Anni Venti; Anni Trenta; Anni Quaranta; Anni Cinquanta; Anni Sessanta; Anni Settanta; Anni Ottanta; Anni Novanta. Poi, a partire dagli anni Zero di questo secolo (che comunque conservano una sostanza propria, per quanto sfilacciata e sfrangiata…), tutto diventa molto più sfumato, più confuso. Anche perché interviene la nostalgia della nostalgia.
Questa particolare esperienza del tempo si riflette, naturalmente, oltre che sul presente anche sul passato e sul futuro. Le dimensioni divengono indistinte, allo sguardo, generazione dopo generazione. La percezione del tempo si accavalla, si arrotola su se stessa, si appiattisce: “una completa sovrapposizione con l’adesso, presente e passato accavallati come abiti poggiati sopra un letto, in attesa di essere indossati uno sull’altro” (Isabella Santacroce). Il presente continuo, perpetuo, invade il passato e il futuro: ieri e domani sono colonizzati da un gigantesco, onnipresente oggi.
Il tempo della nostalgia
In questo senso, la nostalgia non contraddice affatto la cancellazione del tempo, ma lavora anzi a suo favore – adeguando i pezzi del passato al nostro tempo. Il rimpianto (soprattutto rivolto a qualcosa che non si è mai vissuto direttamente, e che in definitiva non c’è mai stato, non è mai esistito) è un processo di adattamento sottile, e di “contenimento” del passato. La nostalgia azzera il tempo nel momento stesso i cui finge di salvaguardarne gli elementi-chiave. Essi sono in realtà gli elementi che hanno superato il vaglio della nostalgia stessa, vale a dire immancabilmente quelli più innocui.
Christian Caliandro
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