Cento anni di Enrico Baj
L’esposizione “Cento anni di Enrico Baj” è l’omaggio che Guastalla Centro Arte dedica a Enrico Baj, uno dei maestri della neoavanguardia italiana e internazionale, in occasione del centenario della nascita, anniversario celebrato anche da una importante retrospettiva in corso a Palazzo Reale di Milano.
Comunicato stampa
L’esposizione “Cento anni di Enrico Baj” è l’omaggio che Guastalla Centro Arte dedica a Enrico Baj, uno dei maestri della neoavanguardia italiana e internazionale, in occasione del centenario della nascita, anniversario celebrato anche da una importante retrospettiva in corso a Palazzo Reale di Milano.
In mostra saranno esposte 55 opere realizzate dal 1961 al 2003, dipinti, maschere, sculture, multipli, tutte pubblicate sul catalogo a cura di Marco e Laura Guastalla, con una introduzione di Giorgio Guastalla, che con Baj ha avuto una lunga frequentazione e amicizia sin dagli anni ’70.
La mostra cronologicamente inizia con “Dame avec papillon” del 1961, oggetti, collage, pastelli su stoffa, una delle prime e più importanti opere della serie dedicata alle Dame, i toni cromatici sono duri, ancora quasi monocromi, con prevalenza del marrone e un accenno di verde, ma le applicazioni caratterizzano e addolciscono la figura; dell’anno successivo, un collage, carboncino su carta dal titolo “Il giardino delle libertà”.
Opere come “Very important person, 1969” e “Generale, 1973” raffigurano i famosi personaggi decorati, che tanto caratterizzeranno il lavoro seguente di Enrico Baj che a loro dedicherà gran parte della produzione artistica e della sua riflessione poetica, diventando quasi una lente attraverso la quale guardare il mondo e la sua evoluzione.
A tal proposito scrive lo stesso Baj : “questi vennero fuori dalle mie ‘montagne’ iniziate qualche anno prima per un processo di identificazione antropomorfica sovente riscontrabile nel mio lavoro. Queste ‘montagne’, dimostrarono una tendenza a personificarsi, assumendo l’aspetto stesso della brutalità e della prepotenza.
Vi aggiunsi, quasi sbadatamente, alcune medaglie e gradi militari e il gioco era fatto: ne venne fuori un primo generale cui ne seguirono molti. Anche di militari semplici o sottufficiali. Essere decorati, ricevere una medaglia da appendere sul petto è il sogno di tutti. Essere generali, comandanti, professori, commendatori, cavalieri, poter impartire ordini, disporre delle cose e degli eventi, è la nostra più riposta ambizione.”
Significative le opere realizzate nel corso degli anni ’70 rappresentanti gruppi di figure indaffarate in meeting e riunioni politiche dove i personaggi assumono toni ironici e talvolta grotteschi: “Political meeting” del 1968, “Riunione meeting” del 1971 e “Meeting” del 1974 ne sono un esempio presente in mostra.
Prosegue la mostra con una serie di maschere tribali, assemblaggi realizzati con gli scarti della civiltà moderna per creare ironiche e coloratissime maschere che rappresentano come oggetto “l’ultima via d’evasione per mezzo della copertura e della simulazione del volto”. Baj ama molto questa produzione e sono note le tante foto che lo ritraggono nel suo studio davanti alla parete con le maschere appese.
Un altro nucleo di opere in mostra è rappresentato dalla serie “Ububaj in Svizzera”, sei divertenti tecniche miste realizzate con acrilici e collage su cartolina, dove il personaggio di “Ubu” viene inserito nel paesaggio svizzero quasi a volerlo colonizzare.
Una sezione importante dell’esposizione è dedicata a numerosi multipli, tra cui quelli realizzati per le edizioni Graphis Arte come i due generali del 1972 su stoffa e gli omaggi ad Amedeo Modigliani eseguiti espressamente nel 1984 in occasione del centenario della nascita del grande artista livornese.
L’opera di Baj si contraddistingue sicuramente per l’ironia dissacratoria che accompagna tutta la sua produzione artistica e per il continuo rinnovarsi dell’espressività e delle tecniche utilizzate; è uno degli artisti che meglio interpreta le contraddizioni dell’uomo moderno e all’uomo e alle sue vicende sempre si riferisce.
Scrive egli stesso nel 1990: “con la pittura (o la scultura), lanci dei messaggi, cioè delle informazioni e quindi spero che la mia pittura fornisca essa pure delle indicazioni, delle notizie: che dica qualcosa di noi e dei nostri comportamenti, di gioie e dolori, di vita e di morte. […] Che la si chiami dissacratoria o volgare o ironica, io credo di aver sempre svolto un’arte legata alle vicende dell’uomo”.