C’è un Pablo Picasso in cima al grattacielo di Libeskind a Milano. (E puoi salire gratis)
Per tre weekend di novembre il grattacielo milanese apre al pubblico il suo 27esimo piano, ospitando “La Loge” di Picasso. L’opera praticamente mai vista esce in anteprima dai depositi di Brera, in attesa della futura collocazione a Palazzo Citterio. Un’occasione imperdibile
Dopo aver ospitato nel 2022 il Ritratto di Giuliano de’ Medici, la Torre Libeskind dove ha la sede la società di consulenza PwC torna a fare da cornice a una mostra esclusiva. È la seconda edizione di Sguardi dalla Torre – iniziativa inserita nel più ampio programma di PwC per la Cultura, promosso dall’omonima azienda – realizzata in collaborazione con la Pinacoteca di Brera. Dal Rinascimento fiorentino ci si sposta all’arte moderna del Novecento, ammiccando in direzione dell’inaugurazione di Palazzo Citterio, prevista per il prossimo 7 dicembre.
Il protagonista dell’evento è La Loge di Pablo Picasso: un’opera molto particolare, tanto nell’entità, quanto – e forse ancora di più – nella sua storia curiosa. Si tratta infatti di un pezzo di scenografia dipinta in origine per un balletto. Una testimonianza cardine del fervore di relazioni culturali intessute da Picasso a Parigi tra gli Anni ‘10 e ‘20. Relazioni che trascendono la sfera meramente pittorica, per estendersi al teatro, alla musica alla danza. E persino ai legami sentimentali dell’artista stesso.
Il dipinto – collocato in un incredibile allestimento immersivo che guarda sopra Milano dal 27esimo piano – è visibile al pubblico nei tre weekend consecutivi dal 9 al 24 di novembre con prenotazione gratuita.
Per punti
Il progetto di PwC per l’arte e la cultura
PwC per la Cultura riconferma il suo impegno per Milano
“Sguardi dalla Torre è un’iniziativa parte non tanto di un ‘progetto’, quanto di un ‘impegno’”. Sono le parole di Alessandro Grandinetti, Partner, Clients and Markets Leader di PwC Italia. Se ne coglie subito il senso guardando alla realtà di questa grande azienda internazionale. Oltre 9.000 persone, ciascuna con un ruolo essenziale nel suo essere “parte” di questo organismo fondato sulle capacità ideative e di risoluzione di problemi umane. A livello di organizzazione, contribuire allo sviluppo culturale del Paese significa dimostrare di avere a cuore ognuna di loro. Significa offrire nuove occasioni per accrescere il capitale intellettuale e umano. Dentro e fuori dai confini aziendali.
L’arte entra in azienda con PwC per la Cultura a Milano
Che cosa vuol dire portare una mostra d’arte – nello specifico un’opera di Picasso – al 27 esimo piano di un grattacielo come quello di PwC? Una domanda da affrontare su due livelli. In primo luogo, si tratta di un’iniziativa che fa leva sul valore strategico e propositivo della cultura. È un modo per stimolare la creatività. Nel pubblico, quanto nel proprio personale. E la creatività scuote a sua volta l’intelletto, che poi si mette in modo con energia e passione: qualità quanto più desiderabili in un momento come quello attuale, in cui tutta la società è chiamata a reinventarsi e adeguarsi alle nuove necessità. Servono idee, serve creatività per mettere a punto modelli di business e soluzioni capaci di affrontare la transizione tecnologica ed energetica in corso. L’arte – campo dell’innovazione per eccellenza – può aiutare in questa sfida.
L’arte in azienda: un motivo di orgoglio
E veniamo al secondo livello delle conseguenze di questa iniziativa artistica in cima alla Torre Libeskind. Organizzare una mostra in un contesto lavorativo significa muovere un numero incredibile di attori al suo interno. Significa rivoluzionare completamente gli ambienti coinvolti – si pensi al piano espositivo, che da spazio di lavoro diventa setting adatto a ospitare una grande opera – e le persone che normalmente vi svolgono le loro attività. In tutti i giorni aperti alle visite, infatti, nessuno di loro vi può accedere per lavorare.
Tuttavia, questa rivoluzione è anche un motivo di orgoglio. Lo confermano le parole di Chiara Carotenuto, Communication, Engagement and Branding Director di PwC, che racconta come “ospitare negli spazi che normalmente usiamo per riunioni e meeting sia molto importante in chiave di condivisione valoriale all’interno dell’azienda”. Con queste iniziative “le persone si sentono riconosciute come ‘di valore’ e comprendono l’utilità dell’arte come fattore lungimirante che guarda oltre al futuro. Un potenziale chiave per affrontare un momento turbolento e di cambiamento come il nostro”.
Picasso in mostra in cima alla Torre PwC a Milano
Il Patto per Brera come radice della mostra
Alla base di tutto questo progetto c’è una promessa. Un impegno lungo almeno per i prossimi quattro anni, che vede il vertice di PwC, Giovanni Andrea Toselli, sedere accanto al neodirettore della Pinacoteca di Brera, Angelo Crespi, nella guida del futuro del Museo. “Quando sono diventato direttore, avevo già le idee chiare su una cosa: costruire un Patto per Brera. Un Patto di persone, non di aziende, da avere vicino per occuparmi del suo futuro”. Toselli è stato il primo ad aderire alla proposta, accettando – come uomo dietro all’azienda – di sostenere anche economicamente i prossimi anni di attività della Pinacoteca. Questa mostra è un primo modo per dimostrare la riconoscenza del Museo nei suoi confronti.
Picasso e PwC: un’analogia oltre la mostra
Perché – tra tutte le opere in collezione – proprio Picasso? “Picasso perché è un nome” – commenta il direttore Crespi – “è il genio del Novecento, che negli Anni Venti a Parigi si trovava al centro di un fervore culturale incredibile. E poi, si tratta di un’opera che non è quasi mai stata esposta (solo per poco nel 2019). Terzo motivo: la sua storia. Particolarissima, che la rende pretesto per riflettere su più livelli di significato, apprezzando la centralità dell’artista nel contesto dell’epoca e i suoi rapporti con un personaggio, Djagilev, che fece cose incredibili nel balletto e nella musica di allora”. Ma c’è di più: se si pensa al carattere multiforme e multimediale della produzione di Picasso – l’artista che più di tutti ha saputo reinventarsi per tutta la vita – si trova anche un’analogia con PwC stessa. Si tratta infatti di un’organizzazione il cui business funziona grazie alla somma di persone molto diverse, con competenze e ruoli altrettanto variegati. Il molteplice domina in entrambi i casi.
La Loge di Picasso in mostra a Milano
La storia dell’opera
Se parte del valore dell’opera è dato dal suo background storico-culturale, vediamo di ripercorrerne i punti chiave. Siamo a Parigi, all’inizio degli Anni Venti, dopo un decennio fervido tanto per Picasso, quanto per il resto del mondo dell’arte, compresa la scena teatrale. È lì che si afferma l’impresario russo Sergej Djagilev, fondatore dei Ballets Russes, che rivoluziona musica, danza e teatro. È lui a portare sul palco gli stravolgimenti di Stravinskji e degli altri personaggi parte delle Avanguardie contemporanee, tra le quali non mancano le collaborazioni artistiche. Matisse, Mirò, Depero, e ovviamente Picasso, che sposerà anche una delle ballerine della compagnia, Olga Khokhlova.
È in questo frangente che nasce l’opera in questione. È in origine pensata come scenografia teatrale – utilizzata poi per pochissime repliche – di accompagnamento a Cuadro Flamenco, balletto messo in scena da Djagilev nel 1921. Subentrando all’incarico inizialmente affidato a Juan Gris, il pittore spagnolo mette a punto un vero “teatro nel teatro”.
Nel ‘26, viste le difficoltà economiche della compagnia di Djagilev, la scenografia viene tagliata e poi rivenduta in più pezzi. Tutti ovviamente firmati da Picasso. Qualche tempo dopo, uno di questi arriva nelle mani del gallerista milanese Sacerdoti. Franco Russoli – allora direttore di Brera – intende acquisirlo per La Scala, che però manca di fondi sufficienti. Così, l’opera viene alla fine acquistata dal Museo, dove vi arriva in condizioni pessime. Non sarà mai esposta fino al 2019, al termine del restauro del 2015. Il suo prossimo futuro è Palazzo Citterio, dove sarà collocata da maggio dopo l’anteprimissima da PwC.
La Loge di Picasso: l’opera
Come ormai dovrebbe essere chiaro, l’opera originale era una scenografia, pensata per accompagnare i danzatori di Cuadro Flamenco. L’idea di Picasso è fin da subito di realizzare un teatro nel teatro, ossia di riprodurre in questo allestimento il palco stesso, con tanto di soffitto, due ordini di palchetti attorno e scenografia retrostante raffigurante uno scorcio del Vesuvio. L’architettura è in Stile Impero: un tripudio di velluti rossi e stucchi bianchi e oro, che si sarebbero sposati benissimo con gli ambienti della Scala milanese.
A completare la ricostruzione del teatro c’è il pubblico che si affaccia dai palchetti. Due coppie in abiti da sera a sinistra, e due giovani raffinate dall’altra. Sono proprio queste ultime – le due donne che condividono lo stesso spazio – ad essere in mostra in Torre, portando a Milano un frammento di quel complesso scenografico maestoso che doveva essere l’originale.
Emma Sedini
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