Da ‘Briganti’ a ‘M. Il figlio del secolo’. Intervista all’attore Gianmarco Vettori

Mangiafuoco e trampoliere, Gianmarco Vettori è diventato noto con la serie Netflix "Briganti per poi diventare protagonista nel film internazionale "Shoshana" e nella serie Sky "M. Il figlio del secolo", presentata al Festival del Cinema di Venezia

Noto per eseguire personalmente le sue scene più rischiose – anche grazie alla sua formazione artistica, che include esperienze circensi come mangiafuoco e trampoliere –, l’attore Gianmarco Vettori (Nettuno, 1994) ha recentemente ottenuto visibilità a livello nazionale grazie alla serie Netflix Briganti (2024). Diventato poi protagonista nel thriller politico ambientato negli Anni Trenta “Shoshana“, diretto da Michael Winterbottom, e nella serie Sky M. Il figlio del secolo, tratta dal romanzo di Antonio Scurati e presentata al Festival del Cinema di Venezia, lo intervistiamo in collaborazione con gli studenti del corso Undergraduate Fashion Styling Polimoda.

L’intervista a Gianmarco Vettori

Hai un ruolo di rilievo nel prossimo film Shoshana diretto da Michael Winterbottom. Cosa puoi dirci del tuo personaggio e dell’ambientazione del film?
La storia di Shoshana è ambientata a Tel Aviv negli Anni ’38-’40, proprio nel periodo in cui stava per essere costituito lo Stato di Israele, e si ispira a eventi realmente accaduti. È un periodo di grandi tensioni tra le autorità britanniche, che cercavano di moderare il rapporto tra arabi ed ebrei, e la fazione di ebrei sionisti che riteneva che la costruzione dello Stato di Israele dovesse necessariamente passare attraverso la violenza. (Qualcosa che ci ricorda forse vicende attuali?) Il mio personaggio, Zelik Zak, è uno spietato terrorista che porta avanti con efferatezza la causa sionista, insieme al gruppo armato di cui fa parte, attraverso attentati, rapine e omicidi. Il film, in uscita il 27 giugno, ci mostra come la violenza e l’estremismo possano creare divisioni insanabili tra le persone.

Il recente successo con la serie Netflix Briganti ha attirato l’attenzione della critica e del pubblico. Come approcci la vasta gamma di personaggi che interpreti, da figure storiche a ruoli contemporanei?
Briganti è stato un viaggio incredibile. In quel caso, lo studio del personaggio è andato di pari passo con l’apprendimento del dialetto calabrese, grazie a un dialect coach, la preparazione fisica, l’equitazione e l’uso delle armi. Che si tratti di un personaggio contemporaneo o storico, per me è fondamentale una lettura attenta e minuziosa della sceneggiatura, alla quale torno più volte durante le riprese. Sento di essere anche molto istintivo, quindi cerco di avvicinarmi all’energia del testo già dal provino, utilizzando ogni elemento esterno, come vestiti o oggetti, che possa aiutarmi a entrare nel personaggio. Amo dialogare con il regista per comprendere il suo punto di vista e immedesimarmi nella sua visione, mettendo tutto in scena il prima possibile e lasciando che l’energia del set e degli altri attori completi il quadro.

La formazione artistica di Gianmarco Vettori

Il tuo background include abilità uniche come mangiare il fuoco e camminare sui trampoli. Come hanno influenzato queste performance la tua carriera di attore?
Sono sempre stato una persona curiosa, forse anche un po’ spericolata. Mangiare il fuoco e andare sui trampoli sono abilità che ho acquisito durante il mio percorso accademico al Centro Artistico Il Girasole di Nettuno. Questa curiosità e irrequietezza sono le stesse che mi hanno spinto a intraprendere questa carriera; tutto nasce dal desiderio di esplorare cose “altre”. A 20 anni ho iniziato a lavorare con un’agenzia di eventi, il Circo Nero, come trampoliere e sputafuoco, sia in Italia sia in Europa. Queste esperienze mi hanno permesso di entrare in contatto con tanti performer e con un pubblico molto vasto. Credo che queste abilità si siano sempre influenzate a vicenda, al punto che l’una non può esistere senza l’altra. Amo mettere a disposizione del personaggio più strumenti possibili, perché nella vita reale l’umanità è complessa e piena di sfaccettature, da cui possiamo attingere continuamente.

Come stuntman dei tuoi stessi ruoli, quali sono gli aspetti più difficili e gratificanti di eseguire queste scene da solo?
Per me, gli unici aspetti che mi vengono in mente sono quelli gratificanti. È vero che serve allenamento, dedizione e impegno, ma la possibilità di affrontare il lavoro con questi strumenti fisici e d’azione è un grande dono per un attore. È un’opportunità per rendere il lavoro più organico e, allo stesso tempo, molto più divertente, e secondo me migliora notevolmente la resa, perché sposta il lavoro su un piano fisico, allontanando il rischio di una rappresentazione eccessivamente cerebrale.

Ti vedremo prossimamente nel nuovo progetto Sky, M il figlio del secolo, per la regia di Joe Wright, presentato al Festival del Cinema di Venezia. Cosa puoi dirci del tuo personaggio?
M il figlio del secolo è tratto dal romanzo di Antonio Scurati e riadattato per la serie da Stefano Bises e Davide Serino. La storia racconta la nascita e l’ascesa del fascismo, dalla fondazione dei Fasci Italiani nel 1919 fino al discorso di Mussolini in parlamento dopo l’omicidio di Matteotti nel 1925. Il personaggio che interpreto è Dino Grandi, nato nel 1895 da una famiglia benestante romagnola. Dopo aver partecipato alla Prima Guerra Mondiale con gli alpini, Grandi si avvicina alla politica nazionale sotto l’influenza di Benito Mussolini. Nel 1920 subisce un attentato da parte di militanti di sinistra, e da allora rafforza la sua fede politica. Grandi, un personaggio controverso, fu eletto alla Camera nel 1924 e successivamente ricoprì vari incarichi, tra cui Ministro degli Esteri dal 1929 al 1932.

Com’è stato lavorare sul set?
Lavorare su questo set con Joe Wright, Luca Marinelli e tanti colleghi straordinari è stato altamente formativo e gratificante. Si percepiva quotidianamente un’atmosfera composta e concentrata, consapevoli di partecipare a una storia che riguarda tutti noi e che ha segnato profondamente il periodo in cui vivevano i nostri nonni. Questo ci rendeva responsabili dei nostri respiri, sguardi e dialoghi, consapevoli di fare la storia. Ho adorato ogni momento di scoperta e gioia, dalla prova costume al trucco, fino alla vestizione. Oltre al lavoro individuale su Dino Grandi, il regista ha voluto una acting coach per curare la preparazione fisica e mentale, affinché entrassimo in modo organico nei personaggi.

Alessia Caliendo

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Gianmarco Vettori indossa:
Shirt Anson Lin @farahzace
Trousers Versace
Boots Giuseppe Zanotti

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Alessia Caliendo

Alessia Caliendo

Alessia Caliendo è giornalista, producer e style e visual curator. Formatasi allo IED di Roma, si è poi trasferita a Londra per specializzarsi in Fashion Styling, Art Direction e Fashion Journalism alla Central Saint Martins. Ha al suo attivo numerose…

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