Venduta all’asta la prima opera d’arte creata dall’Intelligenza Artificiale. Che fine farà l’autorialità umana?
L’opera “AI God. Portrait of Alan Turing”, un ritratto del grande matematico inglese, è la prima opera d’arte realizzata dall'IA di un robot umanoide a essere venduta in un'asta di fama mondiale. Per 1,124 milioni di dollari
È possibile per le macchine creare arte? Il mondo è in rapida evoluzione e le persone si dividono tra gli entusiasti delle nuove tecnologie e i più cauti, preoccupati anche dalle loro ripercussioni sociali e ambientali. Nel mezzo arriva la notizia di un evento senza precedenti, la vendita all’asta da Sotheby’s dell’opera AI God. Portrait of Alan Turing (2024) realizzata dal robot umanoide Ai-Da, per 1.124.000 dollari. Ha quindi nettamente superato le aspettative di vendita (120 mila – 180 mila dollari).
Ai-Da, il primo artista robot
Ai-Da, il primo artista robot, è in grado di disegnare e dipingere grazie all’uso dell’Intelligenza Artificiale, a telecamere negli occhi e al suo braccio robotico. Creato nel 2019 da un team guidato da Aidan Meller, gallerista e fondatore di Ai-Da Robot Studio, con specialisti di IA delle università di Oxford e Birmingham, Ai-Da ha debuttato ad Oxford con una mostra personale dal titolo Unsecured Futures per poi aprire mostre in giro per il mondo.
AI God, l’opera realizzata dall’artista robot
L’opera in questione, AI God, di oltre 2 metri, è un omaggio al matematico inglese Alan Turing, uno dei padri dell’informatica moderna e dell’IA, ricordato anche per il suo contributo al cracking del codice Enigma utilizzato dai nazisti per le trasmissioni cifrate. La rappresentazione di Turing sembra voler offrire uno spunto di riflessione sull’impatto della tecnologia sull’identità umana e sulla creatività.
All’inizio del 2024, Ai-Da ha esposto AI God come parte di un polittico a cinque pannelli alle Nazioni Unite, durante l’AI for Good Global Summit di Ginevra. Il polittico comprendeva anche il dipinto di Ada Lovelace, da cui prende il nome, matematica e visionaria dell’informatica, e un autoritratto della stessa Ai-Da. Attraverso questi riferimenti Ai-Da collocava la sua arte insieme a pensatori pionieristici come Turing e Lovelace.
L’arte dell’Intelligenza Artificiale e il robot Ai-Da
L’opera invita a riflettere sulla domanda di Turing: “Le macchine possono pensare?”. Il lavoro di Turing è stato fondamentale per l’esistenza di Ai-Da. Creando l’opera AI God il robot Ai-Da onora Turing come un “dio” dell’IA, una figura il cui ingegno scientifico ha reso possibile la sua esistenza. Uno sguardo al passato quindi, ma anche a un futuro in cui l’Intelligenza Artificiale e la creatività umana possano convergere.
Quest’opera spinge senza dubbio gli spettatori a considerare le implicazioni etiche del crescente ruolo dell’IA nella società, facendo eco alle esplorazioni dello stesso Turing sulla natura dell’intelligenza delle macchine. I temi al centro dell’arte di Ai-Da traggono spunti dalle opere di vari artisti e pensatori del XX Secolo che hanno messo in discussione il controllo dell’agire umano quali Guernica di Pablo Picasso e gli Atrabiliarios di Doris Salcedo. Lo stile visivo di Ai-Da sembra anche trarre ispirazione da Käthe Kollwitz ed Edvard Munch e dalle narrazioni distopiche di George Orwell e Aldous Huxley, che mettevano in guardia dai pericoli di un potere tecnologico incontrollato.
Il confine tra creatività umana e creatività artificiale
AI God sfuma il confine tra creatore e macchina, incarnando il concetto di Donna Haraway di cyborg come la fusione dell’umano con la macchina. L’arte di Ai-Da ci costringe a confrontarci con l’evoluzione della definizione di ciò che significa creare e pensare man mano che l’IA si integra nella società. Tante le domande per il futuro: qual è la definizione di opera d’arte e quest’opera può esservi ricompresa? È sufficiente lo sforzo compiuto dal team nella fase di creazione del robot o è necessario un contributo umano per la produzione dell’opera come requisito imprescindibile? Tematiche al centro del dibattito giuridico attuale, ma anche sociale. L’opera si limita alla ricombinazione di spunti di artisti precedenti o contiene quella scintilla fondamentale per la creatività e per la sua identità?
In conclusione le opere del robot artista Ai-Da vorrebbero dimostrare come l’arte possa essere prodotta con la collaborazione tra l’intento umano e i processi algoritmici. Questa vendita ha posto l’opera di Ai-Da accanto a celebri artisti e suggerisce forse un futuro in cui le macchine saranno riconosciute come partecipanti attivi del processo creativo. Il risultato senza dubbio invita gli spettatori a ripensare alle loro interazioni con la tecnologia e a considerare le promesse e le potenziali insidie dell’IA, riflettendo su come la tecnologia possa plasmare e ridefinire la società, le scelte etiche da compiere e gli spazi che vogliamo scegliere di lasciare all’autorialità umana, nell’arte ma non solo. Ciò è particolarmente attuale in un momento storico in cui tecnologie governate dall’IA si integrano sempre più nella nostra vita quotidiana e in cui le personalità digitali modellano sempre di più le nostre scelte.
Giulia Bianco
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