Finalmente a casa. L’archivio di Carla Lonzi acquisito dalla Fondazione Basso di Roma
Dopo lo sfratto (e le minacce di dispersione) trova la sua collocazione definitiva il colossale corpus di scritti, foto e lettere della grande femminista italiana. In una sede che proprio nel femminismo ha una sua cifra fondamentale
Sfrattato, rivendicato, e infine, salvato. Il grande archivio di Carla Lonzi, critica d’arte e femminista tra le più importanti della storia italiana e mondiale, ha trovato la sua collocazione definitiva. Una risoluzione tanto opportuna quanto insperata, soprattutto dopo gli accidenti che l’avevano travolto nel corso dell’ultimo anno: è dello scorso maggio la notizia dello sfratto da parte della Galleria Nazionale di Roma, nonostante il crescente interesse nazionale e internazionale nei confronti della figura di Lonzi (cosa che ha portato tra le altre cose alla riedizione dei suoi testi). Tra associazioni di diverse discipline, studiose e studiosi si era levato un grido d’allarme per il destino di questo patrimonio che sembrava essere caduto nel vuoto. E invece a ottobre è arrivata la risoluzione. Una risoluzione ideale: il colossale corpus di scritti, foto e lettere ha infatti trovato rifugio rifugio nella Fondazione Basso, centro di ricerca e documentazione romano che con la storia di Lonzi ha molto a che spartire.
La Fondazione Basso e Carla Lonzi
La Fondazione Lelio e Lisli Basso, creata nel 1973 dall’omonimo padre costituente e difensore dei diritti dei lavoratori (e non solo), ha prima di tutto un legame diretto con la femminista fiorentina: la sorella di Carla, Lidia, era infatti sposata con il figlio di Lelio Basso, Carlo (ed è ancora gestita dalle eredi). Ma non solo: la Fondazione è da sempre impegnata sulla riflessione femminista, avendo “adottato da subito una prospettiva femminista: lo testimonia il fatto che in Fondazione è nata la prima rivista di Storia delle donne, ‘Memoria’, uscita negli Anni Ottanta. E intorno alla Fondazione si era riunito un circolo di studiose femministe di carattere interdisciplinare, che aveva già Carla Lonzi come suo riferimento culturale”, raccontano dalla Fondazione ad Artribune. “Come è noto, al femminismo Carla Lonzi ha fornito i testi fondativi vitali: “Ciò che di più prezioso il femminismo italiano ha prodotto”, per usare le parole dell’Enciclopedia delle donne”, ha precisato il presidente della Fondazione Franco Ippolito.
Il prezioso archivio di Carla Lonzi
Si può dire salvo, quindi, una raccolta di fondamentale importanza per un pubblico specialistico e non, italiano e internazionale (e statunitense in particolare): sono carteggi, materiale iconografico, fotografie, diapositive, audiocassette, video, dattiloscritti e appunti manoscritti (prodotti e conservati dalla stessa autrice) per un totale di circa cinque metri di materiale. Inventariato e digitalizzato dalla GNAM, che lo aveva acquisito in affido temporaneo nel 2017, l’archivio è stato restituito durante l’estate al cambiare della direzione, e successivamente dato in comodato alla Fondazione Basso dal suo proprietario, il figlio di Lonzi Battista Lena, che ha anche anticipato come “nuovi e interessanti materiali andranno ad arricchire l’archivio, già da subito a disposizione degli studiosi e delle studiose. Sono certo che questo sarà un nuovo inizio”.
Il destino degli archivi e il caso Lonzi
L’archivio Lonzi si unisce quindi ai circa 90 fondi archivistici conservati nello spazio di Via della Dogana Vecchia 5 e accessibili dal lunedì al venerdì (in orari d’ufficio e su appuntamento), andando ad arricchire un patrimonio che include i documenti dell’attività politico-culturale del fondatore così come raccolte sulle origini della democrazia moderna, su socialismo, anarchismo e politica italiana del Novecento. Un vero tesoro, all’interno di un contesto (specialmente italiano) che ha visto le politiche di conservazione e promozione degli istituti della memoria andare progressivamente disfacendosi. Un problema che è di accesso e di consultazione, ma anche di acquisizione e schedatura dei fondi, che va a impoverire la memoria collettiva della società, i suoi conflitti, le sue contraddizioni ed evoluzioni, creando un eterno presente, senza passato e che fatica a immaginare il futuro.
Giulia Giaume
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