Con Tomaso De Luca a Roma la galleria Monitor diventa il set di un immaginario film horror
Dilatare lo spazio senza intaccarne i confini. Questa la sfida che Tomaso De Luca supera alla galleria Monitor di Roma, varcando la soglia di una dimensione paranormale con un film horror mai realizzato
Con la mostra personale di Tomaso De Luca (Verona, 1988) Monitor si riconferma come una delle più attente gallerie di ricerca nel panorama italiano e internazionale. Come dichiara l’artista stesso, vincitore del premio Maxxi nel 2020, la mostra Standards of Living, parte da una domanda: “non sarebbe spaventoso immaginare che la materia, con la sua inquietante vitalità, si possa ribellare agli stravolgimenti provocati dagli uomini producendo un linguaggio proprio, una voce del mondo degli oggetti capace di mettere in dubbio la nostra stessa esistenza?” De Luca prova a rispondere con questo progetto, frutto di una ricerca condotta negli ultimi due anni, “servendomi di una serie di strategie fantasma che producono oggetti e immagini che sfumano i confini tra un medium e l’altro”, spiega, “rimanendo caparbiamente elusivi, contraddittori, inquietanti e assurdi, così come solo gli spettri sanno essere”, popola lo spazio romano della galleria di opere che, come afferma lui stesso, evocano un film dell’orrore mai realizzato e dunque, più che offrire una risposta, suscitano nuove riflessioni e domande.
Tomaso De Luca, i fantasmi come spettro del reale
Entrando, due sculture cinetiche catturano l’attenzione per la loro cripticità. Technology for a Ghost (2024): ricorda un mobile d’epoca, inaccessibile e ibrido. L’interno, visibile solo attraverso degli schermi da ufficio, rivela trasmettendola dal vivo, una presenza inquietante, frutto di un’illusione ottica. A Badly Made Box (2024), se esternamente simula un obsoleto pc, al suo interno contiene un inquietante carillon. Una scultura dalla testa mozzata e carica di monete gira senza sosta, producendo una sinistra colonna sonora. Scricchiolii e graffi, come una presenza paranormale, abitano lo spazio espositivo.
Tomaso De luca: scoprire la paura nella quotidianità
Il titolo della mostra deriva dagli otto assemblages che, come degli storyboards, illustrano il film fantasma immaginato dall’artista. Come spiega lui stesso: “Ciascun’opera, trasforma – attraverso un uso sincronico di scultura, pittura, collage e disegno – le esperienze domestiche in uno scenario orribile e spaventoso, nel quale tutto ciò che sembra certo e tangibile si mostra in una sua versione spettrale”.
L’ineffabilità, per Tomaso De Luca una metafora della della conoscenza
Per finire Tomaso De Luca presenta la serie Ghost Stories (Correspondance des vivants et des morts) (2024). Costituita da cianotipie sbiancate che riprendono testi tratti dal web, alternando notizie di cronaca nera ad articoli sui fantasmi. Come osserva l’artista: “Ogni pagina sembra obbligarci a tornare alla domanda di partenza: chi o cosa sono i fantasmi?” Anche perché l’opera, ispirata a un volume anonimo del 1795, da cui mutua il titolo, verte sull’evanescenza dei testi che risultano visibili da lontano ma illeggibili da vicino, proprio come se avvicinandosi si perdessero le certezze.
Tomaso De Luca un artista che richiede tempo
Standards of Living, è una mostra complessa, che oltre al tempo della visione richiede un tempo di metabolizzazione per comprendere o, quantomeno, interiorizzare le opere esposte. L’artista, esplorando i concetti di spazio, identità e presenze, crea uno slittamento dei piani per cui l’ambiente, come una matrioska, sembra potenzialmente potersi aprire ad infinite possibilità, mettendo in dubbio che quella reale sia l’unica dimensione possibile.
Ludovica Palmieri
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