Diego Cibelli – Un vuoto che non ha luogo
La galleria Alfonso Artiaco è lieta di annunciare la seconda personale dell’artista napoletano Diego Cibelli (Napoli, 1987) dal titolo Un vuoto che non ha luogo.
Comunicato stampa
Il progetto espositivo si snoda nelle sale della galleria, come una favola circolare in sei episodi. Le prime due sale, È nato
Generosity e Metamorfosi, esplorano il tema della nascita, intrecciando prospettive culturali e scientifiche. Da qui, il per-
corso si inoltra in territori onirici: Storie per farlo dormire presenta un carillon che intreccia le referenze visive, accostando
stili ed epoche, simbologie e invenzioni; diversamente, Enigma, propone un’immersione negli spazi misteriosi e talvolta
impervi della coscienza. In questo viaggio, la stanza Beata fragilità diventa il luogo in cui si tenta di nominare e rendere
visibili le ombre che turbano l’animo umano. Infine, l’enigma si risolve nell’ultima sala che prende il titolo della mostra: Un
vuoto che non ha luogo.
Dal testo critico di Sylvain Bellenger, contenuto nel catalogo della mostra:
Un vuoto che non ha luogo racconta una storia. È la storia di un artista emerso dalla rivolta dell’Arte Povera che dominava
esteticamente, intellettualmente e moralmente la formazione e gli ambienti artistici ancora negli anni ’10 del Duemila.
Diego Cibelli allora era uno studente e abitava, come tutt’oggi, a Scampia. Un artista che proviene da una rottura, oramai
ben normalizzata, e da un quartiere di Napoli il cui stesso nome evoca tutto ciò che la speculazione edilizia, la società,
la densità abitativa e l’urbanistica razionalista, talvolta mescolata alla violenza, sono stati capaci di inventare. “Scampia
senza rabbia” dice Diego. È stato proprio questo ambiente urbano a ispirare le sue prime metamorfosi. Per Diego, l’ap-
partenenza a un luogo, qualunque esso sia, è la parte più delicata e importante dell’essere umano. È il concetto fondante
della sua pratica.
La porcellana è quasi umana”, dice Diego, “porta con sé un’abbondanza di forme fusionali la cui generosità e profusione
sono senza precedenti”. Ovunque c’è abbondanza, generosità, sorpresa, virtuosismo e abilità di cui meravigliarsi. Fin
dalla prima stanza, gli animali presentati da Diego sembrano esseri parlanti, ma non dicono nulla. È la favola a dare il
tono, ma non si tratta di Esopo, La Fontaine, Giambattista Basile o il Roman de Renard. Sono divertimento e infanzia,
quella di tutti i bambini, come se l’artista fosse un adulto che non ha rinunciato alla fanciullezza, qualità intrinseca dell’ar-
te. Il biscuit predilige l’onirico e gli animali umanizzati e talvolta metamorfosati di Diego non si rifanno alla tradizione
animale di Joachim Kändler a Meissen, per esempio, ma ci riportano al mondo della fiaba, delle ombre e delle sagome,
come le figure ritagliate con grandi forbici di Andersen o i mostri ibridi del fantastico bestiario medievale.
Per Diego, come per Anna Maria Ortese ne Il Porto di Toledo, il mare è un elemento importante dell’identità napoletana,
una costante del territorio che cerca di esprimere. Ad essere incorporato nella sua poetica non è tanto il paesaggio ma-
rino, ma i misteri ispirati dai disegni di ciò che non era mai stato visto prima degli straordinari schemi di uno dei grandi
apostoli del darwinismo, Ernest Haeckel, maestro di Anton Dohrn, che nell’ambito della Stazione Marittima di Napoli
cercò di trovare l’origine della vita nelle acque del Golfo di Napoli. Trasposti, trasformati, ingranditi e mutati in porcellana,
i suoi disegni di invertebrati marini, radiolari, spugne, coralli, meduse e sinofobie, che avevano rivoluzionato la biologia
marina, mostrano le incredibili stravaganze a cui la natura e la vita si erano abbandonate. Sembrano appartenere a un
altro pianeta, quello dei sogni e delle trasformazioni che anche altre opere di Diego prendono in prestito dalla terra e
dalle sue mitologie.
Diego Cibelli (nato a Napoli, 1987) vive e lavora a Napoli
Diego Cibelli è stato vincitore dell’edizione 2024 del Prix Carta Bianca. Sempre nel 2024 partecipa alla prima edizione
e vince il Premio CARUSO. Nel 2022 partecipa alla Biennale Internazionale di Arte Ceramica di Jingdezhen, Cina. Nel
febbraio 2021 inaugura Feed Me with Domestic Stuff, personale presso lo spazio LAB.oratorio della Fondazione Made
in Cloister. Nell’aprile 2021 inaugura presso il Museo e Real Bosco di Capodimonte due personali: L’Arte del Danzare
Assie- me e Gates presso la Real Fabbrica. Nel 2019 ha avuto una residenza d’arte a Buenos Aires organizzata dall’istitu-
to IGAV e il Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con l’Istituto di Cultura Italiano in Argentina. La residenza si è
conclusa con la personale presso l’Istituto di Cultura Argentino. Nel 2018 ha partecipato alla mostra Mine presso i Bagni
Misteriosi di Porta Venezia a Milano. Nel 2016 ha esposto al MSU Museo d’Arte Contemporanea di Zagabria e nel 2013
al Kunsterhaus Bethanien di Berlino. ll suo lavoro è nelle collezioni di musei come Il MAD Museum of Art and Design di
New York e il Museo e Real Bosco di Capodimonte.