Marina Apollonio inganna lo sguardo nella sua mostra a Venezia
Pioniera italiana dell’Op Art, Marina Apollonio è la protagonista di una grande mostra retrospettiva alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, che ripercorre più di sessant’anni di carriera
Alla triestina Marina Apollonio, tra le maggiori esponenti dell’Arte Optical e Cinetica internazionale, La Collezione Peggy Guggenheim dedica la più ampia retrospettiva mai realizzata in ambito museale in Italia. Oltre il cerchio, questo è il titolo scelto, ripercorre la sua carriera dal 1963 a oggi. Per la curatrice Marianna Gelussi “questa mostra indaga il desiderio di superamento che è al centro dell’arte di Marina Apollonio. Basata sul rigore del programma, la sua opera dinamizza la forma – il cerchio in particolare – e instaura una relazione attiva con chi guarda. Con slancio sperimentale esplora nuovi materiali, nuove tecniche, alla ricerca di variazioni sempre nuove”. Una retrospettiva che si configura come un compendio dei fondamentali cicli del suo lavoro: le opere in alluminio, le Gradazioni su tela, le Dinamiche Circolari, i Rilievi a Diffusione Cromatica e le recenti Dinamiche Ellittiche e Fusioni Circolari.
La mostra di Marina Apollonio a Venezia
L’arrivo a Venezia nel 1948 le permette di conoscere, fra gli altri, Emilio Vedova e Giuseppe Santomaso. Fin dagli inizi ha avuto la consapevolezza di voler essere artista. “Mi interessava l’astrazione”, chiarisce Apollonio, “Il figurativo per me non esisteva”. E non ha dimenticato il precedente malessere provato dai visitatori delle sue mostre. “Si lamentavano che le mie opere davano fastidio agli occhi e non si potevano guardare”.
Utilizzando un centinaio di lavori la curatrice ha voluto metter in evidenza il rigore dell’indagine visiva dell’artista. Ricerca che privilegia gli ambiti della pittura, della scultura, del disegno, ricorrendo ad opere statiche e in movimento. Servendosi del bianco e nero e del colore. Confrontandosi con tecniche e materiali diversi.
L’arte cinetica e optical di Marina Apollonio
Forse vale la pena precisare che non è facile considerare l’arte cinetica un’arte a tutti gli effetti. Potrebbe dipendere dalla sua tendenza al movimento che va oltre la classica staticità del dipinto. O per la sua anaffettività, il non suscitare emozioni al primo impatto. O per il suo flirtare con il mondo scientifico, sia nello studio sia nella creazione di molte opere optical. Superata la possibile perplessità iniziale si scopre che l’obiettivo cardine dell’arte cinetica è intuire l’ambiguità delle apparenze, espellere l’immagine e ogni forma di espressione intima e personale.
Il rapporto tra Marina Apollonio e Peggy Guggenheim
Marina Apollonio e Peggy Guggenheim si incontrano nel 1968 durante la personale dell’artista alla galleria d’arte Barozzi di Venezia. In quell’occasione la grande mecenate le commissiona Rilievo 505, che fa parte dell’attuale collezione. “L’aver realizzato un’opera che ancora oggi fa parte della collezione di Peggy Guggenheim fu per me un enorme incoraggiamento a continuare e insistere nel realizzare opere in cui credevo”, ha dichiarato Apollonio durante la presentazione della mostra. Rilievo 505 è una scultura in alluminio e pittura fluorescente su masonite che indaga le potenzialità espressive delle forme strutturali e degli schemi geometrici. Le strisce di alluminio intrecciate sopra lo sfondo formano una superficie ondulata e dinamica che sequestra la luce. Il percorso della retrospettiva inizia da questo periodo.
Le opere di Marina Apollonio in mostra a Venezia
Nel corso degli Anni Sessanta, Marina Apollonio crea opere che battezza Gradazioni. Dipingendo corone circolari concentriche ed equidistanti su tela o masonite, utilizza uno schema specifico, fondato sulle diverse gradazioni di colore. Vedi Gradazione 11. Verde giallo su rosso del 1971. L’occhio mescolando le tinte nella retina, sembra vedere due toni vicini in modo diversamente da come sono realmente. Le opere, se vengono osservate per qualche istante, non si presentano più statiche. Cominciano a vibrare innescando fenomeni di tridimensionalità.
In Dinamica Circolare, il punto di partenza è il cerchio. L’artista mediante un insieme di linee bianche e nere, matematicamente calcolate, produce uno spazio programmato in grado di innescare virtualmente fenomeni di restrizione ed espansione della forma. Questi cerchi, sistemati su perni che ne consentono il movimento, se stimolati manualmente o meccanicamente, possono girare a diverse velocità. Amplificando gli effetti ottici insiti nella forma stessa fino a creare sensazioni di concavità e convessità.
Nei primi Anni Settanta Marina Apollonio realizza i suoi primi Rilievi Circolari a diffusione cromatica. L’impostazione di queste opere vuole produrre un’interferenza tra la forma disegnata sul materiale plastico e il gioco ottico dovuto ai colori dipinti in modo alternato.
Fausto Politino
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