L’artista Austin Young realizza un’installazione permanente in una chiesa di Cosenza
È la pera il frutto al centro del progetto realizzato dall’artista californiano del collettivo Fallen Fruit per la cupola della Chiesa di Sant’Aniello Abate
Chi l’avrebbe mai detto che proprio il parroco di una chiesa calabrese sarebbe stato il primo ad invitare l’eccentrico, variopinto ed originale Austin Young del collettivo Fallen Fruit (formazione artistica nata a Los Angeles nel 2004) a realizzare un’opera permanente in una chiesa? Ebbene, è andata proprio così e Don Salvatore, il parroco di Sant’Aniello Abate a Cosenza ha affidato all’artista statunitense la decorazione della cupola della chiesa. Il risultato? A dir poco dirompente. La Visione di Pietro, narrata negli Atti degli Apostoli, al capitolo 10, secondo cui San Pietro ebbe una visione di un grande lenzuolo pieno di animali che veniva calato dal cielo, nell’interpretazione di Austin Young acquista un’accezione più psichedelica che mistica, in un tripudio di animali che fluttuano su un acceso sfondo che con orgoglio ma gentilezza – grazie alla sfumatura che richiama i cieli barocchi della storia dell’arte – sfoggia i colori della Rainbow Flag; il tutto in perfetta sintonia con i desiderata del buon parroco.
Austin Young e la Chiesa di Sant’Aniello Abate
Il primo elemento che rende “La (S)VOLTA buona, La Vision di Pietro” un’opera sui generis è il messaggio che veicola. In linea con quanto espressamente richiesto da Don Salvatore, l’idea era quella di realizzare un’opera che, sulla base della visione di San Pietro, facesse sentire benvenuti tutti i membri della comunità, indipendentemente dalla provenienza, dal genere, dallo stato sociale. Messaggio profondamente umano (più che religioso) che, per quanto apparentemente banale, in realtà non lo è affatto, anche per le ben note reticenze di una parte della chiesa ad accettare le diversità.
Austin Young e la Chiesa di Sant’Aniello Abate: una commissione inedita
Per Austin Young e il collettivo Fallen Fruit la richiesta era sfidante. Dal momento che si trattava di una commissione inedita, tanto per il tema quanto per la complessità della location. Infatti, sebbene Young si fosse già cimentato in interventi in palazzi storici e monumentali, non aveva mai avuto occasione di lavorare su una superficie articolata come la cupola sopra l’altare di una chiesa, caratterizzata da complicate misure e angolazioni. Tuttavia, superata la titubanza iniziale, Austin Young si è entusiasmato e, per usare le sue parole, ha adottato la stessa strategia adoperata a Venezia in occasione della realizzazione dell’opera d’arte installativa “Marriage of the Sea”, ispirata ai dipinti barocchi di stanze e soffitti, utilizzando l’allegoria per attualizzare l’episodio sacro. I problemi tecnici poi si sono agilmente risolti grazie all’innata capacità di Austin Young e dei Fallen Fruit di intrecciare saldi legami con il territorio, creando sinergie virtuose che gli consentono di realizzare progetti sempre in forte risonanza con i luoghi per cui sono concepiti. Così, anche a Cosenza, Austin Young ha trascorso del tempo per fare ricerca e: “In questo periodo” ha affermato: “Molti calabresi mi hanno accolto e portato nelle loro case. La comunità mi ha aiutato a progettare un controsoffitto e a creare un piano del soffitto con le sue complicate misure e angolazioni.” Esperienza che dimostra quanto l’arte sia un linguaggio universale, capace di creare rapporti e di unire anche realtà molto diverse.
Austin Young e la Chiesa di Sant’Aniello Abate: “addio” al peccato originale
Un altro degli elementi distintivi dell’opera è la maestosa pera che trionfa al centro della visione. Come se, spodestando la mela, cancellasse anche il peccato da essa rappresentato, liberando gli uomini da quest’atavica violazione. Per non parlare dello sfondo che nella visione di Austin Young, oltre ad accendersi dei toni arcobaleno, simbolo di armonia, amore e rispetto di tutte le diversità, si popola di animali che convivono armoniosamente tra loro, incarnando a pieno il messaggio da trasmettere. Che poi, nel suo essere innovativa, rock e decisamente fuori dagli schemi, è innegabile che “La (S)VOLTA buona, La Vision di Pietro”, più di tante altre opere sacre, canonicamente intese, recupera il senso più autentico ed originale di un messaggio che, in fondo, più che religioso è profondamente umano.
Ludovica Palmieri
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