Dominique White racconta il naufragio nella sua mostra a Reggio Emilia
Vincitrice del Max Mara Art Prize, la giovane artista britannica Dominique White racconta i mari, gli oceani e la loro imprevedibilità nella sua mostra personale alla Collezione Maramotti
“Il mare è un luogo di impossibilità, di appiattimento del tempo e di rifiuto dell’ordine”. Così l’artista britannica Dominique White (Londra, 1993) descrive il suo rapporto col mare, protagonista della sua personale Deadweight alla Collezione Maramotti. White è la vincitrice della nona edizione del Max Mara Art Prize for Women, organizzato da Collezione Maramotti, che consiste in una residenza di sei mesi in Italia per sviluppare un progetto complesso che l’ha portata in cinque località: Agnone, Palermo, Genova, Milano e Todi.
La mostra di Dominique White alla Collezione Maramotti
Il risultato sono quattro grandi sculture, esposte nella sede della collezione a Reggio Emilia, dopo essere state presentate alla Whitechapel Gallery di Londra, partner del premio. Si tratta di strutture articolate, realizzate con elementi che ricordano il mondo del mare: tronchi levigati dall’acqua, vele strappate, sbarre di ferro arrugginito, frammenti di reti e altri materiali legati all’idea di naufragio. “Tutto nasce dal titolo, che si potrebbe tradurre in italiano come ‘tonnellaggio di portata lorda’, un termine utilizzato per calcolare il peso che una nave può trasportare” spiega l’artista. “Invece di usarlo per garantire la sicurezza della nave durante la navigazione, mi interessava capire il suo punto di ribaltamento, ovvero la possibilità di affondarla, distruggerla e liberarne il carico”.
Il processo creativo di Dominique White
Un processo complesso ed elaborato, che ha portato l’artista a studiare le tecniche di fusione del bronzo presso la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli ad Agnone, a Palermo e a Genova per studiare la costruzione delle navi e i contatti tra la tecnologia di navigazione e il colonialismo. White ha poi approfondito la tecnica della fusione a cera persa presso la Fonderia Battaglia a Milano, prima di concludere la residenza a Todi, dove ha realizzato le sculture, che ha poi immerso nelle acque del Mediterraneo. “Il ferro è molto utilizzato all’interno dei porti: immergendolo nell’acqua, spingo i limiti dell’opera in una sorta di regno sconosciuto” aggiunge l’artista.
Dominique White: i lavori in mostra a Reggio Emilia
Le sue opere combinano forza e fragilità, memoria e poesia, minaccia e salvezza: una delle più efficaci, per la sua minacciosa essenzialità, è Ineligible for death (2024), che mostra tre tronchi levigati dal mare dai quali spuntano lunghi ferri appuntiti, quasi a simulare antiche armi medievali. Il ferro è l’unico protagonista di Dead Reckoning (2024), una struttura aggrovigliata di spunzoni metallici arrugginiti, mentre The Swelling enemy (2024) presenta una struttura più complessa, giocata sul rapporto con frammenti di vele stracciate cosparse di caolino, quasi a suggerire l’esito tragico di un naufragio avvenuto anni prima.
Le opere profetiche di Dominique White
L’opera più narrativa, e per questo meno convincente, è Split obliteration (2024), dove sono visibili richiami all’Arte Povera e alle installazioni “marine” di Jannis Kounellis, che stemperano la forza drammatica presente nelle altre sculture. Si tratta di reperti provenienti da un futuro “afro”, al di fuori della fantascienza tradizionale: un regno oceanico abitato da realtà ribelli, libere da influenze capitaliste e coloniali. Sinistri presagi di epoche prossime legate al mare e alla sua natura imprevedibile, che White governa con rigore tra suggestioni antiche e visioni profetiche presenti in una mostra intensa e consapevole.
Ludovico Pratesi
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