Politica e arte in Germania. Le vicende di Nan Goldin e Candice Breitz

Il discorso dell’artista Nan Goldin in occasione della sua mostra This Will Not End Well alla Neue Nationalgalerie di Berlino ha generato non pochi dibattiti e polemiche sul ruolo degli artisti e degli attivisti (e quando le due dimensioni si fondono) nel presente

Nonostante le apparenze, le acque del mondo dell’arte sono parecchio agitate, e non da oggi. Il 22 novembre scorso, in occasione dell’inaugurazione della sua mostra This Will Not End Well alla Neue Nationalgalerie di Berlino, l’artista americana di origini ebraiche Nan Goldin ha tenuto un discorso coraggioso, denunciando l’operazione militare di Israele a Gaza e in Libano e provocando forte disappunto nella dirigenza del museo. 

La mostra di Nan Goldin a Berlino

Ha sottolineato per esempio l’analogia tra ciò che sta accadendo in questi mesi e i pogrom da cui i suoi nonni sono scappati in Russia: “L’ICC sta parlando di genocidio. L’ONU sta parlando di genocidio. Persino il Papa sta parlando di genocidio. Eppure, non ci è permesso di pronunciare la parola ‘genocidio’. Hai paura di sentirlo dire, Germania?” Il discorso, che ha scatenato polemiche nella politica e nei media tedeschi, segue inoltre l’annuncio da parte del museo di un simposio dal titolo Art and Activism in Times of Polarization: A Discussion Space on the Middle East Conflict, organizzato dai curatori della mostra, a insaputa della Goldin stessa che lo ha dunque considerato come un tentativo da parte del museo stesso di rifiutare e neutralizzare le sue posizioni; a seguito della sua denuncia, Hito SteyerlCandice Breitz e Eyal Weizman hanno ritirato la loro partecipazione all’evento. 

Nan Goldin. Photo Christine Fenzl
Nan Goldin. Photo Christine Fenzl

Arte e attivismo nell’opera di Nan Goldin

Un aspetto molto interessante di tutta la vicenda consiste nel fatto che Goldin ha anche denunciato come i dirigenti della Neue Nationalgalerie abbiano provato a scindere la sua stessa attività di artista da quella di attivista, “quando non è mai stato questo il caso”. Dunque, le due dimensioni coesistono e sono tutt’uno nella sua ricerca fin dagli Anni Ottanta: è chiaro che, in questi anni, in questi tempi in cui la libertà di pensiero e di azione viene messa in discussione in modi sempre più sottili e insidiosi, la questione si fa ancora più stringente. 

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In questo momento, dunque, è evidente che alcune istituzioni culturali (in Europa e in America) si sono orientate decisamente verso l’assenza totale di un punto di vista: non solo non prendono posizione, ma non accettano che gli artisti e gli intellettuali che ospitano la prendano a loro volta.

Politica e arte nelle posizioni degli artisti

Frasi come “siamo preoccupati per il modo in cui i conflitti vengono sempre più utilizzati per promuovere interessi individuali e riteniamo fondamentale evitare di assumere posizioni politiche predeterminate” suonano fuori luogo, offensive, oltre a far accapponare la pelle. E come sarebbe fatta una posizione politica che non sia ‘predeterminata’? Voglio dire, esiste, può esistere qualcosa del genere? E come si fa a ‘utilizzare un conflitto per promuovere interessi individuali’? Gli interessi individuali di chi, e quali interessi? (E soprattutto: perché?)
È evidente che la politica sempre più diffusa è quella di escludere categoricamente ogni forma di dissenso, di dibattito, di discussione. Per evitare ogni forma di ‘scomodità’, di ‘complicazione’, l’istituzione artistica e culturale decide di usare il proprio potere per silenziare: decide cioè di escludere ogni voce contraria, ogni opposizione rispetto a un’agenda che evidentemente è stata decisa e dettagliata altrove
Ma che cosa rimane allora dell’arte e della cultura, o persino della politica culturale? Molto poco, a quanto pare. Non c’è affatto bisogno in questo senso di scomodare l’attivismo, o – peggio ancora – l’artivismo. Un artista e un intellettuale responsabile, non decorativo, in questo momento non può tacere.

Le vicende di Candice Breitz in Germania

Ha il diritto, e anche il dovere, di esprimere la propria posizione in merito alle questioni cruciali che ci stanno attraversando, e che attraversano il nostro tempo – senza per questo proporre lavori inutilmente didascalici. Il discorso in base al quale ‘una cosa è l’arte, l’opera, un’altra è la politica o l’impegno politico’ è grottesco: sarebbe anche ridicolo, se nella situazione attuale non apparisse tragico.

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Del resto, il principio fondamentale esposto da Nan Goldin a Berlino (e da altri artisti – finora non tantissimi per la verità – tra cui la stessa Candice Breitz a luglio nel suo discorso di addio alla HBK Braunschweig dopo 18 anni come professoressa) è un principio di buon senso, ispirato a una logica se volete anche elementare, o che dovrebbe essere elementare ma per motivi drammatici di attuale follia collettiva e rapido imbarbarimento evidentemente non è più tale: never again, mai più, ha senso e può avere senso solo se significa “mai più per tutti e per ognuno”. Senza distinzione. Nel momento in cui scrivo, il numero totale delle vittime a Gaza è salito a 44363 persone uccise e 105070 feriti, il 70% dei quali costituito da donne e bambini. 70 %. “Siete a disagio? Lo spero. Abbiamo bisogno di sentirci a disagio: di sentire i nostri corpi sotto assedio, almeno per un minuto” (Goldin). 

Candice Breitz, Whiteface
Candice Breitz, Whiteface

Il pensiero artistico e culturale e la politica

Ora, è chiaro che un dato del genere interpella, o dovrebbe interpellare tutti gli artisti e gli intellettuali, nessuno escluso. Goldin e Breitz fanno semplicemente ciò che dovrebbe essere il minimo per chiunque: reagiscono a un fatto, a un insieme di fatti, che è ineludibile. Non è semplicemente possibile, in questo momento, continuare ad allestire o a visitare mostre, a produrre o ad ascoltare dischi, a scrivere o a leggere libri e articoli, ignorando quanto sta accadendo, prescindendo da quanto sta accadendo, escludendo dal pensiero e rimuovendo quanto sta accadendo. Quanto sta accadendo, invece, deve essere al centro di ogni pensiero artistico e culturale degno di questo nome (senza scadere, ovvio, nella retorica banale e pelosa). 44363. 105070. 70 %.

Christian Caliandro 

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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