Cos’è la videodanza, una pratica ibrida sempre più interessante

Lo ZED Festival di Bologna ha ospitato l’edizione 0 del primo premio nazionale dedicato alla videodanza, ma anche un’originale installazione immersiva e la presentazione di un importante volume che fa il punto su questa arte “ibrida”, fra spettacolo dal vivo e cinema

La danza in video, o videodanza, è una policroma realtà creativa che, nata negli Anni Settanta del secolo scorso, ha vissuto tanto un’accelerazione nello sviluppo tecnologico quanto un aumento quantitativo nel periodo della pandemia di Covid, sperimentando linguaggi mirati a conquistare immersività e coinvolgimento fisico ed emotivo dei suoi fruitori.

La videodanza allo ZED Festival di Bologna

Un’occasione per delineare lo stato dell’arte della videodanza in Italia – e non solo – è stata l’edizione 2024 dello ZED Festival, tenutosi a Bologna dal 15 al 19 novembre: giornate durante le quali si è potuta sperimentare la fruizione di vari “oggetti” di videodanza, fra cui l’innovativa installazione multimediale Hybridy; si è ragionato su presente e futuro di quest’arte in occasione della presentazione del libro sul tema curato da Elena Cervellati e Silvia Garzarella; e si è assistito all’edizione 0 del Prix ViDa Italia, primo premio nazionale dedicato alle produzioni originali di videodanza e danza XR.

L’installazione multimediale “Hybridy”

Ideata da Alberto Barberis e prodotta dall’Associazione COORPI (con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea” e con il contributo di Fondazione Piemonte dal Vivo, in collaborazione con Lavanderia a Vapore – Centro di Residenza per la danza e ZED Festival), Hybridy è un’installazione multimediale immersiva per uno spettatore alla volta che, questa volta, non è invitato a indossare un visore VR, bensì delle semplici cuffie e – questa la caratteristica innovativa – una sorta di zainetto che consente di tramettere e diffondere sul suo corpo vibrazioni più o meno intense. Lo spettatore è posizionato di fronte a uno schermo circolare, sospeso da terra, sul quale si compone un’opera di videodanza di una decina di minuti, elaborata digitalmente, che si fonde algoritmicamente con suoni elettroacustici riprodotti in cuffia e feedback tattile per la diffusione delle vibrazioni sul corpo. Lo spettatore può scegliere a quale distanza porsi rispetto allo schermo, costruendosi così un proprio autonomo punto di vista rispetto alle immagini proiettate, che rimandano a una natura armonica e incontaminata, nella quale la danzatrice s’immerge quasi panicamente. Un movimento di “ibridazione” con piante e ambienti selvatici di varie fogge e consistenze cui è invitato lo stesso spettatore, fisicamente immerso in quell’habitat, creato digitalmente, certo, eppure indubbiamente “naturale”.  

La performance virtuale e immersiva nell’opera “Hybridy”

Movimenti e sensazioni della performer – essa stessa tramutata in creatura anfibia, una sorta di ninfa “virente” e fuori dal tempo – giungono al fruitore non solo attraverso la vista ma per mezzo dell’udito e del tatto, senso quest’ultimo stimolato in misura ampia, grazie a vibrazioni che coinvolgono non solo la parte alta del corpo ma si diffondono in ogni sua parte. In Hybridy, dunque, si realizza l’obiettivo di coniugare tecnologie avanzatissime, natura e fisicità: gli algoritmi sviluppati per l’elaborazione grafica, infatti, traggono ispirazione dall’evoluzione dei funghi, dai flussi di liquidi, dal propagarsi delle fiamme, dallo sbocciare dei fiori; mentre quelli utilizzati per la sintesi sonora sono frutto dell’analisi del movimento del corpo umano. La tecnologia, così, diventa un mezzo privilegiato per ricondurre l’essere umano alle sue origini, a una fase primigenia in cui la relazione, tanto con la natura quanto con il proprio corpo, era immediata e scevra da sovrastrutture ideologiche e posizionamenti gerarchici. 

Il libro “Danza, schermi, visioni”

Le studiose Elena Cervellati e Silvia Garzarella hanno curato il volume miscellaneo Danza, schermi e visori. Contaminazioni coreografiche nella scena italiana (Dino Audino editore, 2024): una ricca ricostruzione storica e riflessione teorica sulla danza in video, linguaggio artistico che, oramai cinquantenne, non smette tuttavia di interrogarsi sul proprio stato e sulle proprie potenzialità, esponenzialmente incrementate dalle nuove tecnologie. La videodanza, dopo la diffusione e l’incrementato sviluppo incentivati dalle restrizioni allo spettacolo dal vivo imposte dalla pandemia di Covid, si pone come pratica artistica in costante interrogazione sul proprio status, al confine fra performance e cinema, e alla ricerca di una propria legittimazione quale arte autonoma. Una questione su cui, in fondo, riflette un altro volume, assai corposo e originale, scritto dalla studiosa Xiao Huang, Forme (Xing) e Visioni (Xiang): la screendance tra Europa e Cina, edito la scorsa primavera da Mimesis.  

Hybridy. Photo Alice Merola
Hybridy. Photo Alice Merola

Il Prix ViDa Italia per la videodanza

Il ZED Festival 2024 ha ospitato anche l’edizione sperimentale numero 0 del progetto Prix ViDa Italia, primo premio nazionale dedicato alle produzioni originali di videodanza e danza XR, promosso da una fitta rete di concorsi, rassegne e festival dedicati alla danza in video localizzate dal Piemonte alla Sicilia. Questa prima edizione è stata riservata unicamente alla danza in video, rimandando all’anno prossimo il primo premio per produzioni in realtà estesa.  In concorso, opere selezionate e proposte da ciascuno degli aderenti della rete: cortometraggi nazionali e internazionali di durata compresa tra i due e i dieci minuti, realizzati tra il 2022 e il 2024 e che ogni concorso, festival, vetrina ha valutato quali candidati ideali al premio finale. La giuria, composta da Elisa Guzzo Vaccarino (giornalista e saggista), Elena Cervellati (docente di storia della Danza presso Dams di Bologna) e Ariella Vidach (coreografa), ha scelto di premiare per quest’anno due lavori ex aequo: Elegia 1938 di Lícia Arosteguy e Life left behind di Valia Phyllis Zwart. 

Laura Bevione

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Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

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