I luoghi della musica. E una radio senz’onda
Possono lo stralcio, il frammento diventare un nuovo formato di fruizione della musica in Rete? Non crediamo sia una buona idea, ma è senz’altro auspicabile la diffusione di forme intermedie fra lo streaming e il supporto destinato all’industria discografica (cd-audio-cd-rom-mp3 ecc.). Speriamo in una radio “senza onda”. Che mantenga il senso “vivo” della radio ma che ci porti infine fuori, alla ricerca di suoni. Al via la rubrica “Ascolti”.
Ascoltare = essere compresenti nello spazio in cui si propaga un suono. Banale? Può darsi, ma in ogni caso il suono non si vede, mentre il suo legame con la “cosa” dalla quale esso è generato si sente. È piuttosto complicato fare un’esperienza di ascolto musicale in Rete: gli stimoli visivi sono tanti, e disturbano, siamo ossessionati dalla velocità, le casse del laptop non suonano bene.
Ma non è questo il vero problema; il fatto è che, in realtà, il mezzo non regge l’informazione. Probabilmente la Rete si offre (o aspira a proporsi) come un luogo nuovo per la musica, ma non ha spazio alcuno in cui lasciarla realmente vibrare. Può sembrare paradossale, ma chiede più spazio un suono di quanto non facciano una scultura o un edificio! I suoni ci sono anche in assenza di spazio (in un disco, per esempio?), mentre per la seconda o il terzo, già lo sappiamo, se vogliamo “sentirli” dobbiamo per forza andarli a trovare al loro posto.
Ed ecco la contraddizione: ci accontentiamo di vedere le immagini fotografiche di un’opera scultorea, o architettonica, o di un quadro, perché sappiamo che si tratta solo di una riproduzione, mentre per quanto riguarda la musica è difficile e a volte impossibile distinguere l’origine. Che però conta. Questo fenomeno schizofonico, che in sé non ha nulla di spregevole, è tuttavia sfruttato a tal punto dalla Rete da rendere quasi del tutto superfluo (online) un elemento di grande importanza per l’esistenza della musica, ovvero il luogo. E – cosa forse ancora più preoccupante – senza il luogo scompaiono anche l’audience e la capacità di ascoltare.
Certamente il mercato discografico si è spostato in Rete, e questo è un fatto positivo, ma non per questo anche la musica stessa dev’essere ricondotta a fenomeno del web. Il suo mezzo espressivo è l’esecuzione, i suoi confini sono lo spazio e il tempo dell’azione, la sua esperienza è data dalla compresenza nell’ascolto. La musica, più di ogni altra forma d’arte, s’annida nell’evento della ricezione.
Quello che ci chiediamo, inaugurando questa nuova rubrica di Artribune dedicata alla musica ed al suono, è allora come raccontarne l’attualità, come parlare di musica senza per questo parlare di musicologia, di metadiscorsi, di altri discorsi sui discorsi e così via. Se una delle funzioni del giornalismo musicale è raccontare il mondo dei suoni, allora perché non lasciare che lo faccia la musica stessa, nel suo accadere? Certo di musica si deve in qualche modo pur sempre discutere e, d’altra parte, non tutti i suoni sono musica e non è detto che la musica stessa sia più artistica rispetto alla sua materia prima. Ma una cosa almeno è certa: la musica è un linguaggio che si ascolta. Non serve a comunicare, può essere ma non è la colonna sonora di ciò che la circonda, può far ricordare ma non è un ricordo, può essere divertente ma non è un divertimento, può commuovere, istigare, creare un alibi, ma non è questo.
Dunque, non sarebbe bello semplicemente potersi immergere, attraverso queste pagine, in qualche breve momento di musica? Il tedesco ha un bel termine per l’italiano ‘periodo’: ‘Zeitraum’, letteralmente ‘tempo-spazio’. La musica accade precisamente in questo intervallo, ed è forse giunto il momento di provare a raccontare la singolarità dell’esperienza musicale anche attraverso l’eco dei luoghi, il senso di una presenza in ascolto, il dialogo incessante che nasce dal porsi, dall’essere in ascolto.
Insomma: “Tutta la musica dal vivo che hai sempre sognato direttamente a casa tua, comodamente seduto davanti al tuo portatile con cuffie e birra in mano!”. Oh mio Dio, no! Piuttosto il contrario: un invito, si spera, a uscire dal proprio appartamento (ma anche da Internet) per recarsi là dove la musica risuona. Una piccola anteprima (o antedopo, se vogliamo…) dei grandi festival europei, delle sale da concerto, delle gallerie, dei club. E se per caso esistessero ancora luoghi del genere in Italia (e se poi non fossero solo costruzioni ma fossero anche frequentati?), allora andiamo a scovarli.
Alessandro Massobrio
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