Contro la fruizione compulsiva dei musei. Riflessioni, proposte e alternative
Superare il modello di museo attuale è possibile: invece di visitarlo tentando di vedere tutta la collezione, dovremmo poterci concentrare sulle singole opere. Ecco come si può fare
In un video che ultimamente appare spesso tra gli shorts di YouTube c’è Philippe Daverio, il grande comunicatore della cultura scomparso nel 2020, che pone all’interno di una trasmissione televisiva la seguente questione: chi va in biblioteca non entra e legge tutti i libri; perché dunque pretendiamo che chi vada in una pinacoteca debba vedere tutti i quadri, dedicando a ciascuno di essi un tempo medio che può oscillare tra i 30 secondi e il minuto?
Le ragioni della fruizione compulsiva dei musei
Sono tante le ragioni per le quali ciò accade, ed accade, ci piaccia o no, quasi a tutti. La prima, che in qualche modo giustifica l’atteggiamento di fruizione compulsiva, è dettata dal fatto che spesso ci si trova in una città per pochi giorni, e quando si visita il museo lo si guarda nella sua interezza, magari fermandosi ad osservare e a fruire le opere che maggiormente ci colpiscono o suscitano la nostra attenzione. La seconda è una questione di contiguità: dato che siamo abituati a fruire grandi quantità di contenuti, non risulta inizialmente faticoso spostare l’attenzione da un’opera, magari un dipinto o una fotografia, a quella accanto. Non si ha, in altri termini, una percezione di “costo” in termini attentivi, e la nostra abitudine ad osservare “tutto”, ci proietta in un percorso di questo tipo.
La questione dei biglietti dei musei
Oltre a queste motivazioni ce ne sono anche tantissime altre, che includono dimensioni personali o tecniche. Tra esse, però, una particolare riflessione merita forse la dimensione della qualità dei servizi forniti dai musei e le metriche con le quali tali musei sono oggi misurati, che riflettono un’attenzione particolare ai flussi turistici piuttosto che alle fruizioni cittadine. Immaginiamo, ad esempio, ci sia un museo nella propria città e che un “visitatore” decida di visitarlo. A questo punto le possibilità sono due: o si reca al museo, e si acquista in loco il biglietto, o accede al preacquisto attraverso il sito web. In entrambi i casi, questa azione prevede un’interazione tra museo e visitatore. Nel primo caso tale interazione è condotta dall’insieme di informazioni fornite al visitatore prima dell’acquisto del biglietto, erogate sia dal personale di biglietteria che dall’insieme di strumenti informativi che sono presenti nei locali adibiti alla vendita dei biglietti. Nel secondo caso l’interazione è tra il sito web del museo, l’eventuale sito web di vendita dei biglietti, e l’insieme di informazioni (banner, disclaimer pop-up, ecc.) che possono essere realizzate per catturare l’attenzione del visitatore prima dell’acquisto del proprio biglietto.
Proposte per una nuova concezione di museo
Ora, immaginiamo che il visitatore si rechi presso il museo. E che giunto al banco di vendita, l’operatore, prima di vendere il biglietto, appurato di essere “cittadino”, proponga una modalità di visita dedicata esclusivamente ai cittadini. Una visita guidata di introduzione, con, inclusa nel prezzo, una visita guidata “gratuita”, successiva al giorno di primo accesso, dedicata esclusivamente ad un’opera presente nel museo. Il visitatore, se interessato, potrà quindi decidere di accedere alla visita generale, durante la quale identifica alcune opere che gli risultano particolarmente interessanti. Torna a casa, e scopre il catalogo delle visite guidate per opera. Una visita breve, che oscilla tra i 30 e i 45 minuti, che si tiene in settimana, fuori dagli orari di lavoro, e che termina, per chi vuole, con un piccolissimo aperitivo nello spazio caffetteria del museo. Immaginiamo che, contestualmente, non solo la comunicazione del museo, ma la comunicazione di tutti i musei di quella città si strutturi, sia online, sia e soprattutto off-line, sulle “opere” e non sulla “collezione”. Che nel discorso pubblico divenga normale intendere che chi va al museo, va a scoprire una specifica opera, a meno che non sia la prima volta che visita la collezione permanente.
I benefici di un museo orientato alle opere
Questo scenario potrebbe notevolmente modificare le modalità con cui i cittadini vivono non solo le proprie esperienze di fruizione museale, ma anche il modo in cui, almeno quella parte di cittadini interessata all’arte e alla cultura, vive il proprio territorio urbano. 3 musei – 100 opere ciascuna – visite guidate a partenza fissa, dal martedì al giovedì dalle 19:00 alle 20:00, con modalità di abbonamento sia “al museo”, sia “a tutte le visite guidate”. D’improvviso, il martedì può divenire, almeno per alcuni, un appuntamento fisso.
Politiche museali e sostenibilità
Perché tutto ciò non accade? Perché allo stato attuale i musei sono gestiti attraverso logiche più monetarie che economiche. Se si guarda alla sola dimensione di sostenibilità da qui a tre anni, in altri termini, un’offerta di questo tipo rischia di generare delle “perdite” sia per il museo, sia (e soprattutto) per il soggetto gestore, che, ricordiamolo, in qualità di soggetto economico che partecipa spesso in una condizione di rischio imprenditoriale, è ben legittimato a mantenere una logica di minimizzazione dei costi e massimizzazione dei ricavi. Il punto però è che questo tipo di logica è in qualche modo “imposto”, attraverso gli schemi contrattuali, e anche attraverso una visione “monetaria” di cui gli stessi Enti Pubblici proprietari dei musei si fanno portavoce. Se però ci si sposta dalla visione monetaria alla visione economica cambiano i parametri di analisi: è più sostenibile, e più economico (inteso come efficiente ed efficace), sviluppare politiche museali che favoriscono una visita mordi e fuggi con il rischio che la futura visita avverrà esclusivamente in caso di eventi particolari (mostre temporanee, recensioni di libri, ecc.), o è forse più efficiente ed efficace costruire un’offerta culturale e museale cittadina che favorisca una frequentazione assidua da parte dei cittadini?
Bisogna cambiare il modo di pensare ai musei
L’abitudine a visitare una volta a settimana i musei da parte di alcuni, potrà comportare, nel corso di 15 anni, una modifica sostanziale del rapporto tra museo e cittadinanza? Potrà risultare più normale per i cittadini andare al museo a vedere un’opera? Potrà risultare più naturale abbonarsi al museo, piuttosto che andarci solo una volta all’anno? Infine, potrà risultare più coerente con la funzione pubblica che i musei dichiarano a livello statutario di voler perseguire, fare in modo che i cittadini non solo vadano al museo una volta all’anno, ma ci si rechino con frequenza, per confrontarsi con opere in modo non superficiale?
Tutto risiede nella visione di cultura e di museo che vogliamo adottare: se il museo viene concepito, in tantissimi casi, come un “sito da gestire” garantendo specifici servizi minimi, affidando al soggetto economico che lo prende in gestione quota parte dei ricavi, a fronte di un rischio imprenditoriale, allora è naturale che il soggetto economico, che viene selezionato attraverso gare che hanno anche una componente economica, tenderà ad offrire i migliori servizi possibili mantenendo i costi di gestione bassi. Se invece il soggetto pubblico, che è il soggetto che dovrebbe essere chiamato a perseguire il pubblico interesse, oltre a questo tipo di attività, iniziasse ad investire nel museo, e non solo a coprirne le spese, e ad investire nei servizi del museo, allora i nostri musei potrebbero avere dei visitatori assidui, e perché no, magari le file per l’ingresso anche quando non è la prima domenica del mese.
Stefano Monti
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