Cambiare il mondo si può? Sì, ma soltanto con l’istruzione. Intervista a Nicolò Govoni
Nicolò Govoni, attivista e fondatore di Still I Rise, racconta in un libro come non arrendersi e rassegnarsi ai problemi della povertà, della violenza e del sottosviluppo. E perché anche l’Italia è in emergenza educativa
Un libro che racconta in dieci tappe le strategie per non rassegnarsi e per fare anche nel quotidiano una piccola rivoluzione. Le riflessioni di Nicolò Govoni, attivista e fondatore dell’organizzazione non profit Still I Rise, sono intervallate dalle fotografie e dalle testimonianze di alcuni ragazzi che hanno trovato vita nuova grazie alle scuole d’eccellenza per i più vulnerabili della terra create da Govoni tra Grecia, Turchia, Kenya, Congo, Yemen, Colombia e India. Quello in cui l’attivista, classe 1993, crede e le molle che non lo fanno demordere sono ora raccontati in Un mondo possibile. Dieci idee per cambiare il futuro e la tua vita ogni giorno, pubblicato da Rizzoli e i cui fondi serviranno ad aprire una scuola in Italia.
Ma l’Italia ha bisogno della ricetta di Still I Rise?
L’emergenza educativa nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti. Molti paesi del Sud Italia si stanno facendo avanti per ospitarci, abbiamo cominciato i sopralluoghi. La scuola italiana è infelice. Solo il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi si dice contento di andare a scuola, contro una media europea del 56%. (Fonte: OCSE). La scuola italiana è impopolare. A 15 anni, il 92% dei ragazzi e il 90% delle ragazze risponde: “No” alla domanda “Ti piace la scuola?” (Fonte: OMS). La scuola italiana è insalubre. Il 51,4% dei ragazzi soffre in modo ricorrente di stati di ansia o tristezza prolungati. Il 49,8% lamenta un eccesso di stanchezza. Sono questi alcuni dati che credo bastino a raccontare il perché è necessaria una rivoluzione, un cambiamento che parta della scuola e dall’istruzione.
Il mondo possibile secondo Nicolò Govoni
C’è poco da stare allegri, allora. Ma qual è il mondo possibile a cui fa riferimento?
Un mondo in cui sia ancora possibile immaginare con ottimismo il futuro. È possibile farlo, proprio partendo da alcune considerazioni statistiche.
A cosa si riferisce?
Il mondo in cui viviamo non è così male, ma può essere migliorato. Se pensiamo allo stato della povertà duecento anni fa l’85% della popolazione viveva in uno stato di povertà estrema. Settant’anni fa la percentuale è scesa al 50%, trent’anni fa al 36% e oggi abbiamo raggiunto il minimo storico: 9%. Certo, l’eradicazione della povertà dal pianeta è ancora lontana: oltre 700milioni persone vivono oggi con un reddito giornaliero sotto ai 2,15 dollari e 22mila bambini muoiono ogni giorno per cause riconducibili alla miseria. Bisogna ancora migliorare, nessuno lo nega. Anche per quanto riguarda la scolarizzazione all’inizio degli anni Duemila si contava che più di 400milioni bimbi non andassero a scuola, ora se ne contano 240milioni. Se poi pensiamo al senso di paura e insicurezza possiamo fare qualche raffronto. Nel Medioevo a morire di morte violenta era il 12% del totale, negli ultimi cento anni siamo passati all’1,3% e questo dato include ben due guerre mondiali.
L’infelicità e l’insoddisfazione come motori della produzione nell’intervista a Nicolò Covoni
La conclusione quale è?
Dati oggettivi dicono che il mondo sta migliorando. La domanda da porsi è perché abbiamo una sensazione opposta? Perché seminare paura, infelicità fa vendere e accresce la ricchezza, viviamo in una società congegnata per creare insoddisfazione, l’insoddisfazione fa produrre di più. E come si fa a tenere sotto controllo un popolo? Si instilla la paura dell’altro, della diversità, ma anche delle novità?
E da dove parte la costruzione di un mondo possibile?
Dalla domanda che Nicoletta Fiorani, la mia professoressa del liceo Manin, mi ha suggerito: Chiediti il perché delle cose? A questo punto da dieci anni nel mio modo di vivere e nella costruzione delle scuole che ho fondato, le scuole d’eccellenza come quelle di emergenza. E tutto questo si compie non avendo paura.
Ma come?
Scoprendo lo scopo che è dentro ognuno di noi, dandogli speranza. Per questo nelle mie scuole abituiamo i bambini a chiedersi e perseguire ciò in cui si è bravi, ciò che piace, riflettendo se questo può aiutare il mondo e cercando di capire se ciò può darti da vivere. Ed è qui che entrano in gioco passione e perseveranza, la capacità di perseguire con tenacia il sogno che ognuno ha dentro di sé. Tenere botta rispetto all’obiettivo che ci si pone, è importante. Tutto ciò riconduce a educare i bambini a credere nelle loro qualità, riconoscendole come tale e in loro stessi. L’esatto contrario di quello che accade nelle scuole normali.
La rivoluzione interiore per il cambiamento secondo Nicolò Covoni
Ciò che racconta è una sorta di training motivazionale?
Non direi. Racconto la rivoluzione interiore che dobbiamo coltivare che poi necessariamente porta all’azione. E allora si passa all’impegno nel volontariato etico, alla cooperazione, alla capacità di resistere e di porsi in gioco anche nel proprio territorio. Il vero volontariato non ha come fine i soldi ma sa tener conto degli obiettivi, selezionare le persone adatte, supervisionare ciò che accade e puntare sulle specializzazioni dei propri membri. Solo così si cresce. Ci sono poi i capitoli dedicati al boicottaggio, a piccole e grandi azioni comuni per cambiare, alla voglia di mettersi in azione per abbattere lo statu quo.
E tutto ciò a cosa porta?
A cambiare il sistema, come spiego, raccontando l’esperienza di Still I Rise. Siamo riusciti a ottenere il baccalaureato, ovvero la certificazione nata per le scuole dei diplomatici, un percorso di studi d’eccellenza che noi abbiamo portato agli ultimi del mondo. Nel penultimo capitolo racconto l’esperienza di Still I Rise e l’importanza dell’istruzione come rivoluzione dello statu quo.
Nicola Arrigoni
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