Le colonnine di ricarica delle auto elettriche si trasformano in opere d’arte. Ecco il racconto del primo artista
Si chiama "The Art in Motion Museum" il progetto promosso da Plenitude con cui tre artisti, in tredici comuni d'Italia, trasformano le stazioni di ricarica delle auto elettriche in opere d'arte. Per approfondire li abbiamo intervistati, la parola a Alberto Casagrande
Uno degli aspetti positivi della contemporaneità è che l’arte tende sempre più a uscire dai luoghi deputati per entrare nella quotidianità. Ed è proprio dalla volontà di regalare a quante più persone possibile un momento di bellezza, trasformando un gesto semplice come la ricarica di un veicolo elettrico, in un momento di connessione con l’espressione artistica che nasce The Art in Motion Museum. Progetto di Public Art ideato da Plenitude e realizzato dalla sua controllata Be Charge che, grazie al coinvolgimento di tre artisti italiani: Alberto Casagrande, Jonathan Calugi e Ray Oranges , trasforma le colonnine di ricarica in tredici comuni sul territorio nazionale in opere d’arte.
Con Plenitude le colonnine di ricarica diventano opere d’arte
I tre artisti, ispirandosi al concept Energia in movimento, alla base del progetto, hanno creato, ciascuno secondo le proprie modalità espressive, quindici opere per promuovere la mobilità elettrica. Le colonnine, concepite per armonizzarsi con il paesaggio che le ospita, sono strategicamente collocate in luoghi rappresentativi del territorio, come città, borghi, paesi di montagna e località di mare. Per approfondire il progetto, abbiamo intervistato gli artisti.
La parola a Alberto Casagrande, per approfondire il suo intervento sulle colonnine di ricarica
Come hai rappresentato il concept del progetto: “Energia in movimento”?
Sono partito indagando l’energia nelle sue diverse manifestazioni. In particolare, pensando a come si manifesta nella mia vita. Tanto fuori di me sotto forma di elemento insito nella natura, quanto – e soprattutto – dentro di me, come passione, movimento del corpo, forza del pensiero. E ovviamente attraverso la creatività.
A livello formale come hai espresso il concetto di energia?
Quello è venuto spontaneo, dal momento che il mio linguaggio visivo è per costituzione carico di energia. Mi piace giocare con le forme, astrarre i corpi. Cerco sempre una “tensione dinamica” tra gli elementi; voglio dare l’impressione che l’immagine stia per balzare fuori dalla superficie per cui è stata progettata.
Che ruolo riveste il colore nelle tue opere?
Il colore gioca un ruolo fondamentale nei miei artwork. Con il digitale si rischia di esagerare; è molto semplice eccedere, mettendo insieme troppi elementi e troppe tinte diverse. Invece personalmente, grazie al mio background da graphic designer, attribuisco la massima importanza ad ogni colore inserito che riveste un preciso ruolo nella palette. Per questa serie ho selezionato cinque colori, più di quelli che normalmente uso; perché, per esprimere il concetto di “energia in movimento”, ho sentito la necessità di lavorare con un contrasto cromatico più spinto. Sono tinte quasi tutti primarie, innaturali e ai lati opposti dello spettro. Ho armonizzato il tutto con il bianco per valorizzare il dinamismo cromatico, tirare fuori l’energia dalle forme e renderle vive.
E le linee?
Per anni le ho evitate, affidandomi agli spazi negativi per rendere le forme intelligibili. Recentemente invece ho iniziato a utilizzarle, in maniera sottile, per dare struttura e chiarezza a delle forme che stanno diventando sempre più astratte e grafiche. Mi piace però che la linea non sia del tutto regolare, che mantenga la spontaneità e la texture di quando realizzo i miei sketch.
Le colonnine di ricarica un gesto artistico per accendere un pensiero
Pensi che l’arte possa contribuire al cambiamento?
Penso che l’arte possa ispirare e incuriosire. Con i ritmi di oggi, se ti faccio rallentare per osservare ho già raggiunto un risultato.
Qual è il messaggio che vuoi dare con questo progetto?
Più che un messaggio, una speranza: quella di riuscire a utilizzare meglio l’energia, nelle sue diverse manifestazioni.
A chi ti rivolgi con questo lavoro?
A chiunque abbia voglia di fermarsi a guardare.
Le colonnine di ricarica: un progetto di public art
Cosa vuol dire per te inserire l’arte nel contesto pubblico?
L’arte pubblica deve tenere conto del contesto in cui si inserisce, ma non può limitarsi ad abbellire. Il rischio della “piacevole decorazione urbana” è sempre dietro l’angolo. L’arte pubblica che mi piace deve riuscire a instaurare un dialogo con chi la guarda, a suscitare una reazione, positiva o negativa che sia. Penso che l’arte in generale dovrebbe essere a disposizione delle persone, qualunque sia l’uso che ne vogliano fare. La mia opera deve vivere e dialogare con quello che c’era prima e con quello che ci sarà dopo la sua installazione.
Secondo te, oggi l’arte guarda verso il futuro?
A mio parere, il disegno, la pittura, il cinema, la letteratura, l’arte, in tutte le sue manifestazioni è sempre stata una lente privilegiata sul futuro. Leggendo romanzi scritti trent’anni fa capita spesso di alzarsi dalla sedia ed esclamare “ma questo è esattamente quello che è andato storto oggi, com’è possibile che nessuno abbia fatto niente per far funzionare le cose?” L’arte può tracciare delle vie, può ispirare nuove idee e può metterci in guardia. Ma, dall’altra parte, ci vogliono occhi che sappiano osservare e orecchie in grado di ascoltare.
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Ludovica Palmieri
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