Leggere, scrivere e far di conto. Le basi culturali contro l’analfabetismo funzionale 

In una società in cui è in aumento l'analfabetismo funzionale le attività che stimolano la mente, a partire della lettura e dell'arte, acquistano un ruolo di primo piano

In un recente comunicato stampa dell’ANSA vengono riportati i risultati di una ricerca  neuro scientifica  che testimonia, sotto l’aspetto strutturale, che i lettori appassionati sviluppano più di chi non legge alcune aree del cervello. Soltanto 10 anni fa, questa notizia sarebbe stata liquidata con un sonoro e goliardico “ma va?”, relegando dunque l’intera ricerca in quel filone di lavoro accademico che ha l’obiettivo di certificare cose che già sono note a tutti. Oggi, però, con la grande e grave influenza di analfabetismo funzionale che ha colpito la nostra società e con il cattivo utilizzo dell’intelligenza artificiale che rischia di rendere tale influenza cronica, è forse opportuno ribadire il concetto che, pur senza immagini strutturali, è noto da sempre alle società umane. È importante saper leggere, scrivere e far di conto. 

Leggere, scrivere e far di conto per capire meglio il mondo 

È importante perché è necessario. Ma è importante anche perché chi lo sa fare e lo fa spesso sviluppa una serie di tratti caratteristici che gli consentono di “capire” meglio il mondo

Chi ha vissuto nel tempo in cui esistevano ancora gli analfabeti, non quelli funzionali, quelli veri, che non riuscivano a mettere la propria firma, ricorderà le raccomandazioni che quegli anziani, nati durante la grande guerra, davano alle nuove generazioni. Forse è importante reiterare tali raccomandazioni, adeguandole al nostro contesto. 

La società dell’informazione 

Raccomandazione numero 1: sebbene esistano numerosi strumenti per leggere e scrivere e far di conto è essenziale coltivare queste capacità che rappresentano l’allenamento primordiale, il riscaldamento cognitivo necessario a vivere in una società fondata sull’informazione. Tale raccomandazione introduce il motivo per cui è altrettanto importante frequentare musei, biblioteche, acquistare libri, vedere film; andare al cinema, al teatro, a spettacoli di danza, concerti e a qualsiasi manifestazione simbolica prodotta dalla società. Non si tratta solo di entertainment ma di entrare in contatto con ciò che distingue la nostra specie dalle altre; di approfondire una gamma di significati, riflessioni, ricerche ed emozioni che trovano migliore espressione in linguaggi non verbali o para-verbali. 

Raccomandazione numero 2: è necessario essere consapevoli di ciò che si legge, si scrive, dei significati e dei motivi di tali azioni.  Se si legge un testo, bisogna capirlo. Se si guarda un dipinto, bisogna comprenderlo. Se si guarda un film è necessario ragionare sulla sua valenza simbolica. Quando si guarda un banner pubblicitario è bene porre la dovuta attenzione. Il corollario di questa raccomandazione implica lo sviluppo di un’azione critica. Qualunque elemento culturale esprime una lettura del mondo cui associarsi o da cui prendere le distanze. Una riflessione (o un’assenza di riflessioni) con cui confrontarsi in modo attivo. 

Raccomandazione numero 3: è importante affinare i propri sensi e le proprie capacità cognitive. Non basta fruire passivamente. Esiste una definizione che è importantissima: consumo culturale “attivo”. Scrivere, suonare, recitare, ballare, dipingere o disegnare, sono tutte attività positive per la nostra persona e per la collettività, per le reti sociali, per la capacità di stare in gruppo. Non bisogna essere Mozart. Né Picasso. Così come per fare la corsetta al mattino non bisogna essere un atleta olimpico. 

Raccomandazione numero 4: è importante capire cosa produciamo, e perché. Perché teniamo aperte le biblioteche? Perché facciamo ricerche sulla cultura? Perché produciamo una specifica mostra d’arte contemporanea? Perché cerchiamo di coinvolgere le persone in un’attività archeologica? Perché o per chi è importante la mostra sul Futurismo a Roma? A cosa serve la mostra di Munch attesa per il 2025, sempre a Roma? Al di là della trama, di che cosa parla, realmente, Cecità di Saramago (al 16° posto dei libri più venduti dell’ultima settimana sul sito Feltrinelli)? 

La cultura per raggiungere la consapevolezza 

Quest’ultima raccomandazione è particolarmente importante, perché da un lato si applica ad una grande platea di soggetti diversi (dalle pubbliche amministrazioni ai governi, dagli artisti contemporanei ai consulenti economici in ambito artistico culturale fino ai ricercatori e ai professori accademici), e perché dall’altro impone una riflessione concreta e costruttiva sulla produzione culturale del nostro tempo. 

Il meccanismo produttivo istituzionalizzato che ha assunto la cultura, in Italia ma non solo, induce ad una reiterazione che spesso può far concentrare gli operatori sull’ordinaria amministrazione a discapito del medio periodo. Non si tratta solo di attenzione, ma anche di risorse. 

L’importanza della cultura a livello nazionale 

Perché è importante che la cultura venga stimolata su tutto il territorio nazionale? Perché è importante finanziare una mostra d’arte contemporanea in un territorio abitato da meno di 10.000 abitanti? Ha senso avviare una progressiva riconnessione tra i linguaggi dell’arte contemporanea e quell’insieme tutto sommato maggioritario di persone che non possiede la capacità di interpretarne i segni e i simbolismi? Ha senso finanziare una ricerca sui bisogni culturali del territorio, pur sapendo che non ci saranno risorse per soddisfarli; o è più utile sviluppare un altro tipo di attività? Quanti dei progetti finanziati dall’Unione Europea alle università hanno un reale impatto sulla società? Quanti finanziamenti in nome del pluralismo culturale erogati a soggetti di varia natura si traducono poi in un’adeguata offerta? Quali sono i reali obiettivi dei fondi erogati attraverso il meccanismo delle “Capitali della cultura”? Come vengono scelti i musicisti e i performer per i concerti in piazza nelle varie città? La loro selezione ed esibizione è un momento esclusivamente aggregativo per la collettività o riflette anche una volontà da parte degli enti locali di avvicinare la comunità che sono chiamati ad amministrare a sonorità che sono differenti da quelle che accompagnano le persone nei supermercati? Ha senso insegnare ai bambini il capitello ionico prima di insegnare loro la differenza tra un atto vandalico e un’opera di street art? Ha davvero senso limitare la disciplina delle start-up a settori cosiddetti “innovativi”; o è più utile estendere tale disciplina di favore anche a soggetti che producono attività culturali e creative? Può essere utile definire sin dalla scuola dell’infanzia un percorso formativo che insegni ai bambini ad utilizzare in modo costruttivo le nuove tecnologie, fornendo loro competenze in materia di scrittura di codici e di utilizzo dell’intelligenza artificiale? 

Il ruolo della cultura in Italia 

La grande eterogeneità delle espressioni culturali del nostro tempo non può essere semplicemente condotta secondo una logica di ordinaria amministrazione, ma va inquadrata in una visione di più ampio respiro, di più profonda consapevolezza. Spesso a mancare è proprio questa consapevolezza, che svuota di senso ogni tipo di fruizione, e trasforma ogni lettore, ogni spettatore, ogni fruitore in mero cliente. 

L’esposizione e l’abitudine sono elementi importanti, e le politiche culturali degli ultimi anni hanno senza dubbio puntato su questo aspetto. È però necessario fare un salto evolutivo, e iniziare ad interrogarsi davvero sul ruolo che la cultura deve avere sulla nostra collettività. 

Stefano Monti 

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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