Donne, paesaggi e animali fantastici nella mostra di Tomoe Hikita a Roma
Figure femminili nude, antilopi antropomorfe, paesaggi immaginari. La prima mostra personale italiana della giapponese Hikita alla galleria romana z2o di Sara Zanin regala visioni enigmatiche
Non della pura essenza dei soggetti di Morandi o dello zoomorfismo fiabesco delle acqueforti di Chagal, non dei ritratti di donna di Schiele, né delle tenui litografie di Virgilio Guidi, che guardava alle forme e ai colori di Cézanne e Matisse, si tratta. Ma del nuovo ciclo di tele e intrecci in ceramica dell’artista Tomoe Hikita (Giappone, 1985), che fanno ingresso alla z2o di Sara Zanin, per la sua prima mostra nella galleria romana.
L’immaginario di Tomoe Hikita
Da ciascuno di questi maestri occidentali l’artista sembra aver fatto sua un’indicazione, inscrivendola entro uno stile proprio: onirico ma non dozzinalmente neosurrealista, lieve, a tratti giocoso, per lo più sincopato. Dominano, senza pretese, animali fantastici – un’enigmatica antilope antropomorfa, una piccola biscia la cui coda esce dal quadro proseguendo sul muro – e, soprattutto, molteplici e nude effigi femminee. Voluttuose ed ambigue, delineate a carboncino, che paiono ora trascolorare sul piano dello sfondo, reso con pennellate veloci tra acrilico ed olio, ora affiorarne, a mostrare, in filigrana, la propria sinuosità.
Tomoe Hikita in mostra a Roma
Cifra di Hikita è la pendenza delle figure. “Ci sono campiture diagonali che individuano dei buchi nell’immagine, quasi a circoscrivere grotte. In realtà è solo pittura che genera una sorta di sospensione dando spazio alla provvisorietà di un vuoto costitutivo” spiega il curatore, Davide Ferri. Tomoe vive a Norimberga. Città cupa nelle tinte e nella storia. Da dove sorge allora il chiarore dei suoi paesaggi? Ritorna la teoria della pittura atmosferica a suggerire che il grigiore d’intorno generi, nella sensibilità artistica, l’esigenza di un’ulteriore messa a fuoco. Si coglie un’inattesa affinità con la mostra di un’altra artista, Nazzarena Poli Maramotti che in Una fòla (z2o, 2022), tra pittura e ceramica, come Hikita, raccontava di lande e di presenze animali inventate.
Le radici estetiche giapponesi nelle opere di Tomoe Hikita
Il non finito, tuttavia, è una radice propriamente giapponese, dalla quale Tomoe, pur celandolo, non si allontana. È la categoria estetica del Ma (間) che trova nel vuoto la pienezza del senso abbattendo ogni dualità: non è possibile pensare al pieno senza considerare il vuoto, entrambi sono alla base dell’opera d’arte.
Francesca de Paolis
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