Macché commerciale, la pittura è cool perché è anarchica. E introversa

Si dice sia facile da vendere, in realtà la pittura sta trionfando perché incarna alla perfezione il mood introverso e unmonumental del nostro tempo. Una riflessione di Pericle Guaglianone

Fino a non molto tempo fa la pittura godeva di pessima fama. Era considerata un mezzo espressivo “commerciale”, oppure “muscolare”, nel senso deleterio del termine. Più spesso, entrambe le cose. Insomma, era data per morta. I detrattori oggi tacciono. Avendo le cose preso tutt’altra piega se ne stanno circospetti, non si esprimono. Tutt’al più vengono a dirti che ok, i quadri vanno forte, ma è perché i tempi sono quelli che sono, c’è crisi economica, ecco perché. L’argomentazione è la solita, economicista, materialista: è il mercato che vuole la pittura, e la vuole perché c’è crisi. Quanto all’altra accusa, la pittura era ritenuta muscolare, nel senso di cafoncella, perché la si collegava – automaticamente – a un’idea eroica e un po’ sciantosa del fare artistico, molto Anni Ottanta. Come se dipingere implichi necessariamente quel dipingere. L’astio era feroce, l’odore di trementina veniva considerato fetente di suo. Il risultato era disarmante, un formalismo sotto mentite spoglie aveva ridotto il problema del cafonismo in arte a una questione mediale. 

Marco Colazzo, Spazio ottico. Olio su tela, cm70x60, 2017
Marco Colazzo, Spazio ottico. Olio su tela, cm70x60, 2017

Pittura e mercato dell’arte

Ora, l’equazione “pittura = vendite garantite” non sta in piedi. O almeno, non più. Il mercato nel 2025 è in grado di vendere qualsiasi cosa sia anche lontanamente etichettabile come arte. E non solo a ricconi e raffinati cultori dell’avanguardismo, ma anche a un pubblico non particolarmente abbiente, né colto. Oggi in soggiorno ci si può piazzare un lavoro oggettuale, concettualista, ci sta bene anche un bel video. Non sta scritto da nessuna parte che in casa debbano starci solo dipinti. Ormai sostenere che un’opera d’arte faccia arredamento solo se si vede la pennellata fa ridere. Quanto alla supposta qualità “muscolare” della pittura, il pregiudizio è ancora più facile da smontare, non avendo affatto la pittura, di suo, questa peculiarità. Anzi, il dato tosto di questi anni dice esattamente il contrario, e cioè che la pittura sta trionfando proprio in virtù della sua capacità di incarnare esteticamente il mood introverso e unmonumental del nostro tempo. Altro che muscolarità!

La pittura è democratica e anarchica

Proviamo a vederci più chiaro. Anzitutto, c’è un quid di anarchismo nella pittura che non era preventivato e che ha spiazzato tutti. Eppure si tratta di un dato lampante. Cosa c’è, infatti, di più incontrollabile, e quindi anarchico, della produzione di un quadro? Bisogna essere capaci, certo. Ma a parte questo, i costi di realizzazione di un dipinto sono minimi. Il che a chi critica il mercato dell’arte da sinistra, e che quindi dovrebbe difendere l’idea di un’arte dai bassi costi di produzione per gli artisti, andrebbe ricordato. Non solo, per realizzare un quadro non bisogna chiedere permessi, avvalersi di maestranze, e nemmeno occupare per sé grandi studi. Non c’è neppure bisogno di avere una stanza tutta per sé. Basta farsi un giro nei tanti studi condivisi tra artisti per rendersi conto di una tale evidenza. La pittura lascia spazio, in tal senso è democratica, oltre che anarchica. Ma poi, c’è una qualità portatile e insieme preziosa nei quadri, soprattutto in quelli di piccole e medie dimensioni, che sta vincendo su tutta la linea. Il motivo – qui si generalizza eh – è che il nostro presente è stanco sia di una certa leggerezza impalpabile – leggasi sbornia da immagini fotografiche –, sia, all’opposto, di una monumentalità troppo spesso retorica e frivola anche quando inattaccabile sul piano del ‘contenuto’ – leggasi mega-installazioni ambientali.

L’introversione della pittura

Oltre a ciò, c’è una qualità che si addice alla pittura che non va sottovalutata. Ed è l’introversione. Anche sul piano concreto, con la pittura l’artista può permettersi di rintanarsi, non è costretto a espandersi nello spazio. Ciò è agli antipodi rispetto al dogma – viceversa – estroverso dell’arte installativa, che in quanto tale è anzitutto spaziale. Ora, introversa è la nostra epoca, con le pandemie, gli hikikomori, il disagio psicologico causato dalla sensazione di guerre vicine e imminenti. Ma non solo. La pittura può essere introversa anche sul piano del linguaggio. Lo è quella che tira ora, che non è affatto sciantosa, né è etichettabile come ‘solare’. Al contrario, è notturna, intimista, talvolta allucinata. Non c’entra niente con gli Anni Ottanta! Semmai, è la pittura che avrebbero prodotto gli Anni Settanta se in quegli anni fosse stata in voga la pittura. Non c’è nulla di decorativo in una pittura di questo tipo, infatti non è neanche facilmente vendibile. Se proprio volessimo individuare un precedente storico, lo si potrebbe rinvenire nell’espressionismo tedesco di un secolo fa. Il che non è certo male, considerato il gigantesco spessore di quell’indirizzo.

La pittura come linguaggio contemporaneo

Resta da dire dell’accusa di disimpegno, spesso rivolta, direttamente o velatamente, alla pittura. Si tratterebbe di arte evasiva, deficitaria sul piano dell’impegno civile. Ora, anche qui, è un’argomentazione che non ha basi. Un lavoro a parete può essere mille volte più scioccante, sul piano dell’urto etico e politico, di una performance sedicente impegnata. Non è forse un dipinto Guernica? Non erano forse pittori Otto Dix e James Ensor? Ma poi, avendo ormai la retorica impregnato del suo fetore qualsiasi medium conosciuto e praticato, nessuno escluso, almeno al momento saremo tutti d’accordo sul fatto che non c’è un mezzo espressivo più adatto di altri a raccontare la realtà e a veicolare principi etici; del resto anche per questo ormai si vende tutto. Quindi anche da questo punto di vista chissà, magari a raccontare il nostro tempo in termini davvero politici, contro ogni pronostico, sarà proprio la pittura, in virtù di quella qualità anarchica e introversa di cui s’è detto. 

P
ericle Guaglianone

Libri consigliati:

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Pericle Guaglianone

Pericle Guaglianone

Pericle Guaglianone è nato a Roma negli anni ’70. Da bambino riusciva a riconoscere tutte le automobili dalla forma dei fanali accesi la notte. Gli piacevano tanto anche gli atlanti, li studiava ore e ore. Le bandiere erano un’altra sua…

Scopri di più