Intervista a Gianluca Costantini: il fumettista che sfida il potere col disegno
Da poco in libreria con il nuovo graphic novel dedicato alla vita di Ai Weiwei, Gianluca Costantini è uno dei fumettisti più apprezzati del nostro tempo. Ecco l’intervista e una sua storia inedita
Noto al grande pubblico per le sue illustrazioni a sfondo politico, spesso utilizzate come immagini per campagne sociali e call to action, Gianluca Costantini (Ravenna, 1971) è l’ospite del nuovo magazine di Artribune. Con lui abbiamo parlato del suo ultimo fumetto dedicato ad Ai Wewei, e del contributo che il disegno può offrire al giornalismo convenzionale.
Intervista a Gianluca Costantini
Cosa significa per te essere fumettista?
Essere fumettista per me significa raccontare storie attraverso un linguaggio visivo immediato e potente. Il fumetto unisce il disegno alla narrazione scritta, creando un ponte tra pensiero ed emozione. È una sfida continua: ogni tavola e vignetta devono trasmettere non solo informazioni, ma anche sensazioni, ritmo e significato. Mi piace esplorare temi complessi e stimolare riflessioni nei lettori. È anche un modo per contrastare la superficialità del mondo moderno, usando l’arte per raccontare verità, storie dimenticate, e dare voce a chi non ce l’ha.
Mi racconti in breve il tuo percorso?
Ho iniziato a disegnare fumetti e a dipingere durante il quarto anno dell’Istituto d’arte e non ho più smesso. Il disegno è sempre stato il mio linguaggio, che si è esteso al fumetto, all’illustrazione, alle esposizioni e alle installazioni. I miei primi lavori sono stati pubblicati negli Anni Novanta, ma è stato intorno al 2004 che il mio stile ha preso una nuova direzione, iniziando a raccontare la realtà. Da oltre vent’anni, il mio lavoro si concentra sul mondo, la politica e i diritti umani, cercando di dare voce a chi non ne ha. La mia arte è un commento e un’interpretazione della realtà.
Il fumetto politico di Gianluca Costantini
Sei noto per le tue vignette minimali dedicati ai grandi eventi politici e sociali del nostro tempo, dai fumetti anti-Erdogan ai disegni in omaggio a Giulio Regeni e Patrick Zaki. Cosa ti interessa raccontare?
Mi interessa raccontare storie ignorate o taciute, le voci inascoltate. La politica, i diritti umani e le ingiustizie sociali sono temi che mi spingono a usare il disegno come strumento di denuncia. Le mie vignette minimaliste cercano di ridurre l’immagine al suo nucleo essenziale, per renderla potente e immediata. Le situazioni di oppressione e violazione dei diritti mi colpiscono, e cerco di mettere in luce la realtà di chi vive queste difficoltà, come nel caso di Julian Assange o Patrick Zaki, ma anche di chi lotta quotidianamente contro sistemi ingiusti.
Il tema dei diritti umani è centrale nel tuo percorso. Eppure, nel tempo in tuo sguardo si è affinato: all’inizio il tuo soggetto era la società, il mondo, la realtà in senso ampio e con tutte le sue contraddizioni e ambizioni. Poi nel corso degli anni è diventato l’individuo singolo, la persona che perde la libertà.
Il tema dei diritti umani è sempre stato al centro del mio lavoro, ma la mia visione si è evoluta. Inizialmente, mi concentravo su società e contesti globali, su come il potere influenzi l’umanità. Con il passare degli anni, ho visto che il singolo individuo, chi perde la libertà, è un punto di osservazione più potente. Raccontare la storia di chi lotta per la propria libertà ha un impatto diretto e immediato. Il mio sguardo è passato dalla società al vissuto intimo e umano della libertà individuale, cercando di rappresentare la sofferenza, la resistenza, ma anche la speranza di chi non smette di lottare nonostante la repressione.
Cosa può aggiungere un fumetto o una illustrazione al giornalismo convenzionale? Quanto possono essere di aiuto immagini come le tue, nella promozione dei diritti umani?
I fumetti e le illustrazioni possono aggiungere un valore fondamentale al giornalismo, specialmente quando si trattano tematiche complesse. Le immagini hanno un potere universale che le parole, da sole, a volte non riescono a trasmettere con la stessa forza. Possono rendere le storie più accessibili e coinvolgenti, permettendo al pubblico di entrare in empatia con le persone e le situazioni. Nel contesto dei diritti umani, un’illustrazione può mostrare l’ingiustizia in modo diretto, scuotendo le coscienze e stimolando un cambiamento. Le immagini abbattendo le barriere linguistiche e culturali, rendono la lotta per i diritti umani più globale e comprensibile.
Il fumetto di Gianluca Costantini con Ai Weiwei
Oltre a ritrarre personaggi politici e figure impegnate nella sfera sociale hai spesso rivolto le tue matite anche verso poeti, letterati e artisti – da Pier Paolo Pasolini a Paolo Volponi. Si aggiunge a questa categoria anche Ai Weiwei. Com’è nato il dialogo con l’artista?
Il dialogo con Ai Weiwei è nato in modo naturale, data la nostra comune visione dell’arte come strumento di resistenza. Ho sempre ammirato la sua capacità di usare l’arte per denunciare e sfidare il potere, un po’ come cerco di fare con il disegno. La nostra connessione è stata alimentata dal rispetto reciproco per l’arte come mezzo per raccontare storie scomode e mettere in discussione le ingiustizie. Quando ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con lui, è stato un incontro spontaneo, tra due mondi che si trovano sulla stessa lunghezza d’onda, desiderosi di raccontare la verità.
Il fumetto Zodiac (pubblicato in Italia da Oblomov e scritto a quattro mani con Elettra Stamboulis) racconta la vita di questo artista dissidente. Me ne parli?
Zodiac è un progetto molto importante per me, che mi ha permesso di esplorare la vita di Ai Weiwei da un punto di vista nuovo. Il fumetto racconta non solo la sua storia personale, ma anche la sua lotta contro il totalitarismo, riflettendo la sua resistenza attraverso l’arte. Ho collaborato strettamente con Elettra Stamboulis, che ha scritto il testo, per creare un linguaggio visivo che potesse riflettere la complessità delle sue idee. Ogni animale dello zodiaco cinese rappresenta un aspetto profondo della sua vita e del suo pensiero, come il topo, simbolo del potere insidioso dello Stato, e il cavallo, che simboleggia la libertà artistica.
E il fumetto inedito che hai realizzato per Artribune di cosa parla?
Il fumetto che ho realizzato per Artribune è un approfondimento su Zodiac, dedicato alla figura di He Youzhi, un disegnatore cinese che ha avuto un impatto profondo sul mio lavoro. È stato Ai Weiwei a farmelo conoscere e a spingermi a studiarne l’arte. La sua linea, asciutta e potente, ha influenzato il mio disegno in un modo che non avevo mai sperimentato prima. He Youzhi è stato un artista che ha sfidato le convenzioni del suo tempo, riflettendo la complessità della società cinese. Pur non avendo mai avuto l’opportunità di incontrarlo, considero la sua influenza come una forma di insegnamento, che si è manifestata nel mio approccio a Zodiac. Questo fumetto è il mio modo di omaggiare la sua arte e di esplorare come le tradizioni artistiche possano attraversare i confini del tempo, influenzando anche chi non ha incontrato i propri maestri di persona.
Alex Urso
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