A Parigi una mostra ricostruisce la fortuna dei film ambientati nell’Antichità

In 130 anni di storia del cinema, l’Antichità è sempre stato uno dei temi più ricorrenti e amati. Con oltre 200 opere tra manifesti, costumi, oggetti scenici e documenti, questa mostra ripercorre tutti i capolavori più celebri che l’hanno raccontata

Dalle origini a Megalopolis, l’Antichità è un tema che ha attraversato tutta la storia del cinema. È la riflessione che ha portato la Fondation Jérôme Seydoux-Pathé di Parigi a organizzare Antiquité et cinéma, un’esposizione curata da Stéphanie Salmon e Pénélope Riboud-Seydoux che mette in mostra più di 200 opere fra fotografie, manifesti, costumi, accessori, parti di scenario, estratti di film. Si è fatto riferimento principalmente al ricchissimo archivio della fondazione Pathé (che conserva fra l’altro circa 10.000 film di cui 9.000 muti), ma anche a prestiti provenienti dalla Cinémathèque française, dalla Cineteca di Bologna e dal Museo Nazionale del Cinema di Torino.

L’Antichità vista dallo schermo alla Fondation Jérôme Seydoux-Pathé di Parigi

Attraverso le varie sezioni della mostra si scoprono i diversi momenti che hanno caratterizzato la fortuna o il declino delle produzioni in costume, con al centro il mondo della Roma classica o l’Egitto antico. Fino ad arrivare agli scenari mesopotamici, che hanno affrontato, di volta in volta, temi biblici, storici, mitologici. Un universo affascinante che lega Lidia Quaranta e Bartolomeo Pagano (due degli attori protagonisti di Cabiria, il cui manifesto accoglie i visitatori) a Kirk Douglas, Liz Taylor, Richard Burton, Claudette Colbert, Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Massimo Girotti, e i tanti altri attori famosi che hanno indossato tuniche e calzari in 130 anni di storia della settima arte. Stesso discorso può essere fatto per i registi, perché si spazia dalle prime produzioni del XIX Secolo, a film usciti poche settimane fa; dai fratelli Lumière a Francis Ford Coppola, come si accennava all’inizio, passando per Cecil B. DeMille, Mervyn LeRoy, Sergio Corbucci, Riccardo Freda, Pier Paolo Pasolini, Ridley Scott. Cinema popolare e cinema d’autore che si mescolano senza soluzione di continuità.

La quadriga di Ben-Hur e i costumi di Asterix nella mostra a Parigi

Ad accogliere i visitatori nella sala d’ingresso della Fondazione c’è la quadriga di Ben-Hur – il colossal del 1959 di William Wyler con protagonista Charlton Heston – che è senz’altro uno dei capolavori del genere. Il romanzo omonimo di Lee Wallace era già stato il soggetto per altri due film del periodo muto (1907, 1925): fatto che testimonia un interesse vivo fin dall’inizio delle produzioni hollywoodiane per l’antichità romana.
A fronteggiare la quadriga – ed è un tributo all’Antiquité à la Galoise – ci sono alcuni costumi di Madeleine Fontaine ispirati all’universo creativo di René Goscinny e Albert Uderzo: gli autori di Asterix, personaggio dei fumetti passato sul grande schermo con grande successo in Francia in una quindicina di lungometraggi a partire dal 1967.

I film biblici e Cabiria in mostra a Parigi

La sala espositiva al primo piano racconta con uno svolgimento sostanzialmente cronologico l’evolversi e le reinterpretazioni del mondo antico sul grande schermo. Nei primi anni, a partire dal 1903, Pathé esce con una serie di film a tema biblico, poi – nel decennio successivo – si orienta verso scenari a carattere storico o adattamenti di testi letterari. Ma sono le produzioni dei primi lungometraggi italiani a caratterizzare il periodo e le opere francesi segnano il passo. I manifesti per l’edizione francese di Cabiria presentano il film come espressione del genio di Gabriele D’Annunzio. Per contro, Maciste, uno dei protagonisti del colossal di Giovanni Pastrone, sarà poi l’eroe di almeno una ventina di pellicole. A Hollywood sarà Cecil B. DeMille ad assicurare con produzioni premiate dal pubblico la transizione fra muto e sonoro. Il regista – che firmerà più tardi uno dei grandi successi del genere, I dieci comandamenti (1956) – riuscirà spesso a eludere i lacci censori imposti dal Codice Hays (le linee guida che per molti decenni limitarono la produzione filmica negli USA), mescolando abilmente messaggi religiosi e sensualità.
La mostra parigina è anche l’occasione per scoprire il lavoro di artigiani meno conosciuti del sistema hollywoodiano, come il costumista Herschel Mc Coy accreditato in più di 150 produzioni fra il 1936 e il 1956 (anno del suo improvviso decesso). Riceverà l’Oscar per i migliori costumi per Quo Vadis, il film del 1951 di Mervyn LeRoy.

Parigi. Fondation Jérôme Seydoux-Pathé. Mostra Antiquité et cinéma. Costumi indossati da Liz Taylor in Cleopatra
Parigi. Fondation Jérôme Seydoux-Pathé. Mostra Antiquité et cinéma. Costumi indossati da Liz Taylor in Cleopatra

L’epoca d’oro dei peplum e la Hollywood sul Tevere in mostra a Parigi

Saranno proprio gli anni fra il 1949 e il 1964, con due film emblematici – Fabiola (1949) di Alessandro Blasetti e La caduta dell’Impero Romano (1964) di Anthony Mann, protagonista Sophia Loren – che segneranno idealmente l’inizio e la fine dell’epoca d’oro dell’Antichità nel cinema. Sono i cosiddetti peplums che affascinano milioni di spettatori. Incoraggiati dai successi nelle sale di Spartaco (1953) di Riccardo Freda e Le fatiche di Ercole (1958) di Pietro Francisci, anche le major americane trasferiscono le produzioni a Roma, dove i costi sono minori e si può comunque fare affidamento su una manodopera qualificata. Fra i primati del genere, bisogna citare il film La Tunica (1963) di Henry Koster, protagonisti Richard Burton e Jean Simmons, ricordato per essere stato il primo girato in CinemaScope.
Ma le curiosità sono tante. In Romolo e Remo (1961) di Bruno Corbucci, protagonisti Gordon Scott e Steve Reeves, due bodybuilder della prima ora, recitano anche Massimo Girotti, Virna Lisi e Ornella Vanoni. È l’epoca delle grandi produzioni hollywoodiane come Cleopatra (1963) di Joseph L. Mankiewicz, film passato alla storia per essere stato uno dei più costosi in assoluto e aver seriamente messo a repentaglio i bilanci della 20th Century Fox. Una foto in mostra riprende la protagonista Liz Taylor nel momento della firma del contratto, una cifra record per l’epoca. Alla Fondazione è esposto uno degli oltre sessanta costumi preparati per la diva che su quel set iniziò la tumultuosa relazione con Richard Burton. Da ammirare assieme ai vestiti di un’altra Cleopatra, Claudette Colbert, ai costumi di scena di Lana Turner, ai gioielli indossati da Theda Bara, allo scudo di Brad Pitt.
Il tema dell’antichità non sparirà del tutto, ma dalla seconda metà degli Anni Sessanta le produzioni avranno un drastico cambio di indirizzo, pur potendo annoverare interpretazioni d’autore, come quelle di Fellini (Satyricon, 1969) e Pasolini (Medea, 1969). Sarà Il Gladiatore di Ridley Scott a rilanciare il genere, seguito dalle grandi produzioni degli Anni Duemila, principalmente americane.

Dario Bragaglia

Antiquité et Cinéma
Fondation Jérôme Seydoux-Pathé
Fino al 29 marzo 2025

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Dario Bragaglia

Dario Bragaglia

Dario Bragaglia si è laureato con Gianni Rondolino in Storia e critica del cinema con una tesi sul rapporto fra Dashiell Hammett e Raymond Chandler e gli studios hollywoodiani. Dal 2000 al 2020 è stato Responsabile delle acquisizioni documentarie e…

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