Claire Fontaine mette in mostra a Bologna i mezzi per la lotta femminista
La libertà delle donne è ancora in fieri. Così il duo artistico più famoso dell'arte contemporanea, con il progetto Lotta, accende il dibattito sulla necessità di usare nuovi strumenti intellettuali per l'emancipazione femminile
A Bologna, il duo artistico Claire Fontaine esplora in una mostra i mezzi di resistenza per liberare il corpo femminile dai canoni e dai pregiudizi che lo hanno sempre perseguitato. L’esposizione, dall’esplicito titolo Lotta, presso la storica galleria De’ Foscherari, è accompagnata da un testo critico di Fabiola Naldi e sarà visitabile fino al 1° maggio.
La parola critica come arma d’assalto
Lotta, l’insegna al neon che campeggia nella vetrina della galleria è ormai un segno distintivo inconfondibile di Claire Fontaine. Già a un primo sguardo, l’allestimento offre esattamente ciò che ci si aspetta da un duo artistico con un marcato focus femminista. Tuttavia, addentrandosi nello spazio espositivo, la resistenza si intensifica, trasformandosi in un grido ancora più eloquente.
Ad aprire la mostra è la serie Brickbat, mattoni modellati come libri. Il primo è di Suzanne Santoro. La scultura manifesta una critica feroce, che affronta temi come la sessualità femminile, la maternità e il potere generativo delle donne. Il libro-mattone, carico del pensiero acuto di Santoro, sembra pronto a infrangere le finestre del patriarcato.
La mostra prosegue con i Brickbat intrisi del pensiero di Carla Lonzi, figura centrale del femminismo radicale italiano degli anni Settanta. L’attivismo e le parole di queste donne prendono forma in mostra, trasformandosi in autentiche armi di ribellione.
Distruggere per creare sensi
Proseguendo, lo sguardo dello spettatore non può fare a meno di soffermarsi sulle fedeli riproduzioni dell’acclamato capolavoro di Gustave Courbet, L’origine du monde. Ben sedici riproduzioni dell’opera, che un tempo scandalizzò il mondo, segnate da atti vandalici. Evidenti tratti di bomboletta spray deturpano le immagini, ripetendosi in forme e colori, quasi fossero un mantra. Un’installazione che indaga il valore aggiunto che l’atto di aggressione conferisce, non solo all’immagine pubblica dell’opera, ma anche al pensiero che essa incarna oggi. In questo contesto, il vandalismo non viene condannato, bensì accolto, trasformando l’oggetto colpito in qualcosa di più prezioso rispetto alla sua forma originaria.
Lotta interpreta il vandalismo come una forma di espressione culturale capace di agitare le acque stagnanti della società. “Che Lotta sia allora”, scrive Fabiola Naldi nel suo testo critico.
Basterebbe l’essenziale per sostituire la magia?
Mentre i Brickbat e l’opera di Courbet rappresentano forme di protesta dirette, The World’s Mine Oyster comunica il suo messaggio su più livelli. La forma dell’ostrica, da secoli associata agli organi riproduttivi femminili, è entrata nel mondo dell’arte come simbolo inequivocabile di sensualità e potenza della donna, trovando spazio sia nei capolavori rinascimentali che nel movimento surrealista.
Claire Fontaine riprende questa iconografia, spogliandola della sua poetica. Un box al neon a forma di ostrica che, privo di dettagli, richiama piuttosto l’estetica essenziale di un’emoji. Il simbolo, carico di significato, viene qui ridotto alla sua funzione più semplice, riflettendo un atteggiamento patriarcale che riduce le donne a meri strumenti di riproduzione.
Questa reinterpretazione visiva attraversa l’intera mostra, lanciando un messaggio d’allarme: il corpo femminile, privato progressivamente della sua autonomia, viene trasformato in un oggetto sempre più manipolabile, al centro di un dibattito politico.
Valeria Radkevych
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