Je et un autre

Informazioni Evento

Luogo
GUZMÁN GALLERY ART & DRINKS
Via San Domenico 94, Cagliari, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

mercoledì-sabato dalle 19.00

Vernissage
29/01/2025

ore 19

Curatori
Ivo Serafino Fenu
Generi
arte contemporanea

Mostra JE EST UN AUTRE, io non mi assomiglio mai, a cura di Ivo Serafino Fenu e dedicata al ritratto d’artista.

Comunicato stampa

Tra narcisismo, mecenatismo e specchi infranti, mercoledì 29 gennaio (ore 19.00), presso la Guzmán Gallery Art & Drinks di Cagliari in Piazza San Domenico, sarà inaugurata la mostra JE EST UN AUTRE, io non mi assomiglio mai, a cura di Ivo Serafino Fenu e dedicata al ritratto d’artista. Uno tra i temi più ambigui, sfuggenti e complessi dell’arte, e non solo di quella contemporanea ma che, nei suggestivi spazi della Guzmán, verrà declinato da una prospettiva piuttosto singolare e accattivante con l’esposizione, per la prima volta, di un consistente numero di ritratti dello stesso Ruggero Mameli, collezionista e direttore dello spazio, realizzati da un gruppo di giovani artisti presenti nella sua collezione, nell’ordine: Luciana Aironi, Silvia Argiolas, Nicola Caredda, Gianni Casagrande, Silvia Mei, Vincenzo Pattusi, Paolo Pibi, Massimiliano Rausa e Giuliano Sale.

 

Il ritratto e, insieme, l’autoritratto d’artista, sono tra i temi più ambigui, sfuggenti e complessi dell’arte, e non solo di quella contemporanea. L’ambiguità è tutta nei termini, nel primo caso ritratto/ritrarre, nel secondo autoritratto/autoritrarsi, dunque nella doppia valenza di riprodurre/riprodursi e di farsi indietro, occultarsi. La prassi del “ritrarre” e del “ritrarsi” – in una fase storica in cui, peraltro, la crisi del soggetto è un dato acquisito e nella quale la realtà è sempre più fluida e i ruoli si confondono e/o si fondono – non può che manifestarsi se non nella forma della negazione, della sottrazione o della dissimulazione e i giochi di sponda, di riflessione, di rifrazione, di distorsione e di moltiplicazione dell’io divengono più reali e coercitivi della realtà stessa. Capita così che concetti come “identità” e “alterità” e la stessa “dialettica del riconoscimento” vengano sovvertiti, scambiati o, ancora, ambiguamente contaminati. Il tema del ritratto per l’artista contemporaneo diventa, dunque – tra frammentazione dell’Io, identità plurime, intercambiabili e indefinibili, identità schizoidi e non ricomponibili – il pretesto per un processo di analisi e di autoanalisi dagli esiti quanto mai incerti.
Le probabilità che un simile processo possa esasperare il narcisismo che pervade, più o meno coscientemente, il percorso individuale di ogni artista sono alte tanto da sfociare, talvolta, in un esasperato egotismo. Non è, tuttavia, un percorso scontato e spesso può condurre, viceversa, a una dolorosa analisi del profondo, a un percorso di conoscenza che proprio nel mito di Narciso trova una plausibile chiave interpretativa: innamorandosi della propria immagine, il fanciullo afferma che il viaggio conoscitivo più radicale e originario è proprio quello dentro sé stessi, seppure, nella fattispecie, la conoscenza di sé lo porterà alla morte.
In questo gioco, in sé già complesso, si inserisce un altro giocatore, capace con la sua forza di persuasione e la sua presenza incombente, di sparigliare le carte o, per restare in media res, moltiplicare e/o frantumare lo specchio di Narciso: è il collezionista, nella fattispecie Ruggero Mameli, con la sua pretesa di essere ritratto dai “suoi” artisti nelle maglie strette e talvolta perverse che intrecciano mecenatismo e narcisismo. La funzione del collezionista, essenziale per il sistema dell’arte, quando sfiora i territori abitati da Narciso, non può non confliggere e deflagrare se agli artisti viene commissionato/imposto un ritratto che, giocoforza, può o potrebbe compromettere quelle tecniche di depistaggio strategico anzidetto, pena la temuta imbalsamazione precoce sia dell’artista sia dello stesso committente. Un ritratto rappresentante, nella moltiplicazione degli specchi, anche l’artista, il sistema di potere e il rapporto di soggezione tra i due, sempre che, proprio quel depistaggio strategico, non assuma la vis dell’ironia e della dissacrazione.
Tutti gli artisti in mostra hanno interpretato il quadro/specchio come strumento non solo deputato a duplicare il mondo sensibile ma, soprattutto, come un artificio fisico e concettuale capace di rendere l’osservatore soggetto e oggetto dello sguardo. Sguardo plurimo perché è al contempo quello dell’artista e quello del collezionista: un gioco perturbante e vertiginoso, incapace di dare risposte perché in bilico tra verità e finzione, in un eterno enigma tra frantumazioni e improbabili ricomposizioni negli insondabili territori dell’irrazionale. Alla ricerca del Sé, dunque oltre l’immagine riflessa ma in fuga da Narciso e dai suoi specchi ingannevoli e fatali, nella consapevolezza che io è un altro.
Ivo Serafino Fenu