Un’intervista per capire come cambia l’archeologia nella nuova Siria
Abbiamo intervistato Anas Haj Zidan, nuovo Direttore Generale dell’Antichità e dei Musei della Siria. Dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad, si aprono nuove prospettive anche per gli scavi archeologici e i musei del Paese, che tanto hanno sofferto negli scorsi decenni
Il dott. Anas Haj Zidan è stato recentemente nominato Direttore DGAM – Direzione Generale dell’Antichità e dei Musei, nella nuova Siria. Haj Zidan ha intrapreso un percorso accademico in Italia, conseguendo la magistrale a Firenze e poi il dottorato presso Sapienza Università di Roma. Nel corso della sua formazione, ha avuto modo di lavorare nelle missioni archeologiche italiane in Siria. Lo abbiamo intervistato per saperne di più sulla situazione in cui si troverà ad operare.
Intervista ad Anas Haj Zidan
Come valuta lo stato attuale delle antichità e dei siti archeologici siriani?
Negli ultimi quattordici anni, la situazione delle antichità in Siria è diventata inimmaginabilmente dolorosa e orribile, colpendo tutte le parti del Paese senza eccezioni. Le antichità hanno perso il loro valore simbolico e culturale e sono diventate una merce accessibile a tutti, in assenza di leggi regolatrici e a causa del debole ruolo delle autorità competenti. Gli scavi illegali sono diventati molto diffusi e molti siti archeologici sono stati bombardati e distrutti. Le colline e i siti archeologici sono diventati centri di concentramento per le forze russe e del regime, e alcune colline sono state trasformate in caserme militari e centri di addestramento. Inoltre, abbiamo assistito a un commercio diffuso di reperti archeologici e storici, mentre alcuni siti archeologici sono stati trasformati in rifugi per gli sfollati, alla luce delle difficili condizioni umanitarie. Purtroppo alcuni siti sono stati completamente rasi al suolo dai macchinari pesanti, cancellando in modo irreversibile le loro caratteristiche storiche.
E cosa ci può dire dei musei?
Per quanto riguarda le condizioni dei musei, si può affermare che i musei di Daraa, Swayda, Aleppo e in particolare il Museo di Damasco sono in ottime condizioni, in quanto non sono state registrate perdite nei reperti lì contenuti. Per quanto riguarda i musei di Homs e Hama, sono in condizioni relativamente buone, nonostante alcune difficoltà. La situazione è invece più tragica per i musei di Palmira, Raqqa e Arwad, che hanno subito gravi danni. In particolare, il Museo di Arwad è stato vittima di incuria recentemente e la sua posizione geografica remota, trovandosi su un’isola, ne ha reso difficile il monitoraggio e l’osservazione. Nelle ultime settimane il museo è stato gravemente danneggiato e, a scopo precauzionale, alcuni reperti importanti erano stati spostati in un luogo sicuro. Tuttavia, il museo non fu risparmiato da furti e vandalismi: ciò che restava delle sue collezioni fu saccheggiato e le vetrine distrutte.
Il futuro dei siti archeologici in Siria
Quali sono i vostri attuali piani per riqualificare e restaurare i siti archeologici e riaprire i musei?
Al momento ci stiamo concentrando sull’organizzazione di conferenze internazionali di donatori per garantire i finanziamenti necessari per le operazioni di restauro e riabilitazione. Cerchiamo anche di riattivare il lavoro delle missioni archeologiche straniere, ma secondo nuovi termini e condizioni che garantiscano il raggiungimento di accordi equi che includano lo sviluppo e la formazione di quadri locali in vari campi, come l’esposizione museale, l’archiviazione, il restauro e la conservazione, corsi di formazione e operazioni sul campo nei siti archeologici. Stiamo inoltre riorganizzando e distribuendo la nostra forza lavoro in base alle rispettive aree di competenza, soprattutto nei settori dell’architettura e del restauro, dove abbiamo urgente bisogno di tecnici specializzati in lavori archeologici.
E poi?
I nostri piani includono anche l’avvio di missioni archeologiche, nuovi programmi di formazione e il contributo alla creazione di dipartimenti post-laurea presso università e istituti per qualificare le nuove generazioni di esperti. Vogliamo inoltre sviluppare i musei e accrescere il loro valore culturale e storico, in modo da consentire che il patrimonio culturale siriano venga messo in luce come fonte di orgoglio e di memoria collettiva per l’umanità.
E per quanto riguarda le prossime attività di scavo?
Le future missioni archeologiche opereranno nell’ambito di una cooperazione accademica supportata da licenze e accordi tra le parti interessate. Purtroppo, le licenze e gli accordi raggiunti in passato si sono rivelati decisioni fragili e inefficaci, e non sono stati implementati efficacemente sul campo. Di conseguenza, molti reperti sono stati ammucchiati nei magazzini senza i necessari studi e analisi di laboratorio e storici.
Uno dei maggiori problemi che dobbiamo affrontare è la mancanza di trasparenza nella pubblicazione dei rapporti annuali di ogni missione, che ha impedito ad accademici e ricercatori di essere informati sui risultati delle operazioni di ricerca e di scavo. Molti dei nostri magazzini non sono adeguatamente attrezzati per ricevere questa enorme quantità di reperti, il che comporta l’accumulo di pezzi senza essere studiati e analizzati in modo scientifico e preciso.
Quando dice che i magazzini non sono attrezzati adeguatamente, cosa intende di preciso?
Oggi il magazzino del Museo di Aleppo subisce gravi danni a causa delle perdite d’acqua causate dalla mancanza di elettricità necessaria per pompare fuori l’acqua. In queste difficili circostanze, stiamo adottando urgenti misure di emergenza per salvare questi magazzini e proteggerli da ulteriori danni. Siamo in contatto con le parti europee, inclusa quella italiana, per coordinare gli sforzi e fornire supporto tecnico e logistico in questa fase critica. Il nostro obiettivo è collaborare con tutti, senza eccezioni, nel rispetto di visioni e obiettivi comuni.
Per quanto riguarda i reperti che sono stati contrabbandati fuori dal Paese e commercializzati, esistono contatti continuativi per ritrovarli e restituirli?
Purtroppo, gran parte del patrimonio culturale siriano è stato portato fuori dal Paese illegalmente e stiamo elaborando una nuova legislazione volta al loro recupero. Il problema è che molti di questi reperti non sono stati adeguatamente registrati o archiviati, mentre altri sono del tutto sconosciuti a causa degli scavi segreti e casuali condotti negli anni. Pertanto, la rivendicazione di questi beni richiede procedure lunghe e complesse, che includono il coordinamento con le organizzazioni internazionali competenti. Stiamo contattando l’UNESCO, ICOM, le ambasciate e le missioni siriane all’estero, per recuperare tutti i beni oggetto di traffico. Anche se questo sforzo richiederà molto tempo, siamo determinati a proseguire nei nostri sforzi per recuperare questo prezioso patrimonio culturale.
La nuova Siria e la cooperazione internazionale
Siete in contatto con esperti e specialisti siriani all’estero per trarre vantaggio dalle loro esperienze presenti e future?
Fin dal primo giorno in cui ho assunto l’incarico di Direttore Generale delle Antichità e dei Musei, abbiamo iniziato a rafforzare la comunicazione con gli esperti e gli specialisti siriani all’estero. Abbiamo urgente bisogno della loro preziosa competenza, soprattutto nelle circostanze attuali. Molti dei nostri colleghi siriani lavorano attualmente in musei e università internazionali e senza dubbio facciamo affidamento su questa preziosa competenza per migliorare il lavoro archeologico e museale in Siria. La porta è aperta a tutti e crediamo nel rispetto delle opinioni di tutti, nella collaborazione e nell’andare avanti a passi costanti verso il progresso. Non cerchiamo di emarginare nessuna parte o di monopolizzare il lavoro, ma piuttosto di aprire la strada a una partecipazione efficace e al lavoro collettivo, e di presentare opinioni e idee che siano utili a tutti e contribuiscano ad arricchire i nostri sforzi congiunti.
E con le missioni straniere?
Abbiamo rafforzato la comunicazione con alcuni esperti e le missioni straniere e nel prossimo periodo parteciperemo intensamente alle conferenze internazionali. Abbiamo contattato Paesi come Giappone, Francia e Italia e terremo un incontro virtuale alla fine di questo mese con tutte le missioni archeologiche e gli operatori del settore degli scavi e dei restauri, in collaborazione con l’Ambasciata italiana. L’inizio del lavoro delle missioni archeologiche si basa sulla documentazione dei danni ai siti archeologici, oltre che sulla riabilitazione dei siti e sullo studio dei pezzi danneggiati. La seconda fase vedrà il restauro dei siti e dei pezzi danneggiati, secondo le specializzazioni di ciascuna missione. La terza fase sarà dedicata all’avvio degli scavi archeologici. Sulla base di queste fasi, stimiamo che questi processi richiedano dai due ai tre anni. Attraverso la nostra corrispondenza con le parti interessate, riscontriamo una risposta positiva da tutte le parti coinvolte.
Non si può negare che il nuovo governo in Siria abbia un background e un carattere islamista. Ciò influenzerà la visione della storia siriana, che non appartiene all’era islamica? Ad esempio, c’è stata una grande pubblicità sui media riguardo al nuovo programma di studi.
Certamente no, siamo fondamentalmente una società musulmana, così come i cristiani sono cristiani, quindi non si può dire che ci sia una “sfumatura islamica” in questo contesto, poiché questo termine è utilizzato con lo scopo di indebolire le nuove autorità. Per quanto riguarda i programmi di studio, non saranno in alcun modo influenzati e le controversie sollevate riguardano solo le interazioni sui social media. Dal punto di vista accademico e scientifico, non si può negare la ricca e antica storia della Siria il suo variegato patrimonio che abbraccia diverse epoche.
Ghiath Rammo
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