Maria Petroni – Io che ero una rondine

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE CARISBO - PALAZZO SARACENI
Via Farini 15, Bologna, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Inaugurazione
5 febbraio 2025 ore 15

Periodo di apertura
5 febbraio – 8 giugno 2025

Orari di apertura
Martedì-venerdì ore 15-18
Sabato, domenica ore 10-18
Festivi (Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno) ore 10-18
Lunedì chiuso

Aperture straordinarie in occasione di ART CITY Bologna 2025

· sabato 8 febbraio ore 10-23 ART CITY White Night;

· domenica 9 febbraio ore 10-19.

Vernissage
05/02/2025

ore 15

Biglietti

ingresso libero

Editori
SILLABE
Artisti
Maria Petroni
Curatori
Angelo Mazza
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra nata dalla donazione alla Fondazione di venti dipinti di Maria Petroni da parte di Giovanni Barducci, occasione per restituire alla pittrice, ora dimenticata, il posto di rilievo che, pur nella solitudine, occupò entro l’eterogeneo gruppo di artisti raccolti da Francesco Arcangeli, nei primi anni Cinquanta, sotto la denominazione di “ultimi naturalisti”.

Comunicato stampa

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“Io che ero una rondine”. L’Informale di Maria Petroni (1921-1977)

Inaugurazione della mostra il 5 febbraio ore 15 a Casa Saraceni

Bologna, 3 febbraio 2025 – Apre al pubblico mercoledì 5 febbraio alle ore 15, nelle sale espositive di Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo (via Farini 15, Bologna), la mostra nata dalla donazione alla Fondazione di venti dipinti di Maria Petroni da parte di Giovanni Barducci, occasione per restituire alla pittrice, ora dimenticata, il posto di rilievo che, pur nella solitudine, occupò entro l’eterogeneo gruppo di artisti raccolti da Francesco Arcangeli, nei primi anni Cinquanta, sotto la denominazione di “ultimi naturalisti”.

L’Informale di Maria Petroni

Le prime opere di Maria Petroni sono del 1943. Sono opere figurative che risentono degli influssi neoespressionisti e neocubisti in voga in quel periodo. Figurativa è ancora Donna che cuce del 1948, anno crocevia per tutta l’arte italiana. Il tema della donna è un tema che ricorre in questo lasso di tempo. Tuttavia, il realismo qui riscontrabile lentamente si affievolisce, subendo la classica scomposizione formale secondo un iter comune a molti artisti a lei coevi. Nel Ritratto di donna del 1955 i contorni si sono ormai sfaldati in una nebbia rossastra che avvolge la scena. È la via che porta inesorabile all’Informale a cui Maria approda sul finire degli anni ’50, come attesta la serie delle opere “rosse”. In mezzo, troviamo le marine, che all’idea di un paesaggio ridotto ai minimi termini associano lo stile materico e gestuale tipico dell’Informel. In questo torno di anni, in cui Maria Petroni lambisce l’“Ultimo naturalismo” di Francesco Arcangeli, si collocano anche le “carte” dove agli spessi tocchi di colore l’artista sostituisce delle carte, appunto, stropicciate e applicate sulla tela.

Lo scoccare del decennio successivo segna per Maria Petroni il raggiungimento della maturità artistica. Le opere che realizza tra il 1960 e il 1962 sono da considerarsi il suo personale contributo alla storia dell’arte. Quelli che si animano sulle superfici delle tele sono biomorfismi e sostanze molecolari, umori e organismi pulsanti di vita, riecheggianti le grida di Bacon e Sutherland.

Di primo acchito forse non si coglie ma Maria Petroni sta già allontanandosi dall’Informale. Nei lavori successivi al ’62 compare, come elemento nuovo, la geometria. Sono gli anni degli Schermi e dei Delitti perfetti che sembrano sottintendere la presa di coscienza da parte dell’artista dell’impossibilità di abbandonarsi pienamente allo ‘slancio vitale’, di liberarsi dalle catene imposte dalla società. Le cellule sono ora ingabbiate in un ordito ferreo, dentro a schermi che in quanto tali sanciscono un distacco, separano dal mondo, sui quali la vita è guardata più che vissuta.

È il preludio ad una crisi profonda. Dal 1967 al 1972 Maria smette di dipingere. Non se ne sta tuttavia con le mani in mano: legge, studia, medita. Si dedica ai collage, si avvicina alla Poesia Visiva. Riemerge nel 1973 esponendo alla Galleria Galvani l’Arcobaleno, una lunga striscia di colore che parte dal bianco e arriva al nero attraverso i 6 colori principali. Anche stavolta Maria dimostra di conoscere quello che le accade intorno, pensiamo all’arte optical, alle sperimentazioni di Jorrit Tornquist, al gruppo GRAV, alla Gestalt e alle teorie sulla percezione dei colori. Una sfida estrema che purtroppo non viene recepita.

Le ultime opere sono datate 1976, un anno prima della prematura scomparsa: sono disegni, paesaggi stilizzati e acquerellati esposti qui per la prima volta. Sono forse la cosa più vicina all’Ultimo naturalismo che abbia mai fatto. Ancora Arcangeli, forse è un cerchio che si chiude.

Maria Petroni (1921-1977)

Dopo aver frequentato, a Bologna, l’Accademia Regazzi sotto la guida di Pompilio Mandelli, Maria Petroni, spirito libero (“io che ero una rondine” avrebbe detto di sé accennando alla propria formazione), si iscrisse all’Accademia di Belle Arti dove frequentò, tra gli altri, i corsi di Virgilio Guidi e Giovanni Ciangottini, entrando in contatto con critici d’arte e partecipando nel contempo ad alcune rassegne, a partire soprattutto dai primi anni Cinquanta.

Il passaggio dall’iniziale fase figurativa all’Informale fu precoce. Roberto Tassi nel 1961 individuò nelle opere dell’artista, “donna sensibile e vera”, un cammino stretto, omogeneo, sicuro. L’anno successivo Francesco Arcangeli proseguì definendola “una vera pittrice”, apprezzandone la tavolozza “limpida, densa e vibrante” e i segni “tesi e puri nella loro flessione”. Sono gli anni dell’avvicinamento a Vasco Bendini, dei superbi quadri informali in rosso e delle sgocciolature di colore (“nei miei dipinti esplodono e traboccano i rossi”, affermò), ma anche dell’intrico delle linee verticali e orizzontali in uno sperimentalismo che, negando le forme, non astrae dalla materia e dagli effetti sensuosi del virtuosismo pittorico.

Dal 1966 al 1972 sembra aver deposto i pennelli. Lasciò il suo testamento artistico in un lungo rotolo di tela del 1973 che, svolgendosi, trascolora lentamente come un arcobaleno. Scomparve a Bologna nel 1977 all’età di 56 anni, a causa di una grave malattia. Nel 1980 il Comune di Bologna le dedica una mostra antologica.