Ecco com’è lo Zorro degli anni Duemila. In scena a teatro, secondo Antonio Latella

Fino al 16 febbraio 2025 il Teatro Grassi di Milano ospita l’ultimo spettacolo scritto dal regista Antonio Latella insieme a Federico Bellini: una rilettura in chiave contemporanea della figura del supereroe mascherato famoso per difendere i poveri dai soprusi dei ricchi

Il Piccolo Teatro di Milano produce Zorro, secondo atto del dittico che il regista Antonio Latella e il drammaturgo Federico Bellini dedicano alla rilettura contemporanea e personalissima dei supereroi del XX Secolo. Accanto a Wonder Woman – di cui sono protagoniste quattro donne in lotta contro stereotipi e violenza – ecco dunque il celebre cavaliere, paladino dei poveri, anch’egli incarnato da un quartetto di interpreti – Michele Andrei, Paolo Giovannucci, Stefano Laguni, Isacco Venturini. Uno spettacolo stratificato, in cui si parla di sperequazioni sociali e culturali, di teatro e modalità di rappresentazione della realtà, alternando ironia e indignazione, grottesco e reale, musica rap e pop, Un ragazzo di strada dei Corvi e Kiss di Prince. Un lavoro che scuote la passività dello spettatore, obbligandolo a prendere una posizione, non necessariamente positiva.

Com’è lo Zorro immaginato da Latella e Bellini 

Dimenticate il cavaliere mascherato nerovestito: il supereroe ideato da Latella e Bellini è una sorta di Elvis Presley redivivo, stretto in una tuta dai colori brillanti, con i bordi dorati e un mantello. Una scelta dettata dalla constatazione che lo stesso cantante fu – spiega Antonio Latella – “qualcuno costretto a diventare un supereroe, nonostante sé stesso”. In scena, dunque, un quartetto variamente assortito – per età e fisicità – di star volutamente sopra le righe, una delle quali – il più giovane, Isacco Venturini – chitarra elettrica e microfono, assicura allo spettacolo un’eterogenea e travolgente colonna sonora, eseguita rigorosamente dal vivo. Ciascuno dei quattro performer incarna a suo modo il supereroe del titolo – mai citato in modo esplicito bensì ironicamente alluso – permettendo così di declinarne le possibili varianti riscontrabili nella società contemporanea. 

Zorro, Giovannucci. Photo © Masiar Pasquali
Zorro, Giovannucci. Photo © Masiar Pasquali

La precarietà intellettuale secondo Latella

Supereroi che testimoniano dei propri poteri eccezionali riuscendo a sopravvivere in contesti ardui: intellettuali e performer sottoccupati; uomini separati ovvero che scelgono di vivere sulla strada ma anche poliziotti disorientati e incapaci di andare aldilà delle procedure loro imposte. Antieroi, dunque, che nella complessità – economica, sociologica, antropologica – attuale testimoniano con la propria cocciuta dedizione alla vita indubbie doti da supereroi…

Com’è strutturato lo spettacolo Zorro

Non scene bensì “quadriglie”: l’ispirazione è l’omonima danza tradizionale francese, in cui a turno i ballerini si scambiano le posizioni e inoltre, racconta Latella, “ho scoperto che in alcune parti del mondo, in Francia, per esempio, si danzava la quadriglia per raccogliere denaro per i poveri.” I quattro interpreti, così, sono a turno il povero, il poliziotto, il muto e il cavallo: passaggi di ruoli segnalati dallo scambio di simbolici oggetti di scena, tutti dorati, il bastone, il barattolo per l’elemosina, una sella, un megafono. 
Ciascuna quadriglia è intervallata da un numero musicale, a suggerire l’impostazione volutamente e iperbolicamente pop scelta dal regista così da creare un immediato e stridente contrasto con le tematiche tutt’altro che spensierate dello spettacolo. Un’impostazione ulteriormente evidenziata dalla scenografia quasi fumettistica ideata da Annelisa Zaccheria: il proscenico incorniciato dalle luci, una macchina per le foto che è anche mezzo per riaffermare a sé stessi ma anche modificare la propria identità, un enorme cactus – cui è riservato anche un surreale siparietto – e, nella seconda parte dello spettacolo, una freccia stile google maps a indicare il luogo in cui ci troviamo, ovvero il Piccolo Teatro di Milano. 

I temi dello spettacolo Zorro

La tematica centrale dello spettacolo, come accennavamo, è la povertà, argomento ad alto tasso di rischio retorica e buonismo. Nulla di ciò nello Zorro di Latella e Bellini che, all’opposto, inchiodano lo spettatore alla propria distratta leggerezza di giudizio, utilizzando proprio l’arma del pop, del tono spesso sopra le righe, del grottesco, per trattare della miseria in cui vivono più persone di quante possa immaginare il pubblico – medio-alto borghese – del maggiore teatro milanese. Non vi è, nondimeno, velleitarismo né compiaciuto atteggiamento catechizzante, bensì gli autori paiono condividere riflessioni e questioni in primo luogo personali, sottolineando le contraddizioni della propria stessa condizione di artisti scritturati da un’importante istituzione culturale. Si parla, dunque, di identità, di ciò che si è realmente e delle etichette che, invece, vengono superficialmente attribuite: il migrante, il povero ignorante, quello pentito delle scelte fatte… 

L’identità nello spettacolo di Latella

Convenzioni, insomma, altro tema affrontato in una delle quadriglie, dedicata anche al teatro e attraversata dall’ombra di Beckett, fra immedesimazione e straniamento, empatia e distacco critico. E proprio la tradizione teatrale sembra offrire a Latella e Bellini, e forse non potrebbe essere diversamente, la chiave per sintetizzare con potente e problematica immediatezza le contraddizioni di un microcosmo – l’arte, il teatro – in cui si parla di margini senza conoscerli e coinvolgerli davvero. Ecco allora il monologo finale, pronunciato da un Arlecchino redivivo, i rombi colorati diventati neri e la maschera dipinta sul viso: il celebre lazzo della mosca, discreto leitmotiv dell’intero spettacolo, è innesco di una dolente denuncia della cieca trascuratezza che relega ai confini invisibili della società gli affamati di oggi, “zanni” che forse strappano un pietoso sorriso e una moneta buonista ma certo alcun vero ascolto.   

Laura Bevione

Scopri di più

Libri consigliati:

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

Scopri di più