Se non senti, non esisti. La mostra dell’artista Diana Anselmo a Roma
L’invisibilità, la prevaricazione e l’incomunicabilità sono solo alcune delle difficoltà che la comunità Sorda ha affrontato e continua ad affrontare. Lo racconta l’artista e performer Diana Anselmo nella sua mostra alla Galleria Eugenia Delfini
![Se non senti, non esisti. La mostra dell’artista Diana Anselmo a Roma](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2025/02/diana-anselmo-deafnotdead-iinstallation-view-at-galleria-eugenia-delfini-roma-2025-photo-sebastiano-luciano-courtesy-galleria-eugenia-defini-4-1024x684.jpg)
Seppur oggi la comunità Sorda conti quasi quarantamila persone, il percorso per il pieno riconoscimento è stato particolarmente tortuoso. Solo nel 2021, infatti, viene riconosciuta in Italia la LIS – Lingua dei Segni Italiana. È il 1880 quando a Milano si svolge il Congresso Internazionale per il miglioramento della sorte dei sordomuti. In quest’occasione viene proibito l’uso della lingua dei segni e imposto, come unica forma di comunicazione, il metodo orale, legato alla sola lettura delle labbra.
Da qui in poi verranno praticate tecniche costrittive di assimilazione del linguaggio, umilianti e invadenti, con lo scopo primario di “ricostituire” una forma comunicativa univoca e, in fin dei conti, debilitante. Nella maggior parte dei casi, infatti, i metodi con cui veniva insegnata la pronuncia delle lettere erano esercitati con violenza e prevaricazione. Gli stessi metodi che all’epoca erano ritenuti efficaci e rieducativi si basavano sull’idea che la sordità dovesse rientrare, tramite la coercizione e l’umiliazione corporale e psicologica, nella consuetudine socialmente riconosciuta della parola.
![Diana Anselmo, deafnotdead, iInstallation view at Galleria Eugenia Delfini, Roma, 2025. Photo Sebastiano Luciano. Courtesy Galleria Eugenia Defini](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2025/02/diana-anselmo-deafnotdead-iinstallation-view-at-galleria-eugenia-delfini-roma-2025-photo-sebastiano-luciano-courtesy-galleria-eugenia-defini-1.jpg)
La mostra di Diana Anselmo a Roma
La mostra deafnotdead alla Galleria Eugenia Delfini di Roma, frutto di un’accurata ricerca di Diana Anselmo (Palermo, 1997), rende visibili queste pratiche e le espone, spostando finalmente l’attenzione da coloro che venivano considerati pazienti in cura, ai soggetti attorno ad essi operanti. È il fonetista Hector-Victor Marichelle, attivo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, a fondare il Laboratorio della Parola e la Clinica dell’Udito, spazi creati con il fine, appunto, di riportare la “supremazia” del parlato laddove fosse necessario. Il materiale esposto, selezionato grazie alla collaborazione con l’INJS, l’Institut National de Jeunes Sourds di Parigi, include documenti fotografici su cui l’artista stessa è intervenuta. Diana Anselmo sceglie, ad esempio, di applicare del chewing-gum sul volto dei soggetti sordi ritratti in foto insieme agli specialisti all’interno delle strutture all’epoca adibite alla “cura”. Una scelta legata da un lato all’esigenza di attenzionare chi, in quei luoghi, esercitava pratiche costrittive contribuendo alla marginalizzazione dei pazienti, e d’altro canto, alla volontà di preservare l’identità di questi ultimi.
![Diana Anselmo, deafnotdead, iInstallation view at Galleria Eugenia Delfini, Roma, 2025. Photo Sebastiano Luciano. Courtesy Galleria Eugenia Defini](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2025/02/diana-anselmo-deafnotdead-iinstallation-view-at-galleria-eugenia-delfini-roma-2025-photo-sebastiano-luciano-courtesy-galleria-eugenia-defini-3-768x513.jpg)
![Diana Anselmo, deafnotdead, iInstallation view at Galleria Eugenia Delfini, Roma, 2025. Photo Sebastiano Luciano. Courtesy Galleria Eugenia Defini](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2025/02/diana-anselmo-deafnotdead-iinstallation-view-at-galleria-eugenia-delfini-roma-2025-photo-sebastiano-luciano-courtesy-galleria-eugenia-defini-768x1151.jpg)
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![Diana Anselmo, deafnotdead, iInstallation view at Galleria Eugenia Delfini, Roma, 2025. Photo Sebastiano Luciano. Courtesy Galleria Eugenia Defini](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2025/02/diana-anselmo-deafnotdead-iinstallation-view-at-galleria-eugenia-delfini-roma-2025-photo-sebastiano-luciano-courtesy-galleria-eugenia-defini-2-768x513.jpg)
![Diana Anselmo, deafnotdead, iInstallation view at Galleria Eugenia Delfini, Roma, 2025. Photo Sebastiano Luciano. Courtesy Galleria Eugenia Defini](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2025/02/diana-anselmo-deafnotdead-iinstallation-view-at-galleria-eugenia-delfini-roma-2025-photo-sebastiano-luciano-courtesy-galleria-eugenia-defini-4-768x513.jpg)
![Diana Anselmo, deafnotdead, iInstallation view at Galleria Eugenia Delfini, Roma, 2025. Photo Sebastiano Luciano. Courtesy Galleria Eugenia Defini](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2025/02/diana-anselmo-deafnotdead-iinstallation-view-at-galleria-eugenia-delfini-roma-2025-photo-sebastiano-luciano-courtesy-galleria-eugenia-defini-5-768x513.jpg)
![Diana Anselmo, deafnotdead, iInstallation view at Galleria Eugenia Delfini, Roma, 2025. Photo Sebastiano Luciano. Courtesy Galleria Eugenia Defini](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2025/02/diana-anselmo-deafnotdead-iinstallation-view-at-galleria-eugenia-delfini-roma-2025-photo-sebastiano-luciano-courtesy-galleria-eugenia-defini-6-768x1151.jpg)
Le prevaricazioni sulla comunità Sorda
Il percorso di “normalizzazione” iniziava già in tenera età sui bambini sordi, i quali venivano fatti immergere in grandi vasche (i cui vapori si credeva agissero in modo terapeutico), e proseguiva in età adulta attraverso l’uso di tecniche che prevedevano lamanipolazione della lingua con il supporto, spesso, di strumentazioni che risultavano essere fastidiose e moleste. Non è un caso che l’artista decida di esporre disegni che esprimono quel senso di costrizione e ingerenza provati, ad esempio, da uno studente nel corso delle lezioni di articolazione, che prevedevano la vicinanza tra la bocca dello stesso a quella dell’insegnante. L’esclamazione (“Basta!”) che si legge nei disegni racchiude tutta la frustrazione del non poter essere totalmente padroni del proprio corpo, un corpo costantemente privato dello spazio che occupa e delegittimato nella sua potenza espressiva.
La dignità Sorda nelle opere di Diana Anselmo
Altri oggetti sono esposti in deafnotdead, tra questi una composizione di strumenti (una chiave, una forbice e un martello) in riferimento al film del 1970 di François Truffaut, L’Enfant Sauvage, utilizzati per il supporto alle sessioni di logopedia e tramutati oggi in altri tre attrezzi (un bisturi, una forbice e un otoscopio) che l’artista contrappone ai precedenti, come nuovi congegni medici.
Ciò che emerge dal lavoro di ricerca e d’intervento di Diana Anselmo, toccante e rivelatore, è certamente, oltre ad una fedele narrazione della storia della comunità Sorda in Europa (nello specifico in Francia e in Italia), la volontà di restituire dignità alla persona al di là della sua condizione di sordità e, al contempo, proprio in funzione di quest’ultima.
Beatrice Andreani
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