Due mostre a Milano su pianeti di cartapesta e creature acquatiche
Gli artisti Bizhan Bassiri e Giorgio Vigna popolano i quattro piani della galleria BUILDING con opere multimateriche dal respiro arcaico e organico
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Acciaio graffiato, cartapesta, rame, vetro e acqua. Sono tanti i materiali che compongono le narrazioni delle due nuove mostre proposte da BUILDING a Milano. Due artisti diversi per personalità e ricerca, ma che di certo si ritrovano d’accordo nello scegliere con cura il proprio medium scultoreo. Da un lato c’è il “pensiero magmatico” – sorgente da cui scaturisce la creatività – di Bizhan Bassiri (Teheran, 1964). Di origini italo-persiane, rievoca nelle sue opere spiritualità ancestrali e trascendenti. Una mitologia a sé, scandita da colori precisi e forti. Dall’altra parte Giorgio Vigna (Verona, 1955) popola il Terzo Piano della galleria di Via Monte di Pietà con una serie di installazioni a metà tra l’essere organismi animali o naturali. Delicatissimo il suo linguaggio, che intrappola l’acqua in sfere e strutture trasparenti, solidificando ciò che è liquido, senza però ghiacciarlo.
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L’universo di Bizhan Bassiri alla galleria BUILDING a Milano
Cominciamo con la prima mostra, quella in cui ci si imbatte fin dall’esterno, gettando lo sguardo oltre le vetrate della galleria. Questo è catturato dalla luce dei pannelli di acciaio, che scintillano disegnando mille forme fulminee e raggianti. Quasi fossero schermi che catturano e riproducono l’attività del Sole. Lo suggerisce anche il titolo: Specchi solari. L’interpretazione “cosmica” del suo lavoro prosegue sullo stesso piano, con grandi composizioni parietali, nate dalla carta di giornale lasciata macerare a lungo in acqua colorata. Ne viene fuori un composto materico pari alla cartapesta, che ha però l’aspetto della crosta di un pianeta. Crateri, alture, depressioni, tutti di un rosso sanguigno denso e profondo, che marca la prima “stazione” del percorso espositivo studiato da Bassiri per BUILDING.
Le Erme e i disegni di Bizhan Bassiri
Si procede al primo piano, dove è il colore blu a dominare la scena, con ulteriori lavori in cartapesta. Ma c’è dell’altro: due pareti popolate da un mosaico di disegni. Sono come le pagine di un diario, cominciato dall’artista ai tempi del Covid, e portato avanti a lungo. La serie – denominata Pennino Inchinato – è un insaziabile ambiente in cui fare conoscenza di creature e organismi mostruosi, nati dagli ingrandimenti operati sulla superficie dei lavori appena descritti. Ciascuno di essi è un’opera a sé, che con l’inchiostro steso finissimo dà vita a personaggi e ambienti che ben farebbero da soggetti per un film di animazione. È uno storyboard pronto per essere animato.
E si sale infine al secondo livello, ultima stazione espositiva. L’ambiente è in penombra, è un palcoscenico in cui la luce è emanata dalla scultura centrale. Una colonna dai tratti umani, vicinissima alle Erme dell’Antica Grecia, salvo per il materiale. Qui è metallo scintillante, dal colore ramato, modellato in modo longilineo smussando i tratti femminili fino a renderli spigolosi e possenti.
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La Cosmografia di Giorgio Vigna in mostra da BUILDING a Milano
Ancora tre rampe di scale e si arriva al Terzo Piano, quello che BUILDING dedica – da ormai un paio d’anni – a progetti sperimentali, più ristretti e sempre diversissimi tra loro. Questa volta ne è protagonista Giorgio Vigna, con la sua Cosmografia. Il titolo evoca il mondo che l’artista ha creato adoperando vetro, carta e rame. Il punto di partenza è però l’acqua – elemento vitale e primordiale – da lui intrappolata negli altri materiali. Il risultato sono sculture organiche che abitano l’ambiente, trasformandolo in una sorta di fondale marino. Alcune paiono coralli o spugne, non fosse per la materia vitrea. Altre – ramificazioni terminanti in globi trasparenti – si arrampicano sulle pareti della galleria simili a crostacei o molluschi dalle mille zampe. L’impatto è di meraviglia, confermando l’intento di Vigna di generare stupore con gli artifici della natura.
Emma Sedini
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